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Mondo web: incontriamo Valeria Maltoni

23/04/2008 15753 lettori
5 minuti

Valeria Maltoni has been called a communicator, a marketer, and a Renaissance person. Using her experience in communications, customer dialogue, and brand management, Valeria has come to define modern business as a long and open conversation. ConversationAgent.com is recognized among the world's top online marketing blogs. Valeria is a Fast Company Expert blogger, a contributor to The Blog Herald, Marketing Profs Daily Fix and Marketing 2.0.

She is a co-author of The Age of Conversation, a groundbreaking eBook collaboration by 103 of today's top marketing writers. Valeria is a frequent public speaker on brand marketing, customer service, and integrating social media tools in marketing programs to serve business strategy. She publishes in both English and Italian. Educated at the University of Bologna and Villanova University, Valeria combines New World sensibilities with Italian style. She's an active member of the International Association of Business Communicators (IABC), the American Marketing Association (AMA), the World Affairs Council of Philadelphia (WACA), and the Public Relations Society of America (PRSA).

 

Oggi incontriamo Valeria Maltoni, nome e cognome italianissimo, ma vive a Filadelfia, autore del blog http://www.conversationagent.com/.
 
Ciao Valeria, grazie per la tua disponibilità.
Quando ti sei avvicinata all'internet?

VM: Innanzi tutto mi scuso gia' adesso per l'italiano arrugginito. Sono negli Stati Uniti esattamente da 20 anni ed e' da allora che ho iniziato a lavorare online. Intendiamoci, nel 1988 si trattava piu' che altro di uso sul desktop - ti ricordi i Mac II? Con quello schermo piccolissimo. Ma gia' allora pubblicavo una rivista per un centro medico senza fini di lucro (e certamente non guadagnavo molto a farlo). Era una passione scaturita dal mio impegno da comunicatrice.

Sempre per il centro mi occupavo di traduzioni oltre che di relazioni pubbliche e marketing. Piu' che altro si usava la posta elettronica e il fax.

Ho iniziato a collaborare online sul primo network sociale per la rivista Fast Company nella primavera del 2000. Avevamo un listserv sul sito di Fast Company per il gruppo dei fedeli lettori, e io decisi di fare di piu' per offrire contenuti validi. Con l'aiuto di un paio di volontari, abbiamo messo insieme eventi gratuiti ogni mese, offrendo opportunita' di networking sia online che di persona. Guardandoci indietro ora, in sette anni abbiamo aumentato il network fino a piu' di 500 persone, e organizzando 98 eventi completamente gratuiti, molti usufruendo di sponsorizzazioni importanti con le scuole fi business intorno a Filadelfia.

Perché hai deciso di aprire il blog?

VM: Diciamolo francamente, se ti occupi di marketing e di comunicazioni oggi e non capisci le dinamiche dei social media, tra un paio d'anni non avrai accesso ai lavori piu' prestigiosi. C'e' chi dice che sarai marginalizzato completamente.

Qui negli Stati Uniti, se ti occupi di marketing e comunicazioni, ti puoi aspettare spesso di perdere il lavoro - tra acquisizioni e crisi economiche, le ditte pensano al marketing come ad un gruppo in piu' che non produce. E' un pensiero miope, ma come sai qui si vive a rate di tre mesi spesso senza pensare al futuro.

Oggi come oggi se il tuo pubblico e' online, devi essere immerso nella loro realta'. Anche nel B2B ci sono consumatori - e qui forse la terminologia varia in italiano.

Per me il blog e' stata una conseguenza naturale del lavoro di sviluppo del social network con Fast Company. La promessa del mio brand personale e' semplice: collego idee e persone, professionisti. Il blog mi consente di pensare con altri nel mio campo e di allargare il circolo di professionisti mentre imparo. Piu' scambio e regalo, piu' ricevo.

Qual'è la tua professione?

VM: Il mio titolo di lavoro e' Director, Marketing Communications per una ditta di information technology and services. Mi occupo di tutte le comunicazioni di marketing - Web/online, interne, relazioni pubbliche e con la stampa, materiali di vendita e brand per la mia ditta. 

Quanto tempo dedichi alle tue navigazioni?

VM: Se per navigazioni intendi le conversazioni con altri online, non tanto come una volta, ma ancora abbastanza. Tra ricerca e composizione per il mio blog e le riviste varie a cui contribuisco passo dalle 15 alle 18 ore online alla settimana. E questo senza contare il lavoro perche' mi occupo di ricerca e interazioni online anche per la ditta.

Navigare, leggere, scrivere, coesistere in uno spazio LIVE con gli altri, come pensi abbia modificato il tuo vivere quotidiano?

VM: Quale vita? Scherzo! Le interazioni hanno arricchito il mio modo di pensare al marketing e alle dinamiche di comunicazione. Il mio blog e' letto e discusso in tutto il mondo. Diciamocelo bene, lo spazio live e' un insieme di strumenti per facilitare la comunicazione e le dinamiche, i principi di apertura mentale e la conoscenza li devi metterceli tu. 

Come i blogger possono dare una spinta propulsiva per un cambiamento della società? e di che tipo a tuo parere?

VM: Parlare non basta. Bisogna agire, dare l'esempio. E' troppo comodo criticare cio' che fanno gli altri da lontano. Sono sempre stata abbastanza chiara sul fatto che il cambiamento deve provenire da chi le cose le vede in maniera diversa. Piu' capisci e hai chiarezza, piu' hai responsabilita'.

Se lavori all'interno di una ditta, come faccio io, ti rendi anche conto che magari la volonta' c'e', ma ci sono delle regole e delle dipendenze accumulate da anni che servono i veri padroni odierni: la sete del mercato di trarre profitti continui. Quindi e' una questione di equilibrio e di vittorie graduali. Certo la nuova generazione ha valori diversi, ha piu' desiderio di fare il bilancio tra tempo libero e lavoro. I prossimi anni saranno molto interesanti.

Quali a tuo avviso le differenze sostanziali tra i blogger italiani e quelli degli altri Paesi?

VM: non ho osservato differenze tra i blogger italiani che conosco e quelli di altri paesi. Ci sono differenze culturali, certo.

In Italia c'è la moda dei BarCamp. Negli States invece?

VM: ci sono tantissimi BarCamp anche qui. Non ho ancora avuto occasione di partecipare.

Dal tuo punto di osservazione... L'Italia ha dominato la scena mondiale del design fino agli anni 70; oggi si esprime al meglio solo in alcune posizioni e sia il marketing che la pubblicità fanno una rincorsa affannosa agli standard Americani. Cosa manca secondo te all'Italia?

VM: manca' l'identita' nazionale. Ma quella ormai manca a tutti i paesi a suon di mescolare le idee. Non e' necessariamente una cosa brutta. L'Italia domina ancora nel design. La pubblicita' sta morendo ovunque, al suo posto cominciano a nascere altre forme di dialogo sui prodotti e i servizi. Ma e' ancora presto. Chi si occupa di marketing nelle ditte e' ancora troppo preso dal bisogno di dimostrare valore al padrone - il gruppo dirigente e, indirettamente, chi compra le azioni. Il vero padrone e' chi compra i prodotti. 

E... cosa hanno in più gli americani?

VM: credo che una delle capacita' fondamentali che contraddistingue la cultura Americana sia il desiderio di reinvenzione continua. Qui ci si sposta, si cambia lavoro (per necessita', ma anche per ingegno), c'e' il desiderio di essere pionieri con un ottimismo pazzesco su cio' che ha in serbo il futuro. 

Da più parti vengono lodate le caratteristiche del design Canadese, come il più promettente. Sei d'accordo?

VM: dovrei conoscere il design Canadese per commentare.

Nella tua professione ti sei anche occupata di viral e guerriglia. L'Italia anche in questo è un'inseguitrice. Chi sono i Paesi che dovremmo seguire con più attenzione per apprendere?

VM: a dire il vero nel mi lavoro faccio marketing tradizionale e ogni tanto ci inserisco delle forme progressive di nascosto. Ho lavorato sempre in industrie conservatrici: assicurazioni, servizi finanziari, chimica, e adesso infrastruttura per la technologia. Tutti campi che tendono a conservare le cose  e preservare lo status quo piu' che a innovare.

In un paio di casi rari, quando ho lavorato per una start up di high tech e per la ditta non profit, ho usato tecniche di marketing innovative - non avevo scelta, i fondi non c'erano proprio! Allora si creavano situazioni interessanti che i fan erano pronti a divulgare.

Emm... scusa... ma youtube, google, myspace... non sono idee italiane sopratutto perché ci ostiniamo a parlare solo italiano oppure ci sono altri motivi molto più profondi secondo te?

VM: la lingua piu' parlata nel mondo oggi e' il cinese, non l'inglese. Ci sono piu' blog in giapponese che in inglese. Quindi vedi che dovremo prestare attenzione a cio' che viene dall'Asia. Soprattutto per quanto riguarda il marketing mobile - sono molto piu' avanzati in questo senso.

Qui negli Stati Uniti ci sono un sacco di inventori per la caratteristica culturale di cui parlavo prima. Sono gli eredi dei pionieri, ma le cose stanno cambiando anche in quello. Lavoro con gli studenti dell MBA internazionale qui all'Universita' Temple a Filadelfia e noto che molti studenti completano i corsi qui dalla Cina e dall'India, ma poi tornano a casa perche' ci sono tantissime opportunita' nel loro paese. Le restrizioni dei visti di lavoro e l'esplosione economicha che i paesi dell'Asia hanno costruito negli ultimi anni hanno facilitato questo cambiamento.

Il made in Italy e' un brand eccellente, lo dico spesso di me e sono accolta a braccia aperte. 
Se solo gli italiani lo apprezzassero un po' di piu'!

Luca Oliverio
Luca Oliverio

Luca Oliverio è il founder e editor in chief di comunitazione.it, community online nata nel 2002 con l'obiettivo di condividere il sapere e la conoscenza sui temi della strategia di marketing e di comunicazione.

Partner e Head of digital della Cernuto Pizzigoni & Partner.

Studia l'evoluzione sociale dei media e l'evoluzione mediale della società.