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Il Teatro della Contraddizione celebra Piero Ciampi

03/03/2010 9845 lettori
4 minuti

Due serate strepitose al Teatro della Contraddizione, all’insegna dell’irriverenza e del vino rosso. La compagnia Mercanti di Storie ha messo in scena Mi sono arreso a un nano, uno spettacolo musicale ispirato alla vita e alla poesia di Piero Ciampi, cantautore e poeta livornese. Sul palco della "contraddizione" Massimiliano Loizzi, autore e interprete del monologo. Ad accompagnarlo, alla fisarmonica e piccole tastiere,Giovanni Melucci, special guest, direttamente dalla Piccola Orchestra Fonomeccanica. Se non so farti felice/Anche se continuo a bere/Tu no, amore, no/Tu mi devi star vicino/Perché ormai io sono fuori/Tu no, tu no, tu no/Qualche cosa te l'ho data/Se mi guardi con quegli occhi.../Tu no, tu no, tu no”.

Loizzi incarna un “Piero Ciampi” alticcio,   sfrontato, irriguardoso nei confronti del pubblico, beffardo oltremisura ma dalla genialità e sregolatezza che hanno contraddistinto da sempre Piero Ciampi e la sua carriera. Se l’obiettivo dei Mercanti di Storie era ricordare, nel trentesimo anniversario della sua scomparsa, uno degli artisti più irriverenti, ironici e controcorrente della musica italiana, la missione non può dirsi che compiuta. Piero Ciampi era lì. Era lì per la gente che lo ha seguito da sempre e che lo ha ricordato, era lì per coloro che lo hanno visto e ascoltato per la prima volta.

A rendere omaggio a Ciampi, anche Davide Zilli, Veronica Sbergia e The Red Wine Serenaders, Vincenzo Chinascki, Folco Orselli, ognuno alla propria maniera.

Sebbene sconosciuto al grande pubblico, le canzoni di Ciampi sono state interpretate da Nada,  Nicola di Bari, Gianni Morandi. Gino Paoli gli ha dedicato un intero disco. I Mercanti di Storie fanno una scelta di campo ben precisa. Sono le parole di Ciampi, le sue manie, le sue ossessioni, la fragilità e l’ingegno, la sua poetica che vogliono portare in scena.

Ed ecco le invettive contro il pubblico, le imprecazioni per un paio di scarpe rosse indossate da una ragazza in prima fila che Loizzi/Ciampi reputa “imbarazzanti”, tanto da invitarla a coprirle. Ecco le maledizioni nei confronti di qualcuno del pubblico (e di tutti i suoi avi!), che Loizzi prende di mira, ridicolizzandone i tic, le imperfezioni, i tratti distintivi, invitandoli a farsi vedere e suscitando le risate di tutti, in teatro.

Chiede in prestito delle banconote. Alcuni, disorientati, lo accontentano, ignari che non rivedranno più i loro soldi. Almeno, durante lo spettacolo. Una borsetta di una signorina della Milano-bene viene completamente rovistata e svuotata di una bottiglietta d’acqua, di un libro, delle chiavi di casa, di qualche carta di credito. Il tutto naturalmente con nonchalance. Ogni respiro, ogni oggetto diventano un pretesto per cantare la dannazione, liberare i pensieri, senza regole. Per essere se stessi, senza filtri. All’estremo.

Le derisioni, poi, si placano. Gli sberleffi diventano malinconici,  i versi sono rotti, e la voce si fa sempre più aspra e roca. Il fiasco di vino, un istante sì e l’altro pure, viene portato alla bocca. E cominciano così le note di "Tu no", forse il capolavoro assoluto del cantautore livornese, che rompe le risate e apre un varco.

“Tu no, aspetta, no... /

Quando la canzone uscì, per caso, venne ascoltata da Charles Aznavour, che lo invitò immediatamente al suo programma televisivo "Senza Rete". Ciampi ci andò, ma non volle cantare;  Paolo Villaggio lo tirò letteralmente per la giacca nella diretta televisiva, e Ciampi lasciò una memorabile interpretazione di quella canzone. Loizzi non è da meno. Canta la delusione e l’abbandono, il prendersi gioco della vita e del destino. E lo fa senza risparmiarsi, alzando gli occhi al cielo e cantando con tutto il fiato in gola. Conquista il pubblico, probabilmente più di quanto avrebbe voluto Piero per se stesso.

Ciampi non doveva e -forse non voleva proprio- piacere a nessuno. Lui cantava, solo se gli andava. E beveva. Quella per il vino era una passione atavica, tanto da intitolarci una canzone. "Com'è bello il vino/rosso rosso rosso/bianco è il mattino/sono dentro a un fosso/E in mezzo all'acqua sporca/godo queste stelle/questa vita è corta/è scritto sulla pelle.

Era fuori da grammatiche televisive e dai tempi teatrali. Lo ha dimostrato la sua ultima apparizione, al premio Tenco.

Dopo che la base registrata era già partita, lui era nel camerino a bere e a contrattare qualcosa con Amilcare Rambaldi. Alla fine, quando si decise a salire sul palco, barcollando, venne fischiato. Rispose con la sua brutalità mista a compostezza: "Taci tu, parla quando te lo dico io perché, scusami, se tu vuoi parlare vieni qua: io rischio, te no". E subito dopo, quasi giustificandosi "Però non te la prendere come un'offesa, ti prego". Seguirono gli applausi. Ad un altro isolato fischio, interruppe la canzone e urlò in livornese: "Dè, ma te perchè 'un tìompri un sassofono?". Cantò la sua canzone, si staccò sorridendo dal microfono e si inchinò. Fu quella la sua ultima esibizione. L'anno dopo venne invitato al Tenco, ma non si presentò. Mandò un telegramma, "Non sono potuto venire. Piero."

Era così Piero Ciampi, disarmante. Ma autentico.

A chiudere la serata, in suo onore, al Teatro della Contraddizione, un ospite speciale, Paolo Rossi. In versione casalinga, più del solito, con i capelli scompigliati, appena tornato da San Siro, per il derby Inter – Milan, aggiorna il pubblico sul risultato e da lì inizia una serie di gag esilaranti. A cominciare dalle dritte che dà al pubblico su “come smettere di bere” fino al racconto del dialogo con un barista cinese, rivelatosi poi milanese, oltre ogni previsione. Dialoga, ride, chiede del vino anche per sé. Si diverte anche lui, è tra amici. Parla tra la “gente vera”, quella che lui ama, lontano dai teatri istituzionali, dal nome altisonante, con le poltrone in velluto. E’ il trionfo del teatro popolare. Come afferma Rossi, “Qualcosa che parla della vita, come fa anche il cinema; e che, come il cinema, quando esci ti resta un po' addosso".

E lo spettacolo di Massimiliano Loizzi, così come le gag di Rossi e le esibizioni di tutti gli altri amici intervenuti, sono rimasti decisamente addosso. Alla maniera di Ciampi, che è stato ricordato come meritava.

Elisa Giacalone, Milano

 

Elisa Giacalone
Elisa Giacalone

Nata nel 1980, si è laureata a Palermo nel 2004 in Lettere Moderne con una tesi sperimentale dal titolo "Tra giornalismo e letteratura: l'attività giornalistica di Goffredo Parise". E' specializzata in Filologia Moderna e insegna Italiano e Storia in un istituto superiore. Ha cominciato la sua attività giornalistica a diciannove anni in un mensile, «L’Occhio», nel quale ha lavorato due anni a tempo pieno. Si è occupata di reportage turistici, di attualità e di qualche inchiesta. Successivamente l’esperienza dei quotidiani: «La Sicilia» e «La Repubblica» (redazione di Palermo). Ha collaborato con un altro quotidiano, stavolta locale, “Marsala c’è” (pubblicato anche on line, www.marsalace.it) dove si è occupata di cronaca. Ha partecipato a vari concorsi letterari distinguendosi quasi sempre nelle prime posizioni. Ha lavorato come giornalista radiofonica a Radio Italia Anni 60, una delle emittenti dipendenti da Radio Italia Solo Musica Italiana. Ha anche condotto un programma d'informazione e intrattenimento incentrato sulle interviste. Ha vissuto a Londra per alcuni mesi per una workexperience nel settore "Giornalismo" e ha realizzato un progetto di ricerca (in lingua inglese) dal titolo "The evolution of blog and its impact on the journalism profession: an exploratory approach". Attualmente si divide tra il lavoro di insegnante a scuola e la passione del giornalismo e della letteratura che porta avanti attraverso la radio, le collaborazioni giornalistiche e attività culturali varie. Ha anche un blog (www.reporteritinerante.ilcannocchiale.it) dove è possibile leggere i suoi reportage di viaggio e non solo.