Bentornato. Accedi all'area riservata







Non ti ricordi i dati di accesso?Recupera i tuoi dati

Crea il tuo account

2 SHARES

La stupidità obbligatoria che affossa le aziende

08/07/2017 26854 lettori
5 minuti
Se la maggior parte degli esperti di economia del lavoro teme gli effetti occupazionali dell’intelligenza artificiale, qualcuno è invece preoccupato dell’ottusità funzionale, che spinge persone anche molto intelligenti a comportamenti che si rivelano dannosi per le aziende in cui lavorano. Mettete da parte lo spirito d’iniziativa e fate solo quello che dicono i vostri capi: aiuterete l’azienda a funzionare meglio. La curiosa teoria di un economista svedese. Mats Alvesson, studioso di gestione svedese e professore di Business Administration, particolarmente noto per aver contribuito in maniera significativa a formare il campo degli studi di gestione critica.
 
Nel suo studio Mats Alvesson parla di stupidità funzionale, cioè dell’assenza di riflessione critica da parte dei dipendenti sulle decisioni prese dai manager: in alcune situazioni questa sorta di apatia controllata può aiutare le aziende ad aumentare la produttività. «L’assenza di discussioni e di domande, sostiene Mats Alvesson, nel breve periodo può contribuire a oliare la macchina organizzativa dell’azienda». Focalizzandosi solo sugli aspetti positivi, i dipendenti mantengono una visione ottimistica e coerente del proprio lavoro. «Comunque, sottolinea l’economista, si tratta di una pratica da utilizzare con moderazione: non sollevare i problemi che possono emergere nella gestione di un progetto o nella realizzazione di un prodotto può portare al tracollo».
 
La stupidità funzionale è più efficace nei settori che vivono di beni immateriali, come le società di consulenza, i mass media o l’industria della moda. Insomma in aziende che non hanno come obiettivo quello di soddisfare bisogni fondamentali degli individui. E in effetti l’idea che qualcuno possa applicare questo paradigma nelle sale operatorie di un ospedale o nei cantieri dove si costruiscono gli aerei fa un po’ paura...
 

Anche secondo l'autore dell'articolo questa organizzazione è però un’arma a doppio taglio. È funzionale perché ha alcuni vantaggi e fa sì che le persone si concentrino sul compito con entusiasmo, ma è stupida perché si corrono grossi rischi quando le persone non fanno domande su ciò che loro e l’organizzazione stanno facendo; spiega l'economista.

Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.