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Un gay al Grande Fratello, è il top!

29/12/2004 27822 lettori
5 minuti
Somma imbecillità e riconferma dei luoghi comuni.

All’edizione di quest’anno del Grande Fratello ha vinto Jonathan, lo stilista gay. E qui mi arrabbio.

Ogni anno cercano di inventarsi qualcosa di originale per tenere il più possibile alti gli ascolti. Hanno iniziato con la coppia dei fidanzati ciccini (pregando per un teleadulterio) per poi passare alla coppia papà/figlia negletta (forse sperando in un teleincesto). Quest’anno hanno tentato con marito e moglie calabresi. E con un gay.

Una vera leccornia per il voyeur medio che ha potuto così eccitarsi osservando un “autentico gay” in azione. “Guarda mamma, un gay!” “Sì, ma stai attenta, non dargli troppa confidenza. E non mettere le manine nella gabbia!” Una specie di attrazione da zoo, il gay in TV, o uno spettacolo da circo Barnum. “Venite siore e siori! Venite ad ammirare gli scherzi della natura! Venite a compatire le deformità del Creato! La donna cannone, siore e siori! L’uomo elefante! Il nano! La donna barbuta! Lo stilista gay! Portate i vostri bambini e metteteli in guardia: ecco dove vi condurranno la debolezza dello spirito e la corruzione del corpo!”

Il voyeur televisivo vuole conferme, vuole credere nelle sue certezze inviolabili, vuole sentirsi dire che i freaks sono e saranno sempre così, anormali e visibilmente diversi da noi. Solo lo scarto tra noi e loro ci dà il metro della nostra Santa Normalità. Questo è il livello medio dello spettatore assiduo del GF, senza retorica e senza ipocrisia. Anch’io ho guardato saltuariamente il Grande Fratello, ma diverso è l’atteggiamento di chi lo segue con la convinzione della verità di ciò che gli viene presentato. Sono coloro che si immedesimano, coloro che “vivono” i reality come delle vere tranches de vie che richiedono continue conferme. Ed ecco quindi la ripetizione dei format, la reiterazione degli stili, dei modi di dire. La ripetizione dà sicurezza. Così come lo stereotipo. Solo un Turco che bestemmia, un Musulmano terrorista o un gay stilista sono in grado di calmare l’ansia del telespettatore. E dell’italiano medio. Che agitato dagli stimoli quotidiani, una volta davanti alla TV vuole solo conferme. Poche idee ma chiare e distinte. “Vedi, l’ho sempre detto che i gay sono così: checche, isterici e stilisti.” E infatti la realtà reale del reality gli mostra realmente Jonathan Kashanian.

Ipocrisia tremenda. Già da tempo si parlava dell’entrata nella casa del GF di un gay, un avvenimento spettacolare per l’infimo livello culturale e civile del nostro Paese dove ancora oggi un gay fa spettacolo. E fa ridere. Come i freaks. Così, dopo Rocco Casalino – sulla cui omosessualità si è tuttavia taciuto fino all’ultimo (quello di Rocco fu soltanto un test per vedere come avrebbe reagito il pubblico) – quest’anno si è deciso di fare sul serio.

Ecco pertanto che in questa edizione si è voluto “rappresentare” un gay. Dico “rappresentare” perché è ormai chiaro che il reality show non è la realtà. Ogni inquilino è di fatto l’esito di una scrematura (il casting), ovvero una selezione che di fatto “crea” dei personaggi. Jonathan pertanto non è la realtà, egli è piuttosto un personaggio creato ad hoc ad uso e consumo del pubblico. E questo a prescindere dal fatto che lui e i suoi colleghi si atteggiassero o si comportassero in modo naturale. Sarà anche stato autentico, Jonathan, all’interno della Casa (cosa di cui comunque dubito). Tuttavia, il fatto stesso di essere il risultato di un casting ha fatto del giovane stilista una macchietta. Insomma, col processo di selezione degli inquilini non si è fatto altro che cercare qualcuno che corrispondesse a personaggi già in precedenza delineati. Risultato? Gli inquilini del GF sono quello che la produzione vuole.

Ma appunto, che cosa ha voluto rappresentare la produzione scegliendo Jonathan? Direi che è semplice. Proprio per via dell’esigenza del telespettatore di ritrovare conferme ai luoghi comuni più comuni, il GF – una volta deciso di inserire un gay nella Casa – non ha fatto altro che costruire (ricercandolo) un personaggio che assomigliasse il più possibile allo stereotipo del gay. E infatti Jonathan è:
  • effeminato fino all’inverosimile
  • isterico
  • magro e segaligno
  • sottomesso agli eterosessuali (vedi quando Jonathan veniva “picchiato” da Alessandro)
  • stilista
  • maniaco dell’apparenza (abbigliamento, ecc.)
  • estroso (anche nel modo di vestirsi)
  • esagerato nel linguaggio, zeppo di frasette del tipo “amò”, “sei il top”, “chicchissimo”, ecc.


Ma il GF non ha torto. La produzione di una TV commerciale deve pur pensare a vendere. E quindi il prodotto televisivo deve avere seguito. Se il gay del GF fosse stato “normale” il pubblico deficiente della TV deficiente (così dice la signora Franca) non lo avrebbe riconosciuto come gay. E avrebbe cambiato canale. Ecco perché i luoghi comuni sono difficili da smantellare. C’è sempre l’esigenza – commerciale in questo caso, culturale e psicologica in molti altri – di confermarli, di crederci. E soprattutto di riderci sopra. Come si fa guardando Jonathan urlecchiare come una bambina stupida. C’è quindi da stupirsi che abbia vinto proprio lui? Chiunque abbia a disposizione una sufficiente quantità di neuroni se lo immaginava sin da subito.

E poi un’ultima postilla. Per tutta la durata del reality, pur rappresentando un gay secondo i suoi stereotipi, mai si è fatto cenno all’omossessualità di Jonathan. Non se ne è parlato durante il filmato di presentazione prima dell’entrata dei ragazzi nella Casa; mai la D’Urso ha accennato al suo orientamento sessuale; mai i coinquilini ne hanno parlato (indubbiamente sarà stato detto loro di non fare nessun riferimento alla questione). Insomma, rappresentano l’omosessualità in maniera assurda, stereotipata e francamente offensiva e volgare, ma quando si tratta di parlarne tutti fanno finta di nulla.

Anzi, peggio ancora, si finge un’improbabile eterosessualità. Mi riferisco a due cose: da un lato allo stesso Jonathan che, all’interno della Casa, parlava delle sue avventure con le ragazze e ostentava virilità facendo l’improbabile sciupafemmine con le coinquiline. Da un altro lato penso ad un’intervista alla sorella dello stesso Jonathan, pubblicata poco tempo fa da un settimanale scandalistico, nella quale finalmente si fa cenno all’omosessualità del giovane stilista. Ma – da non crederci – solo per smentirla! In pratica l’autore del pezzo afferma che gli atteggiamenti di Jonathan (nello specifico la sua passione per la moda e non la più evidente effeminatezza, ancora oggi taboo) hanno fatto sorgere sospetti circa la sua possibile omosessualità. La sorella subito si difende: si tratterebbe solo di malignità. Lui è eterosessuale e ha anche avuto un sacco di ragazze!

E’ desolante. Da un lato la stupidità di rappresentare lo stereotipo a bassi fini spettacolari, quegli stessi fini che alimentavano i circhi delle deformità e i fenomeni da baraccone. Dall’altro lato, quando si tratta di parlare apertamente dell’omosessualità, questa “deformità” suggerita a colpi di sottintesi, si fa finta di nulla. Lanciano il sasso e tirano indietro la mano. Con tanta felicità degli imbecilli che, una volta di più, sono sicuri della loro verità. “Vedi che i froci sono proprio tutti così? Lo dice la TV!”