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Santi, Poeti e Comunicatori

25/01/2005 11655 lettori
5 minuti

È possibile parlare di una legge in maniera da coinvolgere un grande numero di lettori? Il rischio di annoiare potrebbe essere sempre in agguato, ma il tono colloquiale e il linguaggio informale utilizzati da Stefano Martello e Gennaro Pesante, autori di “Santi, Poeti e Comunicatori”, rendono l’argomento affrontato più “leggero” e comprensibile a tutti.
“Santi, Poeti e Comunicatori” è un colloquio informale sulla Legge 7 giugno 2000, n. 150 Disciplina d’informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni. I due autori, avvalendosi del contributo di Isabella Piro, ironizzano su una situazione in realtà molto preoccupante: sono trascorsi quattro anni dall’entrata in vigore della legge e ancora nessuno la conosce, compresi gli amministratori della cosa pubblica, che dovrebbero, non solo conoscerla, ma soprattutto applicarla.
La discussione sostenuta dagli autori porta il lettore a condividere con loro gli stessi stati d’animo: le aspettative elevate nei confronti di una legge che finalmente riconosce, a livello istituzionale, il ruolo del comunicatore; l’entusiasmo iniziale, seguito subito dopo dalla delusione di fronte a una realtà che non rispecchia le proprie attese; fino ad arrivare a una rabbia costruttiva che esorta a non scoraggiarsi, ma a continuare a lavorare “forse un po’ disillusi, sicuramente più forti dentro … più motivati e più consapevoli”.
Gennaro e Stefano analizzano i motivi che non hanno permesso la corretta applicazione della legge: la necessità di un’adeguata formazione del personale, non sempre possibile per carenza di fondi; l’esigenza di assumere esperti in comunicazione attraverso complicati concorsi pubblici; ma, soprattutto, la non conoscenza del settore specifico che induce a considerare chiunque in grado di svolgere il “mestiere della comunicazione”.
Uno dei problemi principali, in realtà, è legato alla stessa formulazione della legge, in cui emerge una confusione fra mondi differenti: giornalismo, comunicazione istituzionale e pubblicità. Si parla, inoltre, di portavoce, di ufficio stampa, senza indicare percorsi formativi specifici e ruoli ben definiti, che evitino conflitti e sovrapposizioni operative.
Le lacune della legge, sostengono gli autori, riflettono un problema a monte: la pubblica amministrazione ancora non è abbastanza matura e pronta per comunicare realmente con i cittadini. Un primo passo è stato fatto: si è compreso che per un miglioramento concreto della vita pubblica è necessario un rapporto più trasparente e chiaro con i cittadini, e si è riconosciuto, pertanto, il ruolo fondamentale che una comunicazione istituzionale efficiente ha nella crescita della società; il passo successivo deve essere quello di “identificare i contenuti e le modalità per presentarli al cittadino”, dandogli realmente la possibilità di partecipare attivamente alla vita pubblica; infine sarà necessaria una riformulazione della legge, in modo da consolidare figure e ruoli, e un monitoraggio costante nel tempo, per verificare gli effetti dell’applicazione della normativa.

L’obiettivo degli autori è quello di far discutere su una legge “poco conosciuta, poco applicata e, soprattutto, poco compresa”, ma di fondamentale importanza per l’instaurazione di un rapporto democratico tra enti pubblici e cittadini. Lo stile  ironico e il linguaggio informale adoperati vanno in questa direzione: coinvolgere i lettori, chi è interessato al mondo della comunicazione, ma anche chi non lo è, ed esortarli a riflettere e a fare delle considerazioni da condividere con altri.

Sono riusciti nel loro intento? L’ironia è vincente: coinvolge, diverte e fa riflettere; ora sta ai lettori continuare il dibattito e, stimolati dalle provocazioni degli autori, trovare le soluzioni più adeguate.