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Mestiere portavoce

21/02/2005 19853 lettori
5 minuti

C’è chi pensa sia un portaborse, chi lo ritiene un consigliere, chi ancora lo giudica un giornalista fazioso e chi lo apprezza come collaboratore di fiducia. Quella del portavoce è una figura professionale ancora relativamente nuova, almeno in Italia, che ha assunto nel tempo le diverse connotazioni di araldo, delegato, messaggero, nunzio a seconda del contesto e dell’epoca storica.

Nel 2000 la legge 150 l’ha definitivamente legittimata, introducendola a pieno titolo tra i profili professionali che si occupano di informazione e comunicazione all’interno della pubblica amministrazione. Al portavoce, cita espressamente la legge, spetta il ruolo di diretta collaborazione con l’organo di vertice dell’amministrazione ai fini dei rapporti di carattere politico-istituzionale con i mezzi di informazione.

 

Ma chi è il portavoce? Quali requisiti deve possedere per esercitare la sua professione? E dunque quale tipo di contratto deve vedere applicato? In realtà, la normativa non chiarisce questi interrogativi, volutamente o transitoriamente in prima applicazione. Fatto sta che, nello scenario odierno, alcuni portavoce delle amministrazioni italiane sono giornalisti, altri bravi comunicatori che per scelta non vogliono iscriversi all’ordine dei giornalisti, alcuni sono legati all’ente di appartenenza da un contratto di collaborazione, altri sono dipendenti pubblici a tutti gli effetti.

Di certo i portavoce non sono e non devono essere portaborse, come tuonava Jacques Séguéla allora impegnato nella campagna elettorale di François Mitterand e aggiungeva “bisogna avere una profonda etica quando si entra nelle comunicazioni politiche”.

 

Come è emerso chiaramente durante il Primo incontro nazionale dei portavoce a Bologna in occasione dell’ultima edizione di COM-PA, Il Salone Europeo della Comunicazione Pubblica, fare il portavoce significa esercitare un mestiere o, con un termine più moderno ma meno intriso di reminescenze storiche, una professione, che non si impara a scuola ed è costituita da un minuto lavoro di fine artigianato con una buona dose di fantasia e un pizzico di fortuna, che non guasta mai. Il vero portavoce è colui che non appare mai sulla scena ma segue sempre con attenzione ciò che vi accade. È colui che sa cosa, come e quando dire, ma sa anche non dire.

 

In tempi di politica postmoderna, il mestiere di portavoce è invece talvolta ridicolizzato, a metà tra il funambolo e l'esegeta del Talmud. Costretto a fare i salti mortali per arrotondare frasi incaute, per smussare gli angoli di una presa di posizione affrettata, per correggere il tiro secondo gli umori e le convenienze del leader, per fornire l'interpretazione autentica di un avverbio o di un aggettivo, il portavoce si riduce in alcuni casi a scimmiottare dietro al proprio datore di lavoro. Accanto a questi, ci sono però anche personaggi di alto spessore, che elevano la figura del portavoce ai più alti livelli del giornalismo e della diplomazia internazionale. Uno fra tutti, il portavoce del Vaticano, Joaquìn Navarro-Vals, direttore della sala stampa della Santa Sede dal 1984 e, di volta in volta, uomo immagine, editore, pierre, investigatore, consigliere e ambasciatore del papa.

 

Disponibilità, responsabilità e imparzialità sono fondamentali per la nostra professione precisa Franco Miracco, portavoce del Presidente della Regione Veneto Giancarlo Galan. Se si vuole fare il portavoce non ci sono orari. Alle volte mi capita di dover scrivere ed inviare, a qualunque ora, una dichiarazione del presidente senza che lui l’abbia letta ed approvata. Lo si fa, prendendosi le proprie responsabilità. Poi naturalmente non si deve mai privilegiare una testata giornalistica perché quella del portavoce è informazione politica nel suo complesso, ovvero informazione da parte degli organi politici e non solamente del vertice politico. Certo, tutti noi abbiamo alcuni giornali di riferimento. Per me sono Il Foglio e Il Riformista, due quotidiani di diverso orientamento politico ad elevato livello di approfondimento ma a diffusione poco popolare.

 

Il mio lavoro si rispecchia perfettamente nella definizione di portavoce data da Paolo Pierantoni nel suo libro La comunicazione istituzionale: “È una figura innovativa che coniuga un’elevata competenza professionale con un rapporto di fiducia e di appartenenza con il capo dell’amministrazione, di cui deve essere capace di comunicare scelte, orientamenti e strategie. È dunque uomo di parte, ma capace anche di difendere i valori di ogni singola istituzione. Deve essere il punto di riferimento costante, “la voce” dell’istituzione nel rapporto quotidiano con i media e le varie espressioni della società”.

 

Il rapporto fiduciario con il leader dell’amministrazione sta alla base del lavoro del portavoce, ma non implica la stessa estrazione politica o professionale né una piena condivisione di idee. Il contesto politico va conosciuto, auspicabilmente nel modo più approfondito e dettagliato possibile. Ma per esercitare correttamente il ruolo di portavoce, bisogna mantenere la propria obiettività e autonomia di pensiero, estrarsi dalla politica per interpretarla e valutarla con freddezza intellettuale.

 

Il portavoce non è quindi un doppione o una sovrapposizione all’interno dell’amministrazione. Come l’addetto stampa, è una figura professionale che dà notizie, è vero, ma in esse esprime sempre un’idea e un’impronta politica. Per questo, deve studiare molto di più ed avere molte competenze perché a qualunque tipo di informazione deve dare una motivazione politica.

 

Sono comunque convinto che eventuali incomprensioni tra ufficio del portavoce e ufficio stampa all’interno delle amministrazioni si chiariranno nel tempo, man mano che il ruolo e le funzioni del portavoce diverranno meno vaghe, anche grazie ad una maggiore conoscenza e diffusione della normativa in materia di comunicazione- informazione pubblica e ad un più serrato confronto delle varie esperienze nazionali. Anche a tal fine è nato nel novembre scorso il Forum Nazionale dei Portavoce in seno all’Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica e Istituzionale.

L'articolo è pubblicato su Punto.exe, numero 3/2005 - Editrice SEPEL di Minerbio (Bo) www.sepel.it