Comunicare la nuova Europa
Oltre che di santi, poeti e navigatori, pare proprio che gli italiani siano un popolo di europeisti convinti. Lo indica ancora una volta l’eurobarometro di dicembre 2004. L’Italia è infatti tra i primi sei paesi più favorevoli all’adozione di una costituzione europea rispetto ai 25 stati che compongono l’Unione, con il 73% di favorevoli e solamente il 14% di contrari. A contendersi il podio, Belgio, Slovenia, Germania, Lussemburgo e Cipro. All’ultimo posto invece Regno Unito e Danimarca.
Di questo e delle altre questioni al centro del dibattito sulla nuova Europa, si è discusso durante la due giorni di seminario Comunicare la nuova Europa, promossa dal Comune di Modena insieme alle Rappresentanze in Italia della Commissione Europea e del Parlamento Europeo e patrocinata dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia di Modena, dell'Ordine dei Giornalisti Emilia Romagna e dall'Associazione Italiana Comunicazione Pubblica. In quattro sessioni di lavoro, europarlamentari, economisti, esperti di relazioni internazionali, giornalisti della stampa nazionale e comunicatori pubblici si sono confrontati il 25 e 26 febbraio. L’evento era specificamente rivolto a giornalisti e operatori della comunicazione per il ruolo fondamentale e strategico che possono svolgere nel portare l'Europa più vicina ai cittadini.
In questo momento di passaggio storico chiave per l'avvenire dell'Unione, è infatti importante ed auspicato dalle Istituzioni europee che tutti gli Stati membri, anche quelli come l’Italia che non dovranno ricorrere al referendum popolare per l’adozione della costituzione europea, si attivino per promuovere un'efficace campagna di comunicazione al fine di presentare e spiegare il nuovo testo e coinvolgere quindi i cittadini. “Migliorare la percezione dell’Unione Europea e delle sue Istituzioni, nonché della loro legittimità facendone conoscere e comprendere a fondo i compiti, la struttura e le realizzazioni, e stabilendo un dialogo con i cittadini” è d’altronde il primo obiettivo indicato nel Documento sull’Attuazione della strategia d’informazione e di comunicazione adottato della Commissione Europea nell’aprile scorso.
Comunicare le istituzioni dell’Unione Europea, il loro operato e i processi al loro interno risulta tuttavia molto difficile, ammettono unanimemente i relatori all’ultima tavola rotonda Come comunicare la nuova Europa? La stampa come mediatore di un progetto. “La difficoltà deriva anzitutto dal fatto che l’Unione Europea non fa notizia ovvero non è foriera di storie, passioni, opinioni che si possono raccontare - spiega Giuseppe Sarcina, corrispondente de Il Corriere della Sera da Bruxelles - e quand’anche c’è la notizia, è faticoso scovarla, persa tra gli innumerevoli documenti e uffici”. “A causa di questa complessità, le notizie che provengono da Bruxelles mancano inoltre di un filo conduttore continuo - aggiunge Enrico Singer, corrispondete de La Stampa - un giorno si parla di Costituzione europea, un altro dell’accesso della Turchia nell’Unione, ma è sempre un’informazione sporadica”.
Da qui deriva anche la difficoltà di farsi capire, di presentare gli avvenimenti europei, già di per sé lontani dalla percezione comune, in modo chiaro e comprensibile al più vasto pubblico. Anche e soprattutto quando si fa comunicazione europea, è infatti sempre necessario utilizzare una lingua semplice, priva di tecnicismi e burocratismi, oltre che descrivere l’immagine complessiva del contesto in cui accade un avvenimento o si prende una decisione. Altrimenti il rischio è quello di modificare il senso di decisioni o opinioni. “Potrei fare meravigliosi esempi - lamentava Romano Prodi in occasione della sua premiazione a Bologna nel dicembre scorso con il Premio Europa istituito dall’Associazione Comunicazione Pubblica - di come partivano le mie dichiarazioni da Bruxelles e di come arrivavano in televisione in Italia: non solo tagliate nei tempi, ma decontestualizzate”.
Le difficoltà nel comunicare l’Europa non finiscono qui. La strumentalizzazione dell’informazione a fini politici interni costituisce un grave pericolo e un motivo di riduzione della visibilità delle istituzioni europee. La politica locale irrompe troppo spesso nel dibattito europeo, sfoggiando la parte meno nobile di sé per soddisfare certe manie di protagonismo. “Se da una parte è utile e proficuo nazionalizzare la comunicazione europea per veicolarla più facilmente,” precisa Sarcina “è d’altra parte errato utilizzare questo canale come un palco aggiuntivo per la sfilata dei politici italiani”. La comunicazione europea può invece diventare tanto più efficace quanto più è legata ad una situazione contingente nazionale, quanto più prende spunto da questioni che interessano e toccano la quotidianità di ciascun paese e quanto più guarda alle vicende europee con lenti nazionali, così come succede in tutti i paesi d’Europa.
Poi, sul piatto della bilancia va a pesare anche un fattore che potremmo chiamare percettivo: l’Europa è “estero”? Ovvero, le notizie relative all’Unione Europea vanno pubblicate nella pagina degli esteri o altrove? Non si tratta solo di una classificazione linguistica cavillosa o di una mera scelta editoriale, ma della soddisfazione di un bisogno. Ci sentiamo a tal punto europei da richiedere una pagina interamente dedicata all’Europa? Oppure una sezione monotematica potrebbe essere l’ennesimo flop comunicativo sull’Unione Europea? “Non bisogna più incorrere nel rischio di comunicare l’Europa con strumenti e metodi noiosi” ammonisce Giovanni Salimbeni, direttore dell’Ufficio per l’Italia del Parlamento Europeo. “Abbiamo percorso ogni strada possibile per far uscire l’Unione Europea dai programmi ghetto, quelli cioè di approfondimento rivolti ad una stretta élite e visibili solamente in fasce orarie marginali. In alternativa, abbiamo creato nuove finestre sul telegiornale di prima serata, i talk-show delle reti ammiraglie e le radio nazionali. Addirittura abbiamo pensato al concept placement, di inserire cioè tematiche inerenti l’Unione Europea nella sceneggiatura delle fiction televisive”.
Sul fronte della comunicazione istituzionale, tramite il coordinamento delle regioni italiane svolto dalla rappresentanza a Milano della Commissione Europea, si è lavorato su diversi livelli di comunicazione: da quella valoriale, ad esempio per la diffusione della costituzione europea, a quella di interesse, per esempio sulle possibilità offerte dal Fondo Sociale Europeo, alla comunicazione indirizzata agli opinion leaders. In questo ultimo ambito specifico, la Regione Emilia Romagna in particolare, realizza una rivista bimestrale in italiano e inglese sulle tematiche europee di rilevanza regionale, oltre al sito WEB spazioeuropa.it.
Se una volta dell’Europa “non si conosceva nemmeno il numero di telefono”, come diceva causticamente Henry Kissinger, ora almeno le istituzioni europee e il loro operato sono, anche grazie agli sforzi di noi comunicatori e giornalisti, più vicine e conosciute,. Lo dimostrano i fatti recenti, nel bene e nel male. Da una parte, i tragici avvenimenti nel sud-est asiatico hanno portato l’Unione Europea sotto i riflettori per la sua lentezza nel prendere provvedimenti a sostegno delle popolazioni colpite dallo tsunami. Dall’altro, la visita di Gorge W. Bush a Bruxelles ha segnato il riconoscimento formale dell’Unione Europea da parte degli Stati Uniti.
Tuttavia, il paradosso rimane. Gli europarlamentari chiedono di dare risalto ai lavori delle commissioni, invocando il diritto dei cittadini a conoscere l’operato dei loro rappresentanti a Bruxelles. I giornalisti ammettono che c’è materia sufficiente di cui trattare, ma che è difficile trovare gli spazi. E noi comunicatori pubblici, che abbiamo il dovere di informare i cittadini, di misurare l’efficacia della nostra comunicazione e rendere conto del nostro operato, siamo sicuri che la nostra comunicazione è davvero efficace? Forse ci dimentichiamo troppo spesso, ma non solo noi lo facciamo, che la funzione dell’ascolto è il primo passo verso una comunicazione efficace, come ci indica anche la Commissione Europea nel Documento sull’Attuazione della strategia d’informazione e di comunicazione: “coinvolgere i cittadini nel processo decisionale europeo attraverso un ascolto più attento delle sue preoccupazioni, nonché la ricostruzione in modo metodico e coerente dell’immagine dell’Unione Europea”.
L'articolo è pubblicato su Punto.exe, numero 4/2005 - Editrice SEPEL di Minerbio (Bo) www.sepel.it