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La benedizione di Desmund Tutu al Festival Mondiale delle Relazioni Pubbliche a Trieste

21/06/2005 19463 lettori
5 minuti

Il messaggio augurale di Desmond Tutu, premio Nobel per la Pace 1984, agli organizzatori (FERPI e Global Alliance) del Secondo Festival Mondiale delle Relazioni Pubbliche rende grande onore al tema della diversità che verrà sviluppato a Trieste dal 28 al 30 giugno. Rappresenta anche un onere, una grande responsabilità che i comunicatori del mondo moderno devono saper affrontare e decifrare correttamente. Desmond Tutu dice infatti: «se vogliamo costruire un mondo di comprensione e collaborazione, dobbiamo imparare non soltanto a convivere con la diversità, ma ad abbracciarla. La comunicazione è al cuore di una società costruita sul rispetto e la comprensione degli altri. È quindi importante che siano proprio i comunicatori a comprendere bene la diversità».

Con questo importante augurio vediamo riconosciuti non solo l’estrema attualità e valore culturale del concetto di diversità, ma anche il ruolo centrale svolto dalla comunicazione «in un mondo sempre più polarizzato in cui è assai difficile rendersi consapevoli di quel che ci separa e ci rende diversi», come afferma l’arcivescovo Tutu. In un sistema di relazioni in cui dall’omologazione si è passati a marcare consapevolmente i propri tratti distintivi dalla massa, la comunicazione nella e con la diversità assume un ruolo decisivo e l’obiettivo diventa quello di promuovere il valore della diversità.

La consapevolezza del valore e l’efficacia della comunicazione e delle relazioni pubbliche ha avuto uno sviluppo propulsivo nel continente africano. Citando una constatazione di Toni Muzi Falconi, organizzatore del Festival: «Anche in Africa è stato sviluppato uno specifico modello di relazioni pubbliche basato sul principio generale che tutte le organizzazioni che operano in quel continente necessitano disperatamente di credibilità e di legittimità sociale, proprio nel momento in cui si sforzano di ottenere quella coesione sociale che è stata impedita dalla tradizionale cultura coloniale del “divide-et-impera” e che ha così drammaticamente caratterizzato anche i governi post-coloniali negli ultimi cinquant’anni». Con il modello africano registriamo oggi una chiara alternativa al tradizionale modello americano di pratica delle Relazioni Pubbliche, finora non solo predominante ma unico.

LA NAZIONE ARCOBALENO

A raccontare la strategia di comunicazione della “nazione arcobaleno” di cui Desmund Tutu è considerato padre, a Trieste ci saranno Chris Skinner e Gary Mersham che valuteranno i risultati dell’impatto comunicativo a dieci anni dall’avvento della democrazia in Sudafrica. In primo piano le dinamiche del processo di integrazione, favorite soprattutto dagli investimenti economici regionali, con occhio di riguardo alla situazione dei giovani sudafricani. Ecco che affrontare il tema della diversità, sia questa culturale, economica, sociale e politica, ha ancora più senso nel momento in cui raccontiamo la storia e l’evoluzione del Sudafrica, in passato terra della discriminazione razziale e della demonizzazione della diversità, ma che ora può vantare di essere nominata “il miracolo della riconciliazione” (C. Skinner, G. Mersham).

NON SOLO OCCIDENTE…

Tra i protagonisti del Festival Mondiale delle Relazioni Pubbliche, si annovera una presenza massiccia di professionisti e studiosi provenienti dal continente africano. «Per la prima volta a Trieste, non saranno allora soltanto gli etnocentrici (di origine anglosassone ed europea) a fare il bello e il cattivo tempo, ma dovranno vedersela con africani e asiatici assai agguerriti: le nuove tecnologie infatti consentono oggi di sviluppare nuovi ambienti virtuali di relazione in cui le organizzazioni possono comunicare con gli stakeholder. A questo si aggiunga che la comunicazione con gli altri è sempre stata più efficace di quella agli altri», come sottolinea infatti Toni Muzi Falconi, organizzatore del Festival.

CHI E’ DESMOND TUTU

Desmond Tutu, premio Nobel per la pace 1984, arcivescovo di Città del Capo fino al 1996, presidente della Commissione per la Verità e la riconciliazione istituita da Nelson Mandela dopo la fine dell’apartheid in Sudafrica. Nel 1975 è stato nominato diacono della cattedrale di Santa Maria in Johannesburg, primo uomo di colore a ricoprire quell’incarico. Dal ‘76 al ’78 è stato vescovo di Lesotho e nel 1978 è diventato il primo segretario generale del Consiglio delle chiese sudafricane.

Redazione di Comunitàzione
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