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Il nuovo spot dell'autovettura "mini" ed altri, a confronto.

12/10/2005 22827 lettori
4 minuti

Due giovani si trovano in una mini dalle linee sportive lanciata ad alta velocità. L’auto guizza zigzagando sulla linea discontinua spartitraffico. Ad un certo punto la vettura frena repentinamente: viene mostrato sul parabrezza, quel che rimane d’un grosso insetto spiaccicato.
“Game over” dice il passeggero non guidatore, all’altro; “Tocca a me, peccato!” e si scambiano i posti, per riprendere il gioco.

Lo spot vorrebbe far risaltare le doti sportive dell’auto, la sua manovrabilità e la capacità di pronta frenatura in caso di emergenza. Qualità che nessuno contesta ma che dovrebbero essere evidenziate come margine di sicurezza per la guida, non per esibizioni da circuito di formula uno.
Come nel precedente spot della mini (quello di una bevanda gasata che esplode nell’abitacolo, all’apertura, dopo una spericolata corsa tra le vie cittadine –v. spot-buster di Virardi-), anche qui un paradosso: la gimkana votata, nell’intento dei giovani, alla salvezza degli insetti; non sorpassi temerari, come potrebbe sembrare all’inizio (ma lo saranno nell’impiego futuro della vettura).
Volutamente assurdo e puerile questo spot, ma quel che rimane nell’inconscio è il desiderio del cimento, che potrebbe riemergere in un raptus di insofferenza, nel bel mezzo di una fila reale di traffico problematico.

Altre pubblicità mostrano un inverosimile rispetto per la natura: ricordate l’auto che si ferma pochi centimetri prima di schiacciare una larva di insetto che attraversa la strada? Verme = pedone, che costringe ad usare i potenti freni della vettura, dietro i quali c’è l’onnipotenza del pilota, che attende paziente e magnanimo, benché consapevole di portare a termine la missione di riscoperta del mondo che l’umanità gli ha affidato, con quella vettura.

In un altro spot c’è una mucca che viene investita (impatto non mostrato ma intuibile) perché il guidatore non si trova nell’auto giusta, diversa da quella reclamizzata nello spot.
Una pubblicità, da poco apparsa in TV, illustra la metamorfosi di un cavallo con cavaliere, rispettivamente in auto con pilota, nel corso dello spot. Un richiamo storico alle epiche virtù guerriere perdute dall’uomo, recuperate grazie all’auto pubblicizzata.

Un altro spot, datato, mostra un automobilista fermo al semaforo, insofferente di un ciclista che pone una mano sul cofano, per non perdere l’equilibrio. L’automobilista, stizzito, al verde del semaforo, parte bruscamente, facendo perdere l’equilibrio al malcapitato, che ha osato toccare il suo idolo. Qui lo spot coltiva le fisime paranoiche, feticiste, di certi automobilisti che, alla guida di un’auto, si trasformano in ottusi trogloditi.

Tutti caratteri negativi che gli spot sulle auto giustificano, stimolano, sviluppano.

Pessimo lo spot, anni novanta, con il cantante Ray Charles, privo di vista, alla guida di un auto (come dire: questa la possono guidare anche i ciechi, pure negri, tant’è sicura).
Gradevole, a mio avviso, l’ultimo spot della Citroen C3: in azione la comitiva di “Happy days” serie TV anni ’70, con la nota sigla rock; trovata che vede destinatari dello spot giovani ed ex giovani, oggi nostalgici cinquantenni.
Frequenti gli spot con veloci vetture che sfrecciano fra straordinari incontaminati paesaggi. Espedienti inutili: nessuna auto potrà mai salvaguardare la natura, solo peggiorarla. Senza contare che tanto la costruzione, quanto la rottamazione di un’auto, sono fattori di ulteriore consumo di energia e causa di inquinamento.

Tornando alla mini, il messaggio nascosto, teso a solleticare gli istinti umani più deteriori, suggerisce ai giovani -destinatari preferenziali del messaggio- (il “target”, direbbe l’anticomunicatore), che loro con la mini potranno finalmente esibirsi nelle peripezie sognate guardando i film d’azione, in mezzo al traffico, sorpassando a destra e a manca, come farebbero nei loro giochi elettronici.
“Guarda che tu te la puoi cavare senza incidenti; sarai bravo con questa vetturetta sportiva guizzante” è il messaggio latente.
Sarebbe interessante sapere quante vetture mini (note per la spericolatezza dei loro guidatori) sono finite, dagli anni sessanta ad oggi, negli sfascia-carrozze, a causa di incidenti, rispetto alla produzione totale, per confrontarne il numero con altre marche di auto.
Il richiamo al gioco, nella scenetta fra i due giovani, è teso a neutralizzare l’effetto deterrente degli spot “pubblicità progresso”, che mostrano le conseguenze mortali di certi comportamenti pazzoidi.
E se al posto dell’insetto ci fosse un pedone o il muso di un TIR?

Ancora una volta, dunque, pubblicità negativa, diseducativa, pericolosa, che il juras.sich! della pubblicità dovrebbe rimuovere tempestivamente, senza attendere denunce e senza lasciarsi ingannare dagli artifici messi in campo dai pubblicitari per mascherare la dannosità di certi spot.

Giovanni Falcioni
Giovanni Falcioni


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