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Elezioni e informazione

14/04/2006 16476 lettori
5 minuti

All’indomani del voto, e di una campagna elettorale infuocata come poche altre volte, il frastornato cittadino si trova a tirare le somme di tutto ciò che ha letto, visto, udito, talvolta anche suo malgrado, in questi giorni.

Giorni in cui stampa e televisione, palleggiandosi dichiarazioni e notizie, commentandosi a vicenda, fino a confondere il senso e i contorni della realtà, hanno offerto un chiaro esempio di apparato mediatico che, per dirla con Eco, “da finestra sul mondo, si trasforma in uno specchio, [..] un mondo che rimira se stesso, come la Regina di Biancaneve”.

Certo è che l’impatto emotivo di questa battaglia è stato notevole, visto l’incremento dell’affluenza alle urne rispetto al 2001; ma il punto sta nel cercare di comprendere se l’aggressività e gli eccessi di questa campagna siano stati frutto dei politici che si sono serviti dei media per calamitare il massimo dell’attenzione e della tensione, o al contrario dei media che hanno cavalcato l’onda dei toni accesi per affermare con forza la propria autorità: uno status che si avvicina sempre più a quello di creatori della realtà, invece che di latori di notizie.

Senza pretendere di offrire risposte ad annose questioni sui rapporti più o meno limpidi tra politica ed informazione, nè voler dare un giudizio sulle trasformazioni che in questi ultimi anni caratterizzano il giornalismo italiano, si può nel proprio piccolo riflettere su questi fenomeni partendo da comuni esempi sotto gli occhi di tutti.

Il periodo elettorale è per eccellenza il momento in cui tutti i giornalisti mettono mano alle cifre, fornendo dati, previsioni, proiezioni, pronostici, suffragati dall’inoppugnabilità della statistica.

Ecco che sulle pagine dei giornali compaiono in gran copia grafici colorati, diagrammi a colonne, a torta, di ogni forma e dimensione, da quelli che mostrano le oscillazioni del gradimento di un dibattito televisivo a quelli che cercano di fotografare l’elettorato di questa o quella regione.

Ad una prima occhiata, queste illustrazioni sono un modo per chiarire i contenuti di un articolo o fornire i dati che verranno commentati nel testo, e proprio grazie all’affidabilità della matematica, per suffragare le tesi che verranno esposte.

In realtà, proprio perché il lettore tende a considerare inoppugnabili i dati numerici, lo strumento del grafico è spesso usato dai quotidiani in maniera piuttosto spregiudicata, venendo meno ai crismi di rigore espositivo che caratterizzano un stampa veramente indipendente.

Basterà fare la prova, e notare come in alcuni casi l’evidenza di dati tanto strombazzati sia il frutto di sondaggi d’opinione svolti su campioni di 40 persone, oppure come siano oscure le modalità di rilevazione, che spesso non vengono nemmeno riportate.

Questo naturalmente non vale soltanto nel caso della carta stampata, ma anche in quello della televisione. Un caso su mille: democraticissime interviste ai passanti, sistema di cui si servono molti telegiornali per commentare le notizie, presentano una vox populi in realtà accuratamente selezionata.

Per non parlare dei leader politici che snocciolano cifre completamente decontestualizzate e quindi prive di significato.

Si può veramente concludere, alla fine di questo caotico periodo, che oltre ad esacerbare gli animi, e forse anche ad annoiarci un po’, questa campagna elettorale ha ottenuto l’effetto di obbligarci ad una riflessione sul concetto di veridicità della notizia.

I mass media non mentono mai, ma senza un doveroso spirito critico è molto facile cadere in conclusioni sbagliate: la verità di ciò che ci viene comunicato passa soprattutto attraverso una fruizione attenta e consapevole.