Bentornato. Accedi all'area riservata







Non ti ricordi i dati di accesso?Recupera i tuoi dati

Crea il tuo account

2 SHARES

Misuriamo la qualità della TV, non la quantità di telespettatori

17/02/2003 15956 lettori
5 minuti
Il sistema di rilevazione degli ascolti ci continua ad indicare il numero di telespettatori presenti davanti al teleschermo, ma non il loro livello di soddisfazione. Per questo io posso mandare in onda un omicidio in diretta e rilevare il pieno di ascolti, senza necessariamente aver accontentato i gusti dei telespettatori.
Le tariffe pubblicitarie vengono fissate sulla base dei telespettatori di un determinato programma o fascia, ma nessuno garantisce sulla soddisfazione del pubblico che guarderà la televisione.
Ecco allora che pur di fare audience si trasmette di tutto di più, dai programmi vuoti di contenuti e vuoti di pensieri alle trasmissioni spazzatura e pieni di finzione.
Capitano strani episodi anche riguardo alla rilevazione degli ascolti, pare infatti che alle ore 21 del 15 luglio 2000, un forte temporale costrinse Rai Uno ad interrompere il programma "Mara e Katia verso Oriente", in diretta da Lecce. Per una manciata di minuti viene trasmesso solo il segnale orario e l'Auditel registra 3 milioni di spettatori. Possibile che così tanti italiani volevano rimettere a posto l'orologio? E ancora, nel 1998 la Magistratura oscura dal 16 al 18 dicembre il segnale di Telecapri. L'Auditel
rileva 230 mila telespettatori che per tre giorni continuano a seguire programmi su quell'emittente fantasma.
Dubbia rilevazione oppure eccessivo valore attribuito a questo sistema che però determina l'offerta TV? I responsabili dei palinsesti non si preoccupano di informare, intrattenere, divertire ma solo di fare ascolti da vendere al mercato pubblicitario. Ecco allora che i programmi più stimolanti e interessanti vengono relegati nelle fasce notturne, vedi le lezioni universitarie di matematica, le anteprime librarie, gli special sulla storia. I documentari sono diventati cosa d'altri tempi, eppure tutti noi
abbiamo imparato tanto proprio da quella televisione che oggi non c'è più.Anche i creativi della televisione hanno difficoltà ad imporre le loro idee.
I format utilizzati sono solo una decina e vengono riciclati nelle varie emittenti: gente comune che si scontra, gente comune che parla di rapporti (+ o - sessuali), quizzone della sera, forum politico sociale di partito, film (pochi e stravisti).
5 mila famiglie che rappresentano l'Italia. 5 mila famiglie senza nomi che divorano anche il segnale orario. 5 mila famiglie che determinano la televisione italiana.
Questo è un sistema che non misura la qualità ma neanche la quantità. Basta guardare un programma per 31 secondi per essere calcolati nel pubblico di quella trasmissione. Per fare un esempio, se io (telespettatore del panel) facendo zapping con il telecomando vengo attirato da un'immagine e passo, ohimé, più di mezzo minuto ad osservarla, farò registrare qualche decina di
migliaia di ascolti a quel programma.
Che fare? Io proporrei di guardare solo quello che piace veramente e, in alternativa alla brutta TV, uscire da casa, accendere la radio, leggere, suonare e anche parlare di più. Prima o poi qualcuno si accorgerà che esiste un pubblico pensante e non soltanto delle unità da rilevare.
Gianfranco Virardi
Gianfranco Virardi

Gianfranco Virardi è un Copywriter al lavoro dal 1992.

Laureato in Economia e Commercio, specializzato in marketing strategico e vincitore di una borsa di studi in Tecnica Pubblicitaria presso lo IED. Ha lavorato per molto tempo come freelance e come consulente di comunicazione per agenzie e aziende leader a livello internazionale.
E’ docente di "Scrittura Creativa" e "Tecnica Pubblicitaria" all’Accademia Nazionale di Comunicazione e Immagine di Roma, con l’alto patrocinio della TP, Associazione dei Tecnici Pubblicitari.


Da luglio 2003 ha creato la sua bottega creativa, lo studio GIANFRANCO VIRARDI, che collabora con agenzie e aziende internazionali.
Insieme ad altri autori, ha scritto il libro "SruMenti per Comunicare 1" edito da Comunicazione Italiana. Nel 2002 ha scritto il romanzo dedicato alla pubblicità "Coperte di parole", con lo stesso editore. Nel 2004 ha curato il volume “Fare Promozioni” edito da Buffetti. Nel 2006 ha curato il manuale della vendita "Siamo tutti venditori", divenuto in breve un autentico successo editoriale, edito da Lupetti.


Vive e lavora a Roma, dove almeno una volta la settimana prende la metropolitana per guardare e ascoltare le persone.