comunicAzione (n°8)
In questo numero di comunicAzione il racconto di uno studente di SdC che collabora col quotidiano L'Eco di Bergamo.
Credo che "fare il giornalista" sia un sogno che più o meno tutti accarezziamo in qualche periodo della nostra vita.
Io da quasi due anni collaboro con il quotidiano L'eco di Bergamo e il modo in cui sono entrato in contatto con questo mondo è tutto da raccontare.
Maggio 2001: porto in redazione alcuni articoli, corredati di foto, e lascio un mio recapito.
Ai primi di giugno, il caposervizio della cronaca di provincia mi chiama e mi dice che "sarebbe meglio conoscersi, prima di pubblicare tuoi articoli"…
Io sono già al settimo cielo, ma i giorni e le settimane passano, ma il colloquio non arriva.
Poi, verso la fine di giugno, mi capita tra le mani una notizia importante.
Invio un fax con il pezzo, che colpisce subito l'attenzione dei redattori.
Nel giro di dieci minuti mi richiamano.
Era un mercoledì sera, e mi dicono "Sabato mattina vieni in redazione a firmare il contratto".
Potete immaginare la mia felicità ed anche le emozioni che in quei momenti ho provato.
Il sabato mi presento bello fresco in redazione e da lì inizia la mia collaborazione col giornale: da subito mi hanno affidato alcuni comuni da seguire che per caso proprio i quei giorni erano rimasti scoperti.
La fortuna dunque ha avuto una parte importante in questo mio percorso.
Adesso scrivo soprattutto di cronaca: dalla notizia di 20 righe, alle mezze pagine con gli articoli di colore. A volte ho seguito anche episodi di cronaca nera.
La mia esperienza mi insegna che, per collaborare ad un quotidiano, occorrono tanto entusiasmo e forza di volontà, e un pizzico di fortuna.
In un anno e mezzo ho visto numerosi altri giovani collaboratori come me che mollavano tutto dopo uno due mesi di lavoro: in effetti può essere scrivere pezzi per un giornale è faticoso, a volte anche stressante, ma si tratta di una via quasi obbligata per entrare nel mondo del giornalismo.
Non credo, come molti dicono che per entrare in un giornale "bisogna essere parente di qualcuno", a meno che non si pretenda di entrare dalla porta principale delle più importanti testate italiane.
Per quanto riguarda invece i miei studi, devo ammettere che non mi sono serviti a molto, nel senso che la laurea in Scienze della comunicazione non mi sta preparando a scrivere meglio i miei articoli e non mi ha messo in contatto con questa realtà.
Mi pare che, come tutte le facoltà umanistiche, aiuti molto a formare la cultura di una persona e la sua sensibilità, ma che le professioni si imparino poi direttamente sul campo.
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