Bentornato. Accedi all'area riservata







Non ti ricordi i dati di accesso?Recupera i tuoi dati

Crea il tuo account

2 SHARES

I doni offerti: Pagine di Cultura

03/01/2007 6043 lettori
5 minuti

I regali spesso sono più problema che una gioia. Per comprenderlo bisogna mettere l'accento sull'atto del donare, cioè sulla relazione fra le persone e non sull'oggetto da comprare. Nel donare ci dovrebbe essere qualcosa che unisce chi dona e chi riceve. I regali che ci facciamo dovrebbero essere visti come uno scambio di messaggi e non solo di oggetti. C'è nell'oggetto o nell'atto di donare anche un consiglio che inconsciamente vogliamo dare e che forse non sappiamo come suggerire. Questo elemento, se presente, vale più dell'augurio e della tradizione da rispettare. La regola del donare, ricevere, ricambiare ha lo scopo di alimentare i legami sociali. Le variazioni del gesto del donare sono infinite e tra i doni offerti ho voluto offrire pagine di cultura: ne riepilogo le più significative.

L'atto del donare è autentico, quando è intersoggettivo, sia a livello pratico che psicologico. Nel dono c'è un messaggio di attenzione all'altro e non di utilità. Il regalo è veramente unico, quando contiene qualcosa del donatore che va ad arricchire, in tutti i sensi, chi riceve il regalo. Uno dei malesseri più sottili e serpeggianti è dovuto a un malinteso di fondo circa la nostra reale natura di esseri umani.

Partiamo tutti - o quasi - dal presupposto di essere soli. Nel bene e nel male. Soli nella lotta per la sopravvivenza, soli nell'avere diritto alle ricchezze e gioie che la vita ci dispensa come giusto compenso per le nostre fatiche, ma a volte anche soltanto per puro caso o fortuna. Il peso di questa presunta solitudine è immenso perché ci impedisce di prestare orecchio ai tanti richiami del mondo che ci circonda, da una parte, e dall'altra ai nostri valori più alti - innati, ma non sempre riconosciuti - che ci guidano verso una visione più vasta di ciò che siamo.

La conoscenza di come stanno effettivamente le cose e di cercarne la causa, continua ad essere il proposito di quanti auspicano la giusta scelta di processi di cambiamento alla situazione di difficoltà che è all’origine del profondo disagio, incertezza e pessimismo, che pare attanagli la nostra attuale società.

La filosofia pratica, ha in comune con quella teoretica il fatto di cercare la verità, ossia la conoscenza di come stanno effettivamente le cose, e di cercare anche la causa di come esse stanno, ossia di essere scienza. La sua differenza rispetto alla filosofia teoretica è che per quest'ultima la verità è fine a se stessa, mentre per la filosofia pratica la verità non è il fine, ma è solo un mezzo in vista di altro, ossia dell'azione, la quale è sempre situata nel tempo presente, cioè non è qualcosa di già esistente, ma qualcosa che deve esser fatto ora. Mentre, insomma, la filosofia teoretica lascia, per così dire, le cose come stanno, aspirando solo a conoscere perché stanno in un certo modo, la filosofia pratica, al contrario, cerca di instaurare un nuovo stato di cose, e cerca di conoscere il perché del loro modo di essere solo al fine di cambiarlo.

E’ andata in crisi la visione del mondo prevalente.[1] Alla base della società industriale vi è la visione “galileiana” del conoscere: “le sensate esperienze e le certe dimostrazioni”. Partendo da questa visione del mondo, nel corso dei “tempi moderni”, si è sviluppato un sistema di linguaggi (modelli, metafore e metodologie) per descrivere e intervenire sul mondo che è sostanzialmente costituito dalla matematica, declinata nella fisica classica. Utilizzando questi linguaggi si è creato quella particolare civiltà che si chiama industriale. Questa visione del mondo, che ha avuto successo perché ha saputo dare origine ad una società, alla fine è diventata egemonica, esclusiva, tanto che il sapere scientifico è diventato l’archetipo del conoscere. Il conoscere come scienza che nasce dalle “sensate esperienze e certe dimostrazioni”. Dopo un completo successo, però, questa esclusività è andata progressivamente in crisi. Sono diventate evidenti “aree di mondo” (dai sistemi atomici, ai sistemi biologici) nelle quali le “sensate esperienze” si sono scoperte essere non eventi di “misura”, ma di creazione del reale. E le “certe dimostrazioni” hanno rivelato la loro identità di “storie” da apprezzare esteticamente, ma non giudicabili con il parametro della verità.



Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.