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Arte pubblica:la committenza difficile.

12/02/2007 21682 lettori
5 minuti

Abstract Tesi di Laurea

Arte pubblica: la committenza difficile

Il caso Napoli e le Stazioni dell’arte

Il presente lavoro di tesi focalizza l’attenzione sull’Arte Pubblica, ossia la realizzazione di opere d’arte destinate a spazi pubblici e commissionate da istituzioni che hanno interessi pubblici.

L’ipotesi da cui è partito il lavoro è che l’arte possa essere un efficace strumento delle amministrazioni pubbliche, centrali e locali, per potersi avvicinare ai bisogni immateriali manifestati dai cittadini nella nostra attuale società, condividendo così una parte, almeno, degli obiettivi della comunicazione pubblica. L’arte stessa, infatti, può essere pubblica non solo per il contesto spaziale in cui viene a collocarsi, ma anche per il valore che acquisisce se posta in un certo contesto sociale.

Il primo passo del nostro lavoro, allora, è stato ricostruire l’evoluzione del significato dell’espressione arte pubblica attraverso gli ultimi decenni, partendo dal suo uso monumentale, di semplice arredo urbano, per arrivare ai due paradigmi dell’arte pubblica, elaborati tra gli anni Ottanta e Novanta, che la letteratura specialistica anglosassone definisce arte site-specific e new genre public art.

Nella ricerca degli strumenti d’analisi dell’arte pubblica, abbiamo poi individuato gli elementi più significativi della stessa, adoperando uno schema proposto dall’artista e studiosa d’arte americana Suzanne Lacy: abbiamo innanzitutto evidenziato l’importanza dell’attività delle istituzioni, in quanto portatrici di riconoscimento pubblico del significato dell’arte, oltre ché di sostegno economico alle attività artistiche. In seguito, abbiamo considerato il ruolo, il valore ed anche il modo di operare degli artisti che, rispetto al passato, si mostrano molto più attenti al contesto di riferimento, ai destinatari delle proprie opere, e anche disponibili a lavorare in gruppo, in maniera collettiva, consapevoli della multidisciplinarità di cui la nostra società è impregnata.

Quindi, abbiamo considerato la problematica del luogo in cui si colloca l’opera d’arte, sottolineando come lo “spazio” fisico si trasformi in “luogo” proprio in virtù dell’interazione che si genera tra opera, pubblico, e spazio.

Il secondo obiettivo della nostra ricerca è stato, poi, capire se esista, e a che punto sia, un sistema dell’arte pubblica in Italia: un sistema, cioè, di sostegno e di committenza pubblica per l’arte contemporanea.

In primis abbiamo analizzato la situazione istituzionale, registrando una certa discontinuità tra le politiche culturali attuali e quelle del passato, con la legittimazione della creazione contemporanea come attività fondamentale per la crescita culturale e sociale del Paese; tale riconoscimento è avvenuto di recente attraverso trasformazioni organizzative, come la creazione, nel 2001, della Direzione per l’architettura e l’arte contemporanea nell’ambito del Ministero per i beni e le Attività culturali. Già nel 1997, però, si era finalmente sottoposta a revisione la legge del 2%, che è l’unica norma di sostegno effettivo all’arte pubblica, in vigore dal 1949.

 In secundis, abbiamo rivolto la nostra analisi alle pratiche concrete d’arte pubblica realizzate in Italia negli ultimi quindici anni, rilevando alcuni aspetti peculiari che derivano direttamente dal contesto “multimunicipale” di riferimento: la committenza di opere d’arte avviene, infatti, sempre più in relazione a specifici obiettivi, soprattutto di recupero e  valorizzazione di particolari luoghi, o anche per la risoluzione e comprensione di particolari problematiche legate alle società locali.

Insieme al localismo di queste pratiche, caratterizza lo scenario dell’arte pubblica italiana la multidimensionalità, intesa come interazione tra artisti e altre figure professionali, per poter analizzare con maggiore attenzione e competenza i temi della committenza: è il caso della Regione Toscana, che con l’arte affronta il tema del multiculturalismo, o anche della Fondazione Michelangelo Pistoletto, che stimola la ricerca artistica multidisciplinare, affinché si superino le incomprensioni che spesso scaturiscono dalla coesistenza delle differenze, e cerca di rinsaldare l’operare artistico alle sfere economica e politica.

Arriviamo così al terzo aspetto risultato come caratterizzante il contesto analizzato: il ruolo fondamentale dei soggetti privati, e in particolare delle fondazioni, che si assumono il compito di essere committenti d’arte per contribuire alla crescita e al miglioramento culturale della società in cui viviamo.

Consapevoli allora che un sistema dell’arte pubblica in Italia esiste, e che mostra le peculiarità appena illustrate, abbiamo voluto applicare il modello di analisi proposto all’inizio del nostro studio, quello riguardante le componenti dell’arte pubblica di Lacy, al caso delle Stazioni dell’Arte della metropolitana di Napoli.  

Di questa iniziativa, abbiamo analizzato prima il contesto di riferimento, vale a dire il rapporto esistente tra le istituzioni pubbliche e il mondo dell’arte contemporanea: è così risultato che, anche per Napoli, città che ha generato e continua a generare molti artisti di fama anche internazionale, prima delle istituzioni pubbliche sono state quelle private, le gallerie e le fondazioni, ad avere un ruolo chiave nel sostegno della produzione artistica, e a comprendere l’opportunità di comunicare con il territorio in maniera simbolica, e proprio per questo talvolta più comprensibile.

A partire dalla metà degli anni Novanta, comunque, l’Amministrazione comunale, ha colto l’opportunità di iniziare un dialogo con il sistema dell’arte contemporanea per recuperare l’identità della città, prima con le installazioni d’autore in Piazza Plebiscito, poi con un progetto più ambizioso e complesso: unire la committenza di un’opera pubblica già molto imponente, la costruzione delle nuove stazioni della metropolitana, a quella di opere d’arte appositamente concepite per quei luoghi ed in stretta collaborazione con architetti che pure dovevano integrare le uscite delle nuove stazioni con il paesaggio circostante.

Il risultato è stata un’operazione culturale di ampio respiro, che ha avuto delle ricadute importanti innanzitutto dal punto di vista architettonico e urbanistico, recuperando aree della città che avevano perso vitalità, o erano abbandonate al degrado, dando a queste una nuova identità, un nuovo volto, senza però cancellarne il passato.

 Inoltre, si è reso il viaggio metropolitano, che è certamente alienante per chi lo vive quotidianamente, un’opportunità di conoscere, apprezzando o anche criticando, le opere d’arte di grandi nomi del panorama internazionale, ma anche italiano e locale: Bonito Oliva l’ha definita <<una sorta di educazione subliminale>>, <<una scuola dell’obbligo per lo sguardo>>, riflettendo sul fatto che il viaggiatore non potrà non offrire lo sguardo, anche solo per un attimo, alle opere che compaiono lungo il suo cammino.

Alla fine della nostra analisi, per la valenza estetica del risultato dell’iniziativa, per la valenza anche etica che questa ha assunto, ed inoltre per le modalità di progettazione e realizzazione della stessa, fondate sulla partecipazione e il confronto tra portatori d’interesse differenti, abbiamo ritenuto di poter qualificare effettivamente il caso delle Stazioni dell’arte come un esempio concreto e significativo di arte pubblica che sposa gli obiettivi anche della comunicazione pubblica.

Inoltre, l’analisi su un caso specifico come il nostro ci ha consentito di trarre alcune importanti conclusioni rispetto agli altri due obiettivi che ci eravamo posti all’inizio del lavoro.

Innanzitutto, l’esperienza analizzata ha reso evidente che l’arte pubblica è una pratica complessa, <<difficile>>, come affermato nel titolo del nostro lavoro: esige assunzione di responsabilità, progettualità, cura nel lungo periodo, pertanto l’arte pubblica è tale anche perchè richiede l’intervento delle istituzioni, che sono le uniche a poter assicurare queste caratteristiche a qualsiasi tipo di progetto.

Allo stesso tempo, però, l’arte, è stata, ed è ancora, un’attività assolutamente fondamentale per la società, uno stimolo alla sua crescita intellettuale, un veicolo di messaggi ad alto contenuto valoriale e comunque finalizzati al miglioramento della qualità della vita; anzi, il linguaggio artistico appare molto più adatto, rispetto ad altri, per affrontare le tematiche più significative del mondo attuale, ad esempio quelle del nomadismo e del multiculturalismo.

Tutte le esperienze analizzate, e in maniera più evidente il caso di Napoli, hanno manifestato, poi, il valore relazionale dell’arte pubblica, l’opportunità di dialogo e di confronto tra soggetti con interessi e punti di vista differenti, ma altrettanto necessari alla sfera comune, per cercare delle soluzioni condivisibili a problematiche sociali o territoriali, e la condivisione delle responsabilità che queste soluzioni comportano.

Si è delineato, così, un profilo dell’arte pubblica che possiamo considerare attinente a quello della comunicazione pubblica, rivolto, fondamentalmente, a scopi di pubblica utilità.

Ciò che auspichiamo, allora, è che si consideri in maniera più ampia e costruttiva il ruolo che la produzione artistica contemporanea può giocare nelle politiche pubbliche, sia di tipo centrale che di tipo periferico, garantendo continuità e durata alle iniziative che oggi si intraprendono.