Bentornato. Accedi all'area riservata







Non ti ricordi i dati di accesso?Recupera i tuoi dati

Crea il tuo account

2 SHARES

uno spettatore piccolo piccolo

02/03/2007 19:40:00 12930 lettori
4 minuti
È l'alibi per svolgere senza impegno un lavoro importante: produrre banalità, infatti, costa poca fatica. La realtà è ricca di ambiguità e nessuno ha mai potuto raccontarla in modo adeguato. Non ci è riuscita, in particolare, la televisione. Eppure i dirigenti delle reti tv sono convinti di conoscere perfettamente il mondo e il pubblico. Di quest'ultimo, hanno però una visione estremamente condiscendente. Chiedono allora agli autori di schematizzare, rassicurare, essere didascalici. In questo modo, il materiale filmato viene pilotato, e i contenuti diluiti, adattati al minimo denominatore comune. Un modo di intendere la comunicazione che esprime un profondo disprezzo per le persone, e un'insopportabile condiscendenza. La televisione, invece, dovrebbe essere vivace, coraggiosa, provocatrice. Io, come autore di documentari, non voglio rendermi complice di questa omologazione. La realtà è complessa, e se i miei documentari non lo sono altrettanto, allora significa che non la rispecchiano, non hanno valore. E non disdegno mai l'ironia: il mondo offre un'infinità di situazioni intrinsecamente comiche. Quanto al pubblico, penso sia inutile cercare di anticiparne le reazioni per accontentarlo. Personalmente, ho delle difficoltà a decifrare i miei pensieri: come potrei prevedere quelli degli altri? Chi lavora con l'immagine può solo supporre che lo spettatore potenziale sia intelligente, o stupido, esattamente quanto lui, e operare con il maggiore impegno possibile. Evito, perciò, di accompagnare le mie immagini con commenti didascalici: è importante lasciare a chi guarda la possibilità di muoversi liberamente all'interno di una sequenza filmata, e di trarre da solo le proprie conclusioni. Questa è la ragione per cui mi rendo indipendente, producendo io stesso i miei documentari, che sono però sempre finanziati, e programmati, anche da canali tv. Rifiuto comunque che i finanziatori entrino in sala di montaggio per dirmi come procedere, e sono pronto a rinunciare a una vendita pur di non tradire il mio desiderio di autonomia. Questi sono gli impegni che io, come regista, mi assumo. Ma anche lo spettatore ha le proprie responsabilità, che sono poi simili: evitare di porsi in modo passivo, mantenersi autonomo e capace di riflessione. Certo, tutto questo richiede fatica, e molta disponibilità. In fin dei conti, abbiamo tutti lo stesso dovere: scuoterci della pigrizia, metterci in gioco e usare noi stessi, con il nostro vissuto, la nostra cultura e la nostra sensibilità, come lenti di ingrandimento per leggere la realtà.
vittoria squitieri
vittoria squitieri

Ha studiato grafica pubblicitaria e arti visive alla School of Visual Arts e al Center for the Media Arts di New York, città dove ha vissuto e lavorato dal 1982 al 1989.
Dopo una significativa esperienza nella produzione cinematografica e televisiva presso la VIDI Cinematografica a Roma, nel 1992 si trasferisce a Milano dove si specializza nel marketing editoriale e culturale.
Dal 2002 a oggi, collabora come consulente marketing e fund raising per il settore eventi, cultura ed entertainement.