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Fare Impresa (di comunicazione) a Napoli

24/05/2007 13132 lettori
4 minuti

Essere giovane imprenditore a Napoli.

Ovvero, una storia di regolare ostruzionismo

Questa memoria vuole essere la testimonianza più autentica delle difficoltà umane ancorché ambientali nelle quali un giovane, che vuole fare Impresa a Napoli, si imbatte.

La mia storia diventa difficile non appena percepisco che sono in crescita e che è possibile fare qualcosa di serio, a Napoli. Nel maggio del 2004 registro infatti un interesse da grandi aziende, tra le altre Auricchio e Barilla, e riesco a mettere a cena, per la prima volta, gli ambasciatori di Israele e Palestina, Riesco a farlo qui, a Napoli, città in cui, questo lo slogan partorito dalla mia passione (professionalità!), “il Mediterraneo e la buona tavola uniscono popoli e culture diverse”.

Il desiderio, mai celato alle istituzioni, apparve subito chiaro a tutti i commensali (industriali alimentari e destra-sinistra di Governo nazionale e locale): realizzare a Napoli una manifestazione fieristica sull’alimentazione che potesse dare coraggio, incentivare relazioni economiche, dare finalmente un segnale di speranza e di rilancio.

Mediterraneating, questo il neologismo nato a tavola avrebbe consentito di voltare pagina da un livello mediocre di manifestazioni messe in campo a Napoli.

Credo fortemente che ciascuno, attraverso il proprio lavoro ordinario, possa rendere testimonianza di un Amore, di un Impegno, di una Storia più grande, vera ed eterna. Uno stile ed una visione del lavoro personale ma intensa, subito percepita da chi mi ha affiancato in questi anni in cui - ancora oggi nonostante i colpi subiti, professionali ed umani - vivo un’etica del lavoro e dell’impresa che rispecchia la mia fortissima fede cattolica.

Atto 1° La prima manifestazione è all’insegna di un lavoro estenuante, che spesso mi trattiene in ufficio fino a mezzanotte, ma che infine mi premia portandomi un risultato straordinario: in appena 3 mesi oltre duecento aziende prendono parte a “Mediterraneating”. “A Napoli si può”, questo lo slogan che lanciai allora, pur non nascondendo le difficoltà del tessuto professionale che stentava ad essere coinvolto nel profondo, “a Napoli si può”. Investii tutti i soldi incassati nel brand, consapevole che questo avrebbe significato fare una fiera vincente: puntare sul futuro… Una sola azione spot non sarebbe bastata.

Atto 2° A dicembre 2004, firmo un contratto definito “capestro” dai miei avvocati, perché difende unilateralmente i diritti della sola Mostra d’Oltremare; vengo indotto dal Presidente e dal Direttore alla firma perché “tanto ogni eventuale difficoltà occorsami, sarebbe stata oggetto di incontri e verifiche periodiche; tutti gli organizzatori firmano questo tipo di contratto; sai, dobbiamo tutelare questa azienda, essendo l’unica area fieristica…”. E così tra sorrisi e strette di mano, parte la seconda edizione della manifestazione.

Atto 3° Per questa edizione, novembre 2005, mi accorgo di avere una missione difficile, non condivisa (ma forse nemmeno capita) dalla governance politica. Ma vado avanti: capisco che solo la continuità e la programmazione può innescare un fenomeno di cambiamento, una crescita di credibilità del nostro sistema territoriale. In altri termini, mi era chiaro che un’edizione fieristica non regge: occorre la continuità e la professionalità. Ecco perché credemmo di realizzare, con ancora maggiore entusiasmo, una seconda edizione vincente. Ma mi resi presto conto che gli impegni assunti dalle istituzioni possono sciogliersi come neve al sole. In particolare quelli assunti dal Mipaaf.

In ogni caso la seconda edizione si realizzò comunque, e nel rendicontare i risultati economici, in perdita, provvidi a chiedere un incontro urgente col Presidente Cercola.

Ed ecco che venne giù la maschera.

Il senso di questo scritto è qui: una testimonianza assoluta sul livello assai modesto (e voglio essere generoso) di questi amministratori pubblici a capo di un’azienda (pubblica) partecipata, attenti non al bene comune, non agli sforzi oggettivi sulle iniziative, non alla vita delle imprese, non al giudizio professionale sulle persone ma solo ad una mera verifica delle opportunità e delle contingenze legate alla politica delle appartenenze. Una logica miope, tutta politica, ma con la p minuscola.

Una miopia accentuata da un vento che soffiava forte nel gennaio 2006, un vento particolare, tutto politico: le elezioni erano in vista in quel periodo.

E così le difficoltà che un giovane onesto, pulito, rigoroso ed attento si trova dinanzi diventano spaventose, insormontabili. Eppure, anche di fronte a queste, sono convinto, oggi come ieri, che non si deve scappare; “non bisogna avere paura”, bisogna vivere tutto fino in fondo, dire la verità, vivere nella Verità, perché solo questa adesione al Vero ci rende liberi.

Questa testimonianza che vi rendo mi emoziona perché so che nello scriverla, potrei non vedere il giorno in cui arriverà la parola conclusiva.

Atto 4° A dicembre 2005 mi appare chiaro che va rinegoziato il rapporto con la Mostra d’Oltremare: in queste condizioni diventa impossibile fare la terza edizione della fiera (la seconda da contratto ndr). Il continuo (sempre verbale) ondivagare, tergiversare, rassicurare verbalmente e ammonire per iscritto della Presidenza MdO nei miei confronti era comprensibile solo per l’attivismo dei diversi organizzatori, “competitors” comunque sospinti dalle contingenze politiche.

L’unico dato vero è che io chiedevo un tempo di ragionamento assieme, un incontro con il Presidente e il direttore per capire se gli ostacoli della macchina amministrativa che vedevo oramai profilarsi, non solo nel Ministero delle Politiche Agricole ma anche e soprattutto a livello regionale, si potevano superare. Assieme. Come spesso mi veniva detto. Ma niente non c’era mai tempo per un incontro.

Atto 5° candidatura Nel frattempo la città è in ginocchio e appare all’orizzonte un candidato capace almeno di innalzare il livello competitivo. Convinto che la competizione in Politica è necessaria per migliorare la qualità del personale umano e rendere più aderente ai cittadini, agli elettori, l’operato concreto. Malvano andava aiutato anche a costo di impegnarsi pubblicamente: iniziai a collaborare per la stesura del programma; mi ritrovai candidato a Presidente proprio nella X Municipalità , quella della MdO per il centro destra. La cosa non piacque ai principali azionisti della Mostra: cioè il Comune di Napoli.

Atto 6° Così La Mostra d’Oltremare chiese i soldi con una veemenza inusitata, tutta tesa a esasperare la mia persona, a questo punto incapace di riuscire a gestire il quotidiano privato e di lavoro, nonchè l’eccezionale momento di campagna elettorale. Mi chiesero i soldi, tanti e subito, a saldo della manifestazione 2005, proprio loro che non davano appuntamento, colore i quali non rispondevano alle mie richieste di incontro e di dialogo, ad Aprile si fanno avanti con minacce di azioni giudiziarie.

Con la Mostra nel 2006 occorreva trovare subito i soldi – mi dicevo tra me; ma per fare cosa?- non sapevo rispondere.

Atto 7° La risposta si palesa alla scoperta che il competitor “Elementi” viene confermato dalla Mostra a dicembre 2006. Vergogna! Dopo il Meeting sull’alimentazione Mediterranea si sarebbe tenuta Elementi-Sapori,Suoni e Colori del Mediterraneo. Mi chiedevano soldi per farmi fare poi una fiera che definire impossibile è poco. Sarebbe stata inutile, falsa, farsa. Mi volevano morto anche nella dignità.

Atto 8° Cosa fare? Con la fiera “Elementi” dopo due settimane dalla nostra terza edizione di Mediterraneating non sarebbe stato neanche pensabile organizzarla: il mio competitor abbondava di ogni tipo di patrocinio pubblico possibile (solo successivamente scoperti come falsi. ndr), in più noi, dal canto nostro, non siamo in grado di pagare subito ma… Pago. Appena la Deutsche bank mi autorizza un fido straordinario, sostenuto e garantito da Enrico Auricchio, mio socio di minoranza. Pago oltre 85.000 euro per non fare più la mia fiera: riesco a farlo non appena la banca mi innalza lo scoperto sul conto. Operazione rischiosa ma inevitabile, i soldi del 2005 avrei dovuto versarli e comunque pagavo per non fare più la terza manifestazione. Fui chiaro e per questo mi feci accompagnare dall’avvocato Massara. “Pagavo e non facevo più la fiera 2006” questa condizione sarebbe stata riportata nell’atto affidato a Massara per la redazione e l’invio alla Mostra. Tutto perfetto, tutto chiaro tra Galantuomini dove vige la regola della parola: pagavo pur non avendo la protezione di un “accordo scritto”, unica mia garanzia giuridica. Unica mia ingenuità.

Atto 9° Così definito l’affaire, partivo per gli USA per un master annunciato anche nella riunione con la Mostra d’Oltremare. Ma a questo punto della storia Cercola si è mostrato “approfittatore”: sapeva che partivo per gli USA ma ci scrive con l’avvocato Imparato cambiando le carte in tavola: il Presidente Cercola chiede soldi anche per uscire. E la trasparenza che sembrava caratterizzare il rapporto si rivelava ora unilaterale.

Atto 10° trattative respinta. Io non ho soldi da offrire per coprire un errore di buona fede, il resto è storia recente. La società rischia il collasso e l’Ente Fiera preme con motivazioni pretestuose.

Conclusione

Altro che supply chain, altro che “professori”, altro che professionisti, “Aiutiamo i giovani”?!…Solo slogan vuoti, senza seguito, l’ho verificato, purtroppo, sulla mia pelle. E’ per questo che scrivo queste mie, come monito per gli imprenditori che si imbatteranno in tali situazioni. Attenzione, questa classe dirigenziale non rispetta la propria parola, non perdona le ingenuità, ma le trasforma in armi. E poi te le usa contro.

Attenzione.

ATTENZIONE AI NAVIGANTI: VENTI ANNI DI MALAPOLITICA HANNO GENERATO DEI MOSTRI NELLA SOCIETA'. E' SEMPRE PIU' DIFFICILE TROVARE NEI GIOVANI DI NAPOLI QUELLE PERSONE GENEROSE, UMILI BRILLANTI E ORGOGLIOSE DI UN TEMPO. QUELLA DIGNITA' ED ELEGANZA DI UN TEMPO HA CEDUTO IL PASSO ALLA GRETTEZZA E AL PRESSAPOCHISMO, SINTOMO DI PAURA E DI SFIDUCIA VERSO SE STESSI... A BUON INTENDITOR, POCHE PAROLE!