comunicAzione (n°16)
In questa puntata avremo il racconto di una studentessa di SdC che ha fatto uno stage presso la Peggy Guggenheim Collection di Venezia.
Ciao C., ci racconti un po' in cosa consisteva lo stage che hai avuto occasione di fare?
Si tratta di uno stage polivalente, nel senso che le persone che lo svolgono, giovani italiani ma soprattutto stranieri, si alternano a rotazione nei compiti.
Dunque ho avuto modo di lavorare all'interno dell'ufficio marketing, nell'organizzazione d'eventi speciali, nelle PR, mi sono preparata nei Peggy Talk (ossia nel racconto, in Inglese e in un'altra lingua, della vita di Peggy Guggenheim), negli Short talk su una o più opere esposte, ho seguito la rassegna stampa e sono stata anche al guardaroba o a sorvegliare le sale.
Ho partecipato inoltre a seminari con tutto lo staff del museo per valutare scelte sulla gestione, ad esempio valutando come cambiare la disposizione della Galleria o come/con cosa sostituire momentaneamente quadri dati in prestito e via dicendo, attività che richiedeva anche uno studio preliminare sulle opere.
In effetti comunque molti di questi incarichi potevano essere scelti facoltativamente.
Lo stage in ogni caso aveva carattere di studio, per cui ogni sera c'erano conferenze o lezioni, a volte tenute da docenti, altre volte invece gestite da aziende che si occupano d'arte o di design, tutti gli stagisti erano tenuti inoltre a prepararsi un seminario di due ore in inglese da tenere davanti al resto dello staff alla fine del proprio periodo di permanenza.
Come sei arrivata a quest'esperienza? Gli studi che stai facendo hanno avuto una loro importanza nel reclutamento?
Ho trovato da sola lo stage, mi sono sempre interessata d'arte, specie contemporanea, ed in più avevo voglia di fare qualcosa di pratico, sono stata in Erasmus in Germania ed ho visto che rispetto a noi italiani i giovani europei fanno davvero molte esperienze concrete.
Dunque mi sono presentata al Museo, ho chiesto, ho fatto un colloquio con il responsabile degli studenti/stagisti e poi ho superato le varie selezioni, soprattutto grazie alla mia conoscenza delle lingue ed agli esami d'arte fatti all'estero.
In effetti i miei studi non hanno contato molto, anche perché c'è già un accordo con le Università d'arte che mandano loro i candidati, tuttavia ora dovrebbe partire un contatto con Scienze della Comunicazione, in vista del rafforzamento delle Pubbliche Relazioni.
Qual è il bilancio dell'esperienza?
Sono soddisfatta, tanto è vero che continuo a collaborare facendo visite guidate una volta ala settimana, si tratta di uno stage "totale", che non lascia tempo per nient'altro, ed in più svolto a contatto con gente di tutte le provenienze (di venti stagisti solo in due erano italiani, infatti dentro si parla sempre in inglese), per cui ti senti quasi in un altro mondo.
Lavori dalla mattina alla notte (il Museo ti trova l'alloggio a Venezia) ed una cosa bella è che hai molta responsabilità, perché in realtà oltre agli stagisti non c'è tanto altro personale.
Che consigli ti senti di dare a chi deve intraprendere una simile esperienza o comunque uno stage in generale?
Io penso che sia davvero importante essere capaci di muoversi, fisicamente e con la testa, se uno sta fermo e non coglie le possibilità e gli spunti che ci sono attorno non ottiene nulla.
D'altra parte queste esperienze bisogna farle solo se si vuole, altrimenti non si gustano nemmeno.
Bisogna in ogni caso essere reattivi, perché di cose da fare in giro ce ne sono tante, basta tenere gli occhi aperti e sfruttare queste proposte e questi stimoli.
Diciamo quindi che il mio consiglio è di essere sempre attivi e pronti a cogliere le occasioni e di non adagiarsi e dormire per lamentarsi che non ci sono sbocchi ed opportunità pratiche.
Grazie C., anche per i consigli, alla prossima.
Vai alle altre esperienze >>
Vuoi raccontare la tua esperienza? Scrivi al curatore della rubrica.