Spostare la campagna.
Asti, la mia città, conta più o meno settantacinque mila abitanti, distesi sulle colline. E' arredata da manifesti, locandine alle vetrine, qualche adesivo sui pali. Nient'altro. Asti, arrivata al suo 2007, non ha ancora visto nessun genere di pubblicità non convenzionale. C'è stato un caso isolato, che si avvicina alla definizione. Bar e ristoranti della città e della campagna, a metà maggio, hanno ricevuto diecimila bustine di zucchero con sopra uno Zorro ed una data, ovvero l'inaugurazione del Festival Letterario Passepartout di quest'anno, dedicato appunto all'eroe leggendario. Chi se l'è trovate per le mani, è rimasto stranito ed entusiasta, e la pubblicità ha permesso di parlare molto della manifestazione, prima durante e dopo. Prova che, se è vero che il consumatore è sempre più smaliziato, è anche vero che non perde la capacità di stupirsi con azioni intelligenti e non fini a se stesse. Eppure è altrettanto vero che una trovata del genere sarebbe passata totalmente inosservata in una grande città.
Roma, Milano, Genova, Napoli, qualche località estiva di tendenza. Perché le azioni di guerriglia marketing sono confinate nelle grandi città italiane? Chi vive in una grande città è assuefatto dalle forme di comunicazione non convenzionali, mentre nelle piccole, la maggior parte ne ignora l'esistenza. L'unica esperienza diretta con materiale pubblicitario non usuale avviene su internet, con i Caroselli del duemila: i video virali. E' più importante rintracciare punti strategici nelle grandi città, oppure coinvolgere piccole città strategiche? Un'azione non convenzionale in una piccola città avrebbe senz'altro una forte risonanza, perché i piccoli centri sono il regno del passaparola.