Bentornato. Accedi all'area riservata







Non ti ricordi i dati di accesso?Recupera i tuoi dati

Crea il tuo account

2 SHARES

Pico della Mirandola, eroe prometeico per un secolo di rivolta...

30/08/2007 26350 lettori
6 minuti

Di Pico della Mirandola è rimasta proverbiale la prodigiosa memoria: si dice conoscesse a mente molte delle opere su cui era fondata la sua cultura enciclopedica e che sapesse recitare la Divina Commedia al contrario,partendo dall'ultimo verso,impresa che pare gli riuscisse con qualunque poema appena terminato di leggere.

Giovanni Pico Della Mirandola (Mirandola 1463 - Firenze 1494). Morto a 31 anni.Nacque presso Ferrara e si formò all'università di Bologna. Discepolo di Marsilio Ficino, padrone di numerose lingue, tra le quali l'ebraico e l'aramaico, proprietario di una delle biblioteche più ricche del suo tempo per le opere relative al pensiero delle religioni monoteiste.

E’ l'ideale dell'umanista.
Uno degli uomini più ricchi dell'Italia del suo tempo.

A 24 anni volle riunire a Roma, un concilio privato, nel corso del quale avrebbe sostenuto, in presenza del papa e dei maggiori teologi, le sue nuove cento tesi di

Conclusiones philosophicae, cabalisticae et theologicae.

Il papa, che giudicava eretiche alcune di quelle tesi, si oppose al progetto di cui ci rimane soltanto il discorso d'apertura dell’autore, mai pronunciato e pubblicato dopo la sua morte. Nel Discorso sulla dignità dell'uomo si preoccupò del posto dell'uomo nella natura: la dignità dell'uomo deriva dalla sua posizione centrale nel mondo: intermediario tra lo spirito e la materia, tra il tempo e l'eternità.

L'uomo sarà ciò che vorrà divenire, ciò che farà di sé stesso.

Nel "De ente et uno", testo rivolto ad un amico e relativo alla questione dei rapporti tra l'Essere e l'Uno, difende i due concetti, e l'accordo di Platone e di Aristotele su questo aspetto.

Studia la cabala e tenta di commentare la Bibbia.

Muore nel 1494, nel momento in cui progettava di scrivere un libro sulla Concordanza di Platone e Aristotele.Un anno prima, il papa Alessandro VI lo aveva assolto da ogni accusa di eresia

Giovanni Pico e la sua leggenda

Il poveretto era stato ridotto a poco più che un nome, considerato quasi in modo ridicolo, in quanto l'ironia di Voltaire lo aveva relegato nell'oblio. Ciononostante, nel XIX secolo "inventarono" il Rinascimento, e Giovanni Pico rinacque.Occorreva attribuirgli il segno del fermento innovativo, l'intuizione delle cose future e delle nuove prospettive…  

Doveva assumere il ruolo di profeta ispirato dalle nostre emancipazioni moderne.  
Per sua sfortuna, aveva scritto una delle più belle pagine della letteratura neolatina, un "discorso molto elegante" al quale la posterità avrebbe dato il titolo di

Discorso sulla dignità dell'uomo.
Un testo "spirito" del Rinascimento italiano, ma di questo testo ricorderà le parole con le quali il Creatore si rivolge al primo uomo,dandogli il privilegio della libertà.

Il paragrafo è il seguente: 

"Ti ho posto al centro del mondo affinché tu possa contemplare al meglio ciò che esso contiene. Non ti ho fatto né celeste né terrestre, né mortale né immortale, affinché da te stesso, liberamente, come buon pittore o provetto scultore, tu plasmi la tua immagine.Puoi degenerare alla bestialità o elevarti alla divinità. Gli animali ottengono dal corpo della loro madre tutto quel che è loro necessario a vivere e gli spiriti più alti sono - fin dall'inizio o immediatamente dopo di esso - qualsiasi cosa decidano di essere per tutta l'eternità.Ma l'essere umano è colui al quale il Padre dona, al momento della nascita, i semi ed i germi di qualsiasi caratteristica della vita, quegli stessi semi e germi che egli coltiva, fa crescere dentro di sé e trasforma in frutti".

A partire da questo passaggio, si pensa di scoprire  la sua dottrina,manifesto di tutto l'umanesimo rinascimentale:

visione prometeica dell'uomo libero, padrone del suo destino, oramai solo responsabile del suo divenire e delle sue scelte.

È così che Pico diventa il prototipo dell'umanista del quattrocento ed entrerà a far parte del mito
Ha scritto ,oltre alla sua celebre Oratio.

L’Opera omnia, curata, insieme alla biografia, da suo nipote Francesco.Comprende più di 730 fogli.
Per quanto riguarda il contenuto l'Oratio non propone alcuna idea nuova.

Pico fornisce una concezione grandiosa ed esaltante dell'uomo, ma si tratta solo della visione cosmocentrica che colloca l'uomo al centro di un mondo preesistente.
L'uomo ha la missione di contemplare l'ordine dell'universo.
Qui si dispiega la sua libertà, ma è una libertà di accettazione o di rifiuto, mai una libertà di creazione.
Perciò può scoprire tale ordine nella natura, ma non può modificarlo, né sostituirlo con il proprio.
Non può essere una sua legge. Non è autonomo
Questo contenuto è presentato in modo convincente: è questo che ha prodotto la gloria dell'Oratio che si distacca dalle altre opere scritte in una lingua più vicina allo  stile "di Parigi", proprio della scolastica, che non allo stile prezioso degli umanisti.
Con grande scandalo di costoro, aveva difeso gli scolastici, anche se questi scrivevano in un latino "barbaro", perché  in filosofia soltanto il contenuto è importante.  
Il vero filosofo giudicherà indegno infiorare il proprio discorso con la retorica.
Il fatto che abbia scritto l'Oratio in un latino letterario è in linea con le attese dei circoli umanisti; al contrario, dopo avere fornito la prova della sua padronanza del latino classico, sceglie di scrivere delle opere in un latino scolastico.

L'elegante Oratio non sarà mai pronunciata né pubblicata durante la vita del suo autore; ciò non impedirà ad un secentista francese di vedere nel "celebre discorso di Pico, una proclamazione dell'avvenimento di un modo nuovo in cui l'uomo prende coscienza della sua funzione eminente".  

Ma questa è la potenza dei miti.
Pico, giovane, bello e ricco, ospite adulato delle più nobili corti d'Italia, aveva manifestato  il suo genio, prima che gli dei gelosi mettessero prematuramente fine ai suoi giorni: mori in circostanze  misteriose, all'età di soli 31 anni.

Che cosa c'è di più romantico di questa morte ingiusta che falcia un uomo di grandi promesse nel pieno della giovinezza?

Si era  dato alla magia, aveva decifrato gli arcani della Cabala e aveva scoperto il segreto delle scienze occulte e delle tradizioni ermetiche. Soprattutto si era recato a Roma per affrontare un dibattito pubblico con i più famosi dottori della cristianità. Il dibattito era stato proibito e  molte delle sue affermazioni erano state condannate come eretiche da un gruppo di teologi reazionari. Scomunicato, aveva dovuto fuggire in esilio per evitare la vendetta papale.

Pico  fu questo eroe prometeico per un secolo di grandezza, di rivolta e d'orgoglio

Tale è la leggenda di Pico; accumulando fatti, per lo più veri, ma ingigantiti dalla memoria , abbiamo un'immagine di Pico erronea che nasconde la  sua vera collocazione nella storia delle idee.
Cerchiamo di evocare un personaggio più reale: Affascinato dal neoplatonismo, sarà sedotto da varie dottrine esoteriche che richiamano quelle della New Age alla quale si dedicano molti dei nostri contemporanei.

Scoperta del neoplatonismo
A Firenze si lascerà  attrarre dalla lettura delle Enneadi di Plotino,scoprendo il neoplatonismo
Lo stesso Plotino, aveva sottolineato la continuità dalla materia all'Uno, dall'uomo a Dio
Un Dio accessibile si rivela nella sua dottrina, ma anche un Dio misterioso, situato al di là dello stesso Essere e quindi al di là di ogni comprensione umana.
Si capisce che la dottrina di Plotino abbia sempre esercitato un'attrattiva molto potente sulle anime mistiche
L'universo formerebbe un essere vivente, un "animale cosmico" in cui esistono equivalenze tra cose, ma anche tra cose e rispettivi simboli.

In questa visione poetica dell'universo, le scienze "occulte" sembravano avere una giustificazione razionale. Così  l'astrologia e le magie  trovavano una sistemazione "naturale" entro la cosmologia plotiniana.

Da qui il fascino che ha potuto esercitare - e che esercita tuttora - sugli spiriti disorientati dall'abbandono delle antiche certezze.

Senza dubbio anche Plotino predicava una dura ascesi nella  purificazione dell'anima mediante una ricerca, ma dedicandosi a tradizioni esoteriche stravaganti ...richiamandosi a Ermete,Orfeo e Zoroastro, avrebbe lasciato sempre più spazio alle pratiche magiche, facendo sperare in un contatto immediato con l'al di là:

La New Age è a portata di mano…
è comprensibile che il giovane Pico, accolto come "eroe" nella accademia fiorentina e immerso in quella atmosfera, si sia lasciato attirare da questa  esaltazione: le spiritualità offerte ai nostri contemporanei conoscono lo stesso successo.

Si comprende perciò come Pico si lascerà tentare dalle scienze occulte e le loro continue promesse .Poté  sperimentare come la ricerca magica avrebbe potuto offrirgli una conferma della cosmologia neoplatonica e della metafisica da essa presupposta. Tuttavia niente indica che  abbia mai tentato una simile esperienza.

La "Disputa romana"
Nel marzo del 1486, dopo un soggiorno di parecchi mesi a Parigi, ritornò a Firenze. Fu allora che, nell' esuberanza  dei suoi 23 anni - convocò, in un dibattito, gli spiriti più dotti della cristianità, per discutere  una serie di "tesi" relative a tutti i campi del sapere. Impaziente di raggiungere  la gloria e volendo dare risonanza  alla sua "disputa", decise che il dibattito avrebbe dovuto avere luogo a Roma.
Gesto da gran signore, propose di accollarsi le spese di tutti quei dottori che avrebbero potuto permettersi il viaggio…
La maggior parte dei suoi contemporanei videro nelle sue tesi, nel numero mistico di 900,  l' esposizione di un'erudizione superficiale unita ad una  pretesa di universalità.

Così nascerà la leggenda alla quale farà allusione anche Pascal, secondo cui Pico avrebbe preteso di discutere (tutte le cose conoscibili)

Tutto questo avrebbe portato alla scomunica di Pico da parte del papa Innocenzo VIII.

I nunzi apostolici ricevettero l'ordine di catturarlo. Grazie alla protezione del re ed agli  interventi di Lorenzo de Medici, Pico che aveva tentato di sfuggire alla persecuzione riparando in Francia, riottenne la propria libertà e ritornò in Italia per stabilirsi a Firenze dove Marsilio Ficino lo accolse.
Censura del dibattito pubblico da parte delle autorità ecclesiastiche, condanna, fuga ed esilio del loro autore: tanti elementi sufficienti per fare di lui un eroe.

Contrariamente a quanto avrebbe voluto questa leggenda,la  maggioranza dei teologi nominati da Innocenzo VIII si dichiarò dalla parte della via moderna.
Questi teologi "moderni" erano  quelli che Pico avrebbe  definito " nominalisti".Li aveva conosciuti durante il suo soggiorno a Parigi dove occupavano posti di riguardo.

Al contrario di questi "moderni" vi erano i sostenitori della "via antiqua "che appoggiavano il ruolo di S. Tommaso.Per quello che riguardava la scolastica, mostrava preferenza per gli orientamenti tomisti. Perciò  i giudici che lo condannarono rappresentavano l'avanguardia della teologia, mentre Pico aveva il ruolo del conservatore.

Critica del neoplatonismo e ritorno ad Aristotele
Lo scacco della disputa romana era stato totale: Nessuno dei dottori si mise in viaggio per ascoltarlo, le sue Conclusiones erano state gettate nel fuoco ed egli aveva dovuto mettere da parte la sua elegante Oratio.
Ciò è sufficiente a prostrare un uomo: Pico dovette rimettere in discussione i propri atteggiamenti
Nel suo "De ente et uno", avrà l'audacia, contro lo stesso Ficino e contro l'opinione del Magnifico, di criticare la tesi fondamentale di tutta la tradizione neoplatonica, la quale pretende che "l'uno sia superiore all'essere".
Negare il primato dell'Uno equivaleva a toccare nel vivo le opere del neoplatonismo e, soprattutto, rifiutare questa "visione globalizzante" che aveva affascinato gli spiriti più illuminati dell'epoca, ma della quale adesso aveva compreso le dimensioni e le implicazioni..
Come sarebbe possibile, in questo cosmo distinguere ancora tra l'ordine del sacro e l'ordine del profano, tra causa prima e cause seconde?
Tale era, secondo il  neoplatonismo, questa rappresentazione della natura, caratteristica dell'umanismo italiano del Quattrocento, che per un momento segnerà le forze del pensiero occidentale.
Secondo Aristotele questa rappresentazione appare come una regressione, per  quanto riguarda la definizione che l'uomo fa di sé stesso, della sua relazione con il mondo e della cosmologia che presuppone.
È tramite questa critica che il

“De ente et uno” segna una svolta nel percorso di Pico che ritorna ad un linguaggio più sobrio  in cui indica  demarcazioni chiare tra i differenti livelli della realtà.

E' evidente questa revisione nei dodici libri delle

Disputationes adversus astrologiam divinatricem, critica  dell'astrologia, alla quale consacra tutte le sue energie.
Rimasta incompiuta, questa monumentale opera verrà pubblicata da Giovanni Francesco dopo la morte dello zio.
Le Disputationes sono significative perchè PICO include non solo l'astrologia, ma tutte le scienze occulte 
Queste "superstizioni" svaniranno  non appena sarà stata annientata l'astrologia, loro "padrona e regina".
La scienza greca non deve niente alle rivelazioni egiziane o caldee, ma  è " basata sulla dimostrazione più rigorosa" e così Pico critica  quelle tradizioni esoteriche che, ai tempi dell'Oratio, lo avevano entusiasmato.

 Zoroastro, questo "principe dei maghi", viene coperto di ridicolo per non essere stato capace di predire la propria sconfitta nella battaglia in cui avrebbe perso la vita.

La metamorfosi  di Pico è più vistosa quando parla del rapporto che lega l'ordine naturale e quello soprannaturale.
Per il neoplatonismo, ogni evento (sia  celeste che terrestre) si trasmette per "risonanza simpatica" a tutti i livelli del reale che si influenzano reciprocamente e gli ordini celeste e terrestre, naturale e soprannaturale si fondono in una continuità tale che diventa impossibile trovare una distinzione.
È l'idea di quella continuità che Pico critica nelle sue Disputationes, affermando in uno dei suoi capitoli che:
"I miracoli divini non sono  causati dagli astri, ma gli avvenimenti miracolosi sono significati dagli avvenimenti miracolosi  così come le cose naturali sono indicate da altre cose naturali".

Deluso,non crede più che l'animo umano possa, "dal basso", unirsi al suo Principio grazie ad  un'ascesi intellettuale.

L'ordine della ragione non è l'ordine della fede, e non è possibile passare gradualmente dall'una all'altra.Legame con il passato, ma anche presagio dell'avvenire, in quanto vediamo già sorgere questo dualismo che prefigura quello di Cartesio.
Pico è un precursore della modernità.  
Gli ultimi anni
Innocenzo VIII morì nel luglio del 1492 ed il suo successore Alessandro VI Borgia accordò a Pico l' assoluzione
Fu la sola gioia dei suoi ultimi anni segnati da lutti dolorosi. L'8 aprile 1492, con la scomparsa di Lorenzo de Medici, Pico perse un protettore,un ammiratore intelligente e un mecenate disinteressato. Piero successe al Magnifico, ma mostrò di non avere ereditato le qualità paterne e ben presto Savonarola sollevò il popolo contro questo principe nel quale vedeva il simbolo della decadenza morale del suo tempo.

Pico fu testimone impotente del crollo del sogno mediceo e della decadenza della repubblica fiorentina.

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Il 26 luglio 2007, a Firenze, dopo 500 anni dalla morte il corpo, è stato riesumato  nella Chiesa di San Marco, insieme a quello di un altro filosofo  Angelo Poliziano .

Il RIS ,un equipe di studiosi di Parma rimette in discussione le cause della morte con la collaborazione del Reparto di Radiologia di Ravenna.

Pico è stato davvero avvelenato?  Anche per Poliziano la domanda è senza risposta. Gli esiti si avranno in settembre:saranno argomento di un format televisivo ENIGMI DEL PASSATO.

Altri riesumati saranno: Celestino V, Francesco Petrarca, Giacomo Leopardi,Matteo Maria Boiardo.

 

Maresa Baur
Maresa Baur

Sono una scrittrice conosciuta nel web per aver pubblicato sette libri con case editrici online. Il mio sito è http;//digilander.libero.it/biribanti.maresa Credo che cliccando sul link possiate apprendere molto di me,quasi tutto. Amo leggere, informarmi ed informare e scrivo come una forsennata come se non avessi il tempo sufficiente per farlo. Ho scritto libri di poesie, racconti, storie fantasy e "thriller". Anche il giornalismo mi affascina. Mi sono diplomata a Cambridge e adoro l'inglese che è sempre stato la colonna sonora della mia vita. Ho insegnato inglese e fatto traduzioni tecniche. La poesia è tuttavia il mio grande amore e ho invaso tutti i siti letterari possibili.La mia passione è scrivere e se non lo facessi più morirei. Mi definisco una folle-saggia con un pizzico di ironia e con questo mi presento. Maresa Baur