Marvel vs Dc: Superbo(tte) da eroi!
Se volete fidarvi dell'opinione critica di un trentenne che è cresciuto gustandosi tutta la sana evoluzione stilistica e di contenuto del fumetto americano in costume e calzamaglia, bè... non c'è serie cronologica che non abbia recuperato nei miei gusti di adolescente senza rimpianto, scindendo il retrogusto tipico del "quantità uguale qualità", immerso nella riluttante variegata ricerca di stile addossata a tutti quei nomi illustri del fumetto mondiale che hanno caratterizzato lo stile illustrativo in ogni epoca, nella sua crescita di costume e problematiche molto più "tra le righe" di una qualsiasi battaglia filosofica del bene e del male, sulle fragili spalle di imberbi studentelli che si ritrovano a districarsi in metamorfosi fisiche oltre ogni eccesso ormonale.
Se la DC comics è sempre stata la madre sovrana nella gestazione dei primi tumultuosi vendicatori immersi in caotiche città nebulizzate dal male in ogni sua disputa "oltre ogni dualismo", lo scettro del vincitore è sempre stato innalzato come lo stesso simbolo patriottico di una statua della libertà detentrice del medesimo primato. Il primo alieno che ha avuto il privilegio di sorvolare in mantella rossa destando stupore alla stessa domanda "è un uomo? è un uccello? No, è Superman!", ha innescato quella miccia esplosiva che ha altalenato produzioni di ogni grado e stile affidate al cinema e alla televisione. Dagli anni trenta si è visto quindi passare dalla coppia Siegel-Shuster (1938) del nostro più riconosciuto difensore della giustizia (George Reeves ha indossato la sua prima "S" cinematografica nella serie televisiva iniziata nel '52), al più dark-crepuscolare paladino dei deboli in ali di pipistrello inchiostrato dalla fantasia di Bob Kane (1939), impastando i primi due colossali miti che hanno avuto l'onore di essere reinventati in carne e ossa sotto le mani di chi ha saputo miscelare fumetto e cinema in un unico prodotto.
Adam West ha incarnato il primo Batman televisivo (1965, con il film omonimo al seguito) capace di esprimersi in quel nostalgico linguaggio onomatopeico che si è poi lasciato alle spalle vent'anni dopo con il re mida Tim Burton in coppia con un "plastico" Michael Keaton, moderno capostipite di quella evoluzione cinematografica in sequel che hanno volutamente illustrato l'evoluzione grafica fedele al fumetto, sotto le mani di registi e primi attori (Schumacher-Kilmer e Clooney in Batman Forever e Batman e Robin) all'altezza di ogni restyling. Una parentesi di riguardo è lasciata alla tradizione delle dark lady di rito, nella più diretta Catwoman, ospitata nel Batman Returns di Burton (1992, con Michelle Pfeiffer e Danny de Vito nei panni del "Pinguino") e nell'omonimo film del 2004 che ha visto le sensuali forme di Halle Berry vestire i panni della più atipica antieroina di casa DC. Epiloghi d'autore che hanno poi consacrato l'autentica devozione al fumetto sia per il Batman begins di Cristopher Nolan (ambiguo nel miscelare tradizione e altissima maestria narrativa) che per Superman returns di Bryan Singer (integro nel rendere originale merito all'icona per eccellenza dei Super-eroi), dove il testimone lasciato dal compianto Cristopher Reeve (diretto nel 1978 da Richard Donner nel più "ufficioso" film dell'eroe di Krypton, primo di 4 capitoli sempre interpretati dallo stesso attore) viene degnamente innalzato da un giovane Brandon Routh in ottima forma.
Alla DC non rimane infine che una piccola parentesi televisiva per un vero e proprio fulmine in Flash, interpretato da John Wesley Shipp e musicato dallo stesso Danny Elfman che ha messo note e cuore nel più illustre uomo pipistrello di Burton. Una serie televisiva della CBS di 22 episodi, diretti dal 1990 al '91, che hanno lasciato intatto l'orgoglio di una piccola schiera di eroi marginali che non hanno mai conosciuto (sino a oggi, perlomeno) una adeguata trasposizione cinematografica, dai quasi sconosciuti Lanterna e Freccia Verde (per rimanere in casa DC comics), ad altri autorevoli personaggi di casa Marvel, nella medesima sorte (vedi un monolitico Uomo macchina dalle filosofiche angosce degne del migliore Stanley Kubrick e un inedito Warlock dalle ancestrali meditazioni in stile pop art).
Quella "Meravigliosa" Marvel (da noi Editoriale Corno e successivamente Panini) inventata dal vulcanico Stan Lee, padre putativo e coautore con il mitico Jack Kirby di tutte le più autorevoli strisce a fumetti, a partire dal mitico Capitan America, nato nel 1941 dalla prima Timely Comics (in seguito Marvel), inchiostrato a quattro mani con l'autore Joe Simon e riportato sugli schermi nel 1990 da Albert Pyun e sceneggiato da Stephen Tolkin, con Matt Salinger a vestire lo scudo e la maglia a scaglie patriottiche di CAP. Poi sono arrivati, in anteprima cartacea, I Fantastici Quattro (1961), riportati sullo schermo in un paio di produzioni: la prima datata 1994 e diretta da Oley Sassone e gli ultimi due recentissimi episodi diretti da Tim Story (l'omonimo girato nel 2005, con Julian McMahon nei panni di Victor van Doom-dr.Destino e il sequel del 2007, nei virtuosismi digitali di un Silver Surfer a cui ha prestato voce e anima un granitico Fishburne).
A seguire, il più amato dei supereroi, al motto di "supereroi con superproblemi"; l'Uomo Ragno. Nato nel 1962 come riempipagina di rito (solita enfasi calcolata o ignara scaramanzia di convenienza?), il mite studente più compassionevole che cela i tormenti di Peter Parker alias testadiragno, ha conosciuto vari tentativi di trasposizioni cinematografiche. Iniziamo con la serie pilota del '70, con Nicholas Hammond protagonista dei primi tre film: L'uomo ragno (1977), L'uomo ragno colpisce ancora (1978), L'uomo ragno sfida il drago (1979). Gli ultimi due episodi hanno intercalato una serie televisiva in due stagioni, sempre nel tradizionale stile "nostalgico-artigianale", per arrivare infine alla trilogia del nuovo millennio diretta da Sam Raimi con protagonista il più credibile Tobey Maguire districarsi tra i tormenti amorosi di Mary Jane-Dust e i contrasti di Goblin-Dafoe, Doc OC-Molina e Venom/Sandman-Church/Grace (rispettivamente Spiderman, II e III).
Sempreverdi, nella memoria e negli appuntamenti televisivi pomeridiani di una generazione di quarantenni (e non), troviamo le ire a denti digrignati e pugni stretti di un "indimenticabile" Lou Ferrigno in coppia con l'ego razionale di Bill Bixby ne L'Incredibile Hulk, serie varata nel 1977 (quando una spruzzata di vernice verde, lenti a contatto e camicie oversize strappate erano effetti speciali), che in cinque stagioni ha visto nascere alcune produzioni cinematografiche sulla scia dell'omonima serie televisiva e il moderno restyling digitale diretto da Ang Lee (2003).
Fortunata sorte è toccata alla schiera di mutanti di X-men, allevati dal buon Patrick Stewart alias dottor Xavier, nei tre episodi della trilogia diretti da Bryan Singer (i primi due nel 2000-'03) e Brett Ratner nell'ultimo episodio X-men conflitto finale del 2006.
Performance di fuoco per il Ghost Rider di Nicholas Cage, fan dichiarato del fumetto del motociclista vendicatore "teschiato" Johnny Blaze (2007), che si associa al Punitore interpretato da Thomas Jane (2004) e all'inossidabile Iron man alias Tony Stark, interpretato da Robert Downey jr. e diretto da Jon Favreau (2006).
Nota di merito tinta di rosa per due eroine di casa Dc comics: Wonder Woman, che ha visto nascere, nelle forme di Lynda Carter, una serie televisiva di discreto successo dal 1976 al '79 (in attesa di un remake annunciato) e Supergirl, sottotono rispetto al "cugino maggiore" di Kripton, interpretata da Helen Slater (1984).
Epilogo di rito con il più neutrale degli eroi a fumetti in Doc Savage, creato nel 1933 da Lester Dent e inizialmente pubblicato (nelle sue innumerevoli trasposizioni) dalla "Street and Smith" e successivamente adottato dalla Marvel e DC comics, per arrivare alla trasposizione cinematografica diretta da Michael Anderson e interpretata da Ron Ely, nell'omonimo Doc savage: L'uomo di Bronzo (1975).