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Non ho dubbi è il liutaio!

27/12/2007 6815 lettori
5 minuti

«Che Dio l’abbi in gloria; ha finito di soffrire», nel trasalimento per l’improvvisa emozione, con mesto senso di partecipazione, ecco le parole proferite al telefono; e ancora: «sta dicendomi del tuo povero zio» mentre incrocia il mio sguardo, con acconcia mestizia mi estende un perentorio «rassegnati!» Ed io eccomi perplesso ed apprensivo, con la mente popolata dai fantasmi per possibili conseguenze dell’azione da intraprendere, intento a poter ghermire l’assicurazione contro di essi per il mio miglior agire. E poi affranto per la sventura, legato come fui al passato che non torna, inadattabile ed inerte innanzi al presente, mi agito titubante per tutte le ore che precedono le esequie. 

 Erano opera Sua le nuove calzature che portavo generalmente solo la domenica perché dovevano durare a lungo. Era Lui in paese il calzolaio che, su ordinazione, confezionava su misura scarpe e scarponi, questi ultimi anche rinforzati sotto la suola e sulla punta da chiodi con capocchia sagomata. La tomaia la si ammorbidiva con grasso di maiale. Lesto ad adattarsi all’innovazione anche tecnologica, ma sempre attenendosi alla buona pratica: una scarpa personalizzata che garantisse comodità a adattabilità perfetta in modo da minimizzare il rischio di torsioni e stiramenti dovuti a calzature non esattamente su misura. Cultore della conformità dell’antico mestiere, quasi sempre si è trovato ripagato dall’ottima produttività. Suo era un certo modo di ornare la giornata ed all’interno di essa alcuni momenti rituali. Alla sistematica produzione giornaliera alternava lassi di tempo che concedeva alla conversazione con i sedentari habitué di bottega: un’attività più sobria che lasciava spazio al cicaleccio intercalato da fatti avvenuti, opinioni e pettegolezzi. Nel suo stato di diversamente abile, causa una poliomelite, si prestava con gaudio ad intrattenere un gruppo ristretto di elementi dotati di altissimo senso dell’amicizia, capaci di formidabili bevute, galantuomini nell’essere, che erano la quint’essenza dell’ironia e della canzonatura. Di tanto in tanto conferiva pregio agli apprendisti con dei momenti di attenzione particolare; memorabile il mio apprendimento di cucitura a mano dall’interno della scarpa, il cosiddetto cucire al buio: trattasi fare il buco con la lesina e dall’interno, toccando la punta della stessa, infilarne l’ago e tirare lo spago. Eccezionalmente, concedeva qualche ora di melodiosa armonia facendo musica con il suo strumento cordofono a plettro della famiglia del liuto. Il tipo napoletano a quattro corde metalliche doppie con la stessa accordatura del violino (mi-là-re-sol).

Il portone della chiesa si chiude dietro di noi; poi il silenzio. Deposto il feretro, pur avvinti nel dolore lo sguardo spazia lungo i colonnati e verso le arcate, dove un connubio d'inserimenti barocchi nel gotico dell'architettura, si presenta proporzionato ed armonioso ad un tempo. L'organo che occupa le arcate terminali, si erge nella sua costruzione lignea delle casse e si compone di preziose balaustre, ritmate da figure d'angeli musicanti, che ne contengono la cantoria. Poi le luci si abbassano. Solo il tabernacolo e le canne dell'organo rimangono con un soffuso e tenue illuminamento. Un silenzio che senza fare rumore diventa musica.Un adagio con un crescendo divenire. Una musica subliminale si effonde, mentre in un lento ed intenso coinvolgimento ci par di levitare. Una soave sensazione, via via: mistica, ascetica, trascendente, fin'anco celestiale, ci colloca al disopra dell'esperienza quotidiana. Un sommesso scampanellare annuncia il prete che si approssima all’altare per dare inizio alla messa. Subito i riti che precedono la liturgia della parola, l’introito, il saluto, l’atto penitenziale; anche il coro segue la liturgia e quindi il Kyrie eleison, il Gloria e l’orazione. Scopo di questi riti è che i fedeli, riuniti insieme, formino una comunità, e si dispongano ad ascoltare con fede la parola di Dio e a celebrare degnamente l’Eucarestia. La preghiera eucaristica, esprime ringraziamento del mondo e la redenzione operata da Cristo; rievoca il racconto dell’istituzione dell’Ultima Cena; prevede l’oblazione, cioè l’offerta del pane e del vino in riconoscente memoria di Cristo; in fine si conclude con l’epiclesi: invocazione dello Spirito Santo su pane, vino ed assemblea. Per quanto mi riguarda il momento è catartico: ci si libera da tensioni psicologiche attraverso la rievocazione degli eventi che le hanno causate.

Assorto nel momento liberatorio e adepto della liturgia, un suono stridulo acuto e penetrante mi distrae e subito si ripete, non colgo la provenienza, ma mi distoglie e ancora, meno lacerante forse più profondo; stacca per un attimo e poi riprende. Stavolta ha accentuato svolgimento ritmico; ha inflessioni musicali: è suono dolce, soave una musica che si diffonde ricca di melodia tanto da riuscire gradevole all’udito. Non ho dubbi è il liutaio! Si è quello strumento cordofono a plettro di tipo napoletano. È il Mandolino della mia infanzia che non avevo più sentito suonare con tanta armonia estremamente melodiosa. Da piccolo lasciavo la bottega con la musica in lontananza per raggiungere i miei compagni di gioco. Era siesta anche per me ragazzo di bottega. Ora da persona anziana e stante il fatto che occupo il posto nelle prime file, vorrei poter non ostentare il dolore ed aumentare la capacità di raccoglimento.

 Il suono continua. La musica diventa sempre più melodiosa ed io sempre più affranto col pudore della propria sofferenza. Tante note, altre ancora, tutte insieme, tante che non ce ne stanno più dentro la chiesa. Sembra un’orchestra, ma è uno solo, un solo mandolino che non trova pace, non trova posto dove potersi fermare, dove riposarsi. Il cuore sempre più pieno di commozione trabocca in lacrime con un pianto a dirotto: un pianto consolatorio, un pianto che può dirsi di gioia. Poi una sensazione surreale: una suggestione che ti fa sentire beato tra beati. La sublime visione di quel mondo invisibile che è più reale di quello visibile. Gli angeli e gli arcangeli, ad esempio, ma anche i cherubini ed i serafini che lo popolano sono presenze concrete e chiunque, se ha fede, può accorgersi della loro presenza.


Benedetto Croce Desiderare e volere", in "Frammenti di etica",

Giuseppe Pipero http://www.mandolinisticavogherese.it/home.html

Anche gli angeli agli esercizi di papa Ratzinger. Di Rodari (del 28/02/2007

 
Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.