Nomi a dominio e tutela del marchio
Per nome a dominio s'intende quella sequenza di caratteri alfanumerici che noi inseriamo in un browser per recuperare un sito da Internet, in pratica il suo indirizzo, che in realtà maschera quello vero, che è fatto da una stringa di numeri (IP number).
Un dominio è fatto da due parti gerarchicamente ordinate, da sinistra a destra il dominio di secondo livello (il nome del sito, ad es.comunitazione) e quello di primo livello (suffisso tematico, es."com/org/net", oppure geografico es."it").
In Italia l'assegnazione dei domini è regolata da due autorità all'interno del CNR di Pisa, la Naming Authority, che in sostanza si occupa del controllo sulla correttezza tecnica delle assegnazioni, e la Registration Authority, che invece si occupa della registrazione vera e propria.
E' proprio a livello delle modalità di registrazione che s'inserisce il problema di cui vogliamo parlare, ossia la tutela dei marchi nell'ambito dei domini Internet: il criterio adottato infatti è quello del "first come first served", ossia la Registration Authority quando riceve una richiesta deve solo controllare che il dominio in questione sia ancora libero e poi lo assegna, senza essere tenuta a nessun altro tipo di controllo.
Questo significa che se un brand importante non ha registrato il dominio relativo al suo marchio chiunque può farlo legittimamente al suo posto.
Non è difficile capire come questo fatto possa creare dei seri problemi nella tutela e nell'utilizzo dei marchi su Internet.
In effetti, come accade sempre quando il diritto entra nel territorio della Rete, il problema sta nell'applicabilità delle norme: un filone (minoritario) della giurisprudenza afferma che Internet è una realtà peculiare con proprie regole e che il dominio è assimilabile ad un indirizzo fisico e non ad un segno distintivo (come un marchio), e quindi non vi si applica la regolamentazione relativa a quest'ultimo, mentre il filone maggioritario invece oggi propende per l'interpretazione opposta.
Nell'ambito del mondo "reale" due sono i principi che regolano la disciplina dei segni distintivi, quello di relatività e quello di territorialità.
Il primo prevede che si possono usare due marchi identici se i settori merceologici sono distinti e non in concorrenza fra loro, il secondo afferma che marchi identici in settori affini si possono usare se i mercati geografici di riferimento sono diversi.
Il principio di relatività con qualche adattamento si può applicare anche al Web, quindi in linea generale è lecito registrare un marchio altrui se il settore è diverso, salvo che non si dimostri la malafede di chi compie quest'azione a scopo di ricatto o altro.
La cosa però non è così semplice perché sulla Rete non possono esistere due nomi a dominio identici, per questo, a parte l'utilizzo di diversi domini di primo livello (.com invece che .it), chi arriva dopo si trova ad essere piuttosto danneggiato, dato che, ad esempio, i motori di ricerca premieranno il sito col nome di secondo livello più attinente al marchio che il cliente cerca.
Chiaramente inoltre su Internet il principio di territorialità perde completamente di valore.
Che cosa succede allora se un marchio famoso trova il proprio nome già occupato? Può solo prenderne atto ed eventualmente trattare con il titolare di quel dominio?
Le cose non stanno esattamente così, almeno non in tutti i casi, infatti in giurisprudenza attualmente il principio è quello di tutelare i marchi ritenuti celebri, annullando l'eventuale registrazione da parte di terzi, il problema però è come stabilire quando qualcosa è celebre.
Il riferimento è quello dell'universalmente noto ma chiaramente non può essere ritenuto un criterio realmente oggettivo.
Man mano che la certezza sfuma dal celebre a notorio riprende forza il ricorso al principio di relatività, combinato con la tutela del consumatore, che potrebbe essere confuso da omonimie troppo ambigue o esplicitamente volte alla concorrenza sleale.
Tutto questo ci permette di dire che, per quanto qualche forma di tutela esista, il problema del rapporto fra marchi e domini è ancora sottoposto ad un regime giuridico di incertezza.
Oggi un po' tutti i grandi gruppi registrano, anche preventivamente rispetto alla creazione di un sito, il proprio nome a dominio, comprensivo delle possibili varianti a livello di dominio di primo livello ed anche di possibili forme che possono intercettare il loro traffico sfruttando, ad esempio, gli errori di battitura degli utenti (tutti i vari astalavista e simili che interferiscono con Altavista).
In ogni caso non è pensabile che da questo punto di vista non si vada a creare una tutela normativa, anche perché si possono verificare dei casi in cui è veramente complesso capire chi ha ragione.
Prendiamo infatti la situazione di un utente privato che fa di cognome Barilla o Gucci e che si voglia fare il suo sito personale, va alla Registration Authority, trova libero barilla (o gucci).it e lo registra, a questo punto il suo è un illecito? Teoricamente no, visto che è un suo pieno diritto registrare il proprio nome e a questo punto si può al massimo dimostrare la malafede (se il marchio è tanto noto è impossibile che non si sia accorto di questa possibilità), con esiti giuridici non del tutto certi.
Non dimentichiamo inoltre che il domain name hijacking, ossia il tentativo di un soggetto di ottenere la cessione di un dominio legittimo simile o identico al suo sfruttando la propria forza economica, è considerato, a ragione, illecito
La conclusione è una sola, le aziende oggi sono sicuramente tenute ad attivarsi e registrare i domini di loro competenza ma in ogni caso non si può non avere una normativa sul marchio esplicitamente pensata per uno dei media che più può valorizzare questa risorsa immateriale dell'impresa, la Rete Internet.

