Generazione Moccia: tre libri sopra il cielo
Tutti ne parlano, i salotti dei Talk show televisivi si contendono la loro partecipazione (quale miglior dibattito può tentare di più ?), le sale cinematografiche espongono il cartellone di una programmazione allietata da questa inedita coppia di attori, ovvero la freschissima Michela Quattrociocche (Niki) e il bel Raoul Bova (Alex), ma loro come vivono questo momento di gloria ? La risposta risiede nello stesso sorriso soddisfatto di Federico Moccia, pacato nel dispensare pregi e difetti della sua ultima fatica letteraria, ora anche in veste di regista, in quell’avventura cominciata quindici anni fa, nel lontano 1992, quando la piccola casa editrice Ventaglio accettò di pubblicare quel manoscritto in 2500 copie, autofinanziate dallo stesso Moccia, per diventare quel fenomeno cult generazionale, tra tagli e ritagli di un racconto d’amore che ha rivisitato il mito di Gioventù bruciata, sotto il romanticismo ribelle di Step e Babi ne Tre metri sopra il cielo, trampolino di lancio artisitico per Scamarcio, nella pellicola diretta nel 2004 da Luca Lucini, e conferma di scrittore per l’autore. Un successo meritato, visto che Federico riesce abilmente a raccontare i caratteri dei suoi personaggi con un entusiasmo che si fonde con quella intensa voglia di Amore che infonde nei protagonisti, da Step e Babi, l’amico Pollo e la rinnovata Gin, nel sequel Ho voglia di Te, diretto nel 2007 da Luis Prieto, con Laura Chiatti a contendersi i favori amorosi di una energica disputa amorosa, in conflitto con la collaudata Katy Saunders nel ruolo del primo amore del mitico Step. Storie giovanili che sembrano sempre senza pretese, adagiate su di un letto di parole mai date per scontate (snobbate dai maschietti), dove la narrativa deve dettare un ritmo cadenzato dalle voci di quei nomi tenuti in equilibrio tra la quotidianità fatta di sconfitte e voglia di crescere, negli sbagli concessi a una età che pretende sempre la soluzione giusta al momento giusto, dove la parola amore viene sussurrata con il cuore in gola e i baci non bastano mai, nel desiderio che si fonde con un sesso mai banale e che ci può solo completare. Step come James Dean, Babi come Natalie Wood... in quella rabbia giovanile forse troppo sopra le righe, quando esserlo vuol dire corse notturne, motociclette "tirate a manetta", quasi a voler richiamare quel Strade di Fuoco di Walter Hill, tra duelli a base di Favola e Rock. Sicuramente il cinema italiano ha saputo gestire un filone che ha elaborato la più tradizionale fiction all’italiana, visto che Riccardo Scamarcio e la Chiatti avevano già lavorato insieme in un prodotto televisivo di analoga fattura, e le ricette migliori portano sempre buoni risultati, soprattutto per i cuori femminili che hanno potuto avere il loro idolo da teen-ager, consumato come i primi due romanzi di Moccia, nella storia di Step, tornato dall’America, con un corso di grafico completato e scoprire che l’Amore può rinascere da quel dolore. Oggi Step si chiama Alex, pubblicitario di successo con il volto di un trentasettenne deluso dall’amore, lasciato con un biglietto dalla sua donna e in piena crisi esistenziale, immerso in quei manuali di autostima che non portano a nessun punto di arrivo, se non prendere atto di una situazione di single forzato, circondato da amici felicemente accoppiati, senza apparenti problematiche, se non le particolarità caratteriali che li contraddistingue, tra mariti gelosi e playboy incalliti. Raoul Bova si scopre nel ruolo di un incerto sognatore, ovattato nel suo rassicurante mondo di certezze, stravolto da una brusca separazione che vede proiettare Alex nello sconforto, e qui entra in scena Niki, giovanissima, intelligente, bellissima... ma (pur)troppo diciassettenne. Lo scontro-incidente che segna i destini dei due "giovani", lei in scooter e lui in Mercedes, marca sin dall’inizio il sapore di quella romantica storia d’amore (lei svenuta sull’asfalto, apre gli occhi e vede il volto capovolto di Alex "Oddio, un Angelo !"). E’ Niki che lo conduce in quel gioco di seduzione, dove vent’anni di differenza sembrano mettere a dura prova solo la matura moralità di Alex. Un film delicato, dove i sogni vogliono essere reali, dove un romanzo diventa soggetto e la sceneggiatura assorbe le fisicità degli attori che sanno dare consistenza a quell’ideale chiamato Amore. Personaggi celebri che si pronunciano, giovani ragazzine che pensano solo all’attore figo più che al quarantenne, sembrano solo voler dire una sola frase "Scusa ma ti chiamo amore", e noi non possiamo che condividerlo.