Bentornato. Accedi all'area riservata







Non ti ricordi i dati di accesso?Recupera i tuoi dati

Crea il tuo account

2 SHARES

Tutti i grandi maestri dei tempi antichi, insegnavano ad adulti e non ai bambini.

27/03/2008 11112 lettori
4 minuti

«Stiamo lavorando per noi stessi. Pensiamoci vicendevolmente».Riprendo questo pensiero dall’ultimo messaggio sull’account Skype di Luca con cui, in un recente passato, ho avuto un lusinghiero scambio di messaggi: una chatt. A seguire alcuni secondi al telefono poi la conclusione con un arrivederci, mentre sul mio video scorreva un messaggio di telemarketing: «nei primi 10 secondi di una telefonata ti giochi il 90% di probabilità di continuarla».

Stare d’appresso può essere un’opportunità fosse anche per approfondire una mia fisima: «l’azione cognitiva necessaria allo sviluppo di conoscenze e competenze significative proprie dell’apprendimento organizzativo». Posto l’ozio come forma di attività: «ozio affaticato», nell’ambire al possibile «ozio creativo» caro al professor De Masi, do una valenza di svago al mio oziare da pensionato. Più che un passatempo una manovra diversiva riconducibile «all’acquisizione della conoscenza che procede attraverso molteplici percorsi culturali ed intellettuali fra loro interconnessi, determinati dalle particolari comunità sociali a cui si appartiene e dalle particolari esperienze cui si è sottoposti». Un certo ardire può indurre all’avventatezza: qualche intraprendenza è già stata azzardata, tra un post e l’altro con alcune reminiscenze di lavoro, nella tentazione di mutuare la conoscenza esplicita dalla tacita esperita.

Favorire la diffusione della cultura delle buone pratiche nonché sensibilizzare ad adottare sistemi di gestione secondo criteri di qualità ed efficacia, è sempre stata una ricorrente indicazione nei miei contributi. Nella determinazione a consolidare convinzioni ed idee formulate nel passato che abbiano riscontrato nell’esperienza elementi di conferma, ho sempre cercato la condivisione in un contesto di vicendevole rafforzamento. La reiterazione di questi concetti, nel convincimento dell’evoluzione possibile, è voluta in quanto l’apprendimento può essere visto come un processo di modifica e riorganizzazione. «L’apprendimento è un processo esperienza-dipendente. Infatti, le nostre esperienze possono influenzare significativamente le nostre connessioni neurali e le nostre strutture cerebrali». A sua volta l’apprendimento è «una funzione dell’adattamento nel comportamento risultato da un’esperienza». Tutti i grandi maestri dei tempi antichi, insegnavano ad adulti e non ai bambini. Grazie alle loro esperienze con gli adulti questi maestri consideravano l’apprendimento come «un processo di ricerca attiva ed inventavano di conseguenza tecniche per coinvolgere attivamente i discenti».

Apprendimento organizzativo può significare due cose: organizzazione che impara e/o organizzazione che incoraggia l’apprendimento dei suoi membri.L’apprendimento organizzativo è quel processo mediante il quale i membri dell’organizzazione agiscono come attori di apprendimento per l’organizzazione: quando cioè informazioni, esperienze, scoperte, valutazioni di ciascun individuo diventano patrimonio comune dell’intera organizzazione fissandole nella memoria dell’organizzazione stessa, codificandole in norme, valori, metafore e mappe mentali in base alle quali ciascuno agisce. L’apprendimento organizzativo è un’azione cognitiva necessaria allo sviluppo di conoscenze e competenze significative nella pratica del lavoro, a tutti i livelli. Praticare un controllo consapevole sui processi posti in atto ha il vantaggio di poter anticipare eventuali possibilità trasformative delle traiettorie nelle quali un’organizzazione si trova in un momento dato. Tale pratica fa sì che ogni attore, al di là della sua – sempre temporanea e sempre parziale - «appartenenza» ad una organizzazione, è al centro della scena, e deve apprendere come «imprenditore di se stesso» facendosi carico della propria formazione, del proprio sviluppo, della propria utilizzabilità.

Stiamo lavorando per noi stessi. Pensiamoci vicendevolmente e teniamo sempre presente che l’organizzazione che apprende preserva il mantenimento della propria continuità riflettendo. E se tutto ciò dovesse poter valere per una costante salvaguardia della sicurezza sul lavoro, può certamente anche essere di giovamento in ogni circostanza: sia essa ludica e distensiva, come una mostra; sia essa significativa ed influente quale una tornata elettorale.

Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.