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La responsabilità degli ISP, parte 5

25/08/2003 19388 lettori
5 minuti

Conclusione, alcune riflessioni sullo stato della disciplina

Da quanto abbiamo detto finora si può dedurre facilmente come, in Italia ma anche in ambito internazionale, il problema della responsabilità degli Internet Service Provider non sia ancora stato disciplinato da normative che possano realmente reputarsi complete e definitive.

Se prendiamo ad esempio in esame il problema del controllo esercitato sui contenuti ci rendiamo conto che la tendenza generale è quella di deresponsabilizzare i meri fornitori di accesso, considerati alla stregua di un vettore neutro quale il telefono, rispetto ai produttori di contenuti. Ciò è assolutamente condivisibile ed anzi auspicabile per evitare il blocco delle attività sulla Rete, tuttavia in molti sistemi giuridici e giurisprudenziali in virtù di questo principio si è finito per penalizzare, come negli USA o anche in Italia, chi effettua forme di controllo e di filtraggio dei contenuti rispetto a chi le tralascia. Per restare sul caso italiano infatti se consideriamo gli articoli 14 comma 1 e 17 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 possiamo pensare che “dal momento in cui il provider dichiara di sorvegliare i contenuti immessi dai clienti si può presumere che egli possa essere effettivamente a conoscenza dell'eventuale illiceità di tali contenuti. E quindi si addossa le relative responsabilità”[1]. Questo tipo di penalizzazione sicuramente non è un incentivo alla cura della sicurezza dei contenuti immessi in Rete.

Un altro notevole problema è poi quello relativo all’effettiva conoscibilità e conoscenza del reato da parte del provider, un aspetto presente in molti sistemi giuridici (direttiva 2000/31/CE, d.lgs 70/03, normative di diversi paesi europei), che tuttavia è molto difficile da qualificare. L’unica presa di posizione particolareggiata in materia è quella del Tribunale dell'Aia nel 1996 (vedi anche pg.10), che attribuisce la responsabilità al provider solo se la violazione dell’utente è conoscibile e se tale illecito è chiaro, facendo sì che l’ISP si possa giustificare dicendo che il fatto non era riconoscibile come illecito. In ogni caso questa specificazione rimane comunque non sufficiente perché resta da stabilire sempre quali siano i modi con cui l’ISP possa venire a conoscenza degli illeciti se, al contempo, un po’ tutti gli ordinamenti non gli attribuiscono l’obbligo di indagare e monitorare i materiali che riceve dagli utenti. Inoltre l’eventuale intenzione di indagare sui contenuti scambiati dagli utenti si può scontrare con forme di tutela che arrivano fino al rango costituzionale, come ad esempio l’art.15 sulla segretezza della corrispondenza. Infine resta da chiarire cosa debba fare il provider che trovi nei suoi server degli illeciti finché non riceve istruzioni da un autorità giudiziaria che ha il potere di ordinarne la rimozione, dato che “il Provider stesso non ha l'autorità di eliminare qualcosa che, dal punto di vista del diritto di proprietà, non gli appartiene”[2], senza contare poi il “rischio di ledere o limitare la libertà di espressione e di critica dei propri utenti”[3]. L’unica certezza in materia dunque resta l’obbligo di denuncia all’autorità competente previsto dall’articolo 17, comma 2, lettera a), del d.lgs  70/03, che almeno sana il problema dato dal fatto che l'obbligo di denuncia a carico del privato, previsto dal nostro codice solo nel caso in cui l'attività esercitata sia definibile come "pubblico servizio" (art. 358 comma 2 c.p) altrimenti non si applicherebbe all’ISP[4].

Per quanto riguarda poi l’identificabilità degli autori delle violazioni dobbiamo ricordare che una delle caratteristiche peculiari di Internet è quella di consentire azioni a distanza senza dover essere fisicamente presenti nel luogo e che il riconoscimento del soggetto che ha posto in essere una data azione dipende, almeno in astratto, dalla sua precisa intenzione di farsi riconoscere. Dunque un utente può tranquillamente fornire generalità false visto che, almeno in Italia, “gli Internet provider non hanno l'obbligo di chiedere l'esibizione di un documento ai nuovi abbonati, o comunque di identificarli con altri mezzi che offrano un ragionevole grado di sicurezza”[5]. Si capisce facilmente come in una situazione di questo tipo si vanifichi la previsione di cui all’art. 17, comma 2, lettera b) del d.lgs 70/03, visto che l’ISP è in grado solo di fornire i dati che l’utente ha voluto fornirgli circa le sue generalità, informazioni potenzialmente false. Il tema si intreccia inoltre al delicato aspetto del trattamento dei dati personali sulla Rete[6]. Nel ’98 l’allora ministro Flick, disse al convegno "Internet e privacy": “...si tratta di assicurare la identificabilità di coloro che contribuiscono al sito...” ossia degli utenti che compiono attività che modificano i contenuti ospitati su di un server. A questo proposito possiamo citare il provvedimento preso, nel marzo 2003, dal portale Italia On Line che, dopo la fusione fra Wind ed Infostrada, per “ridurre sensibilmente il rischio di ospitare contenuti illegali sullo spazio WEB di Digiland”[7] (la propria area di hosting gratuito) ha stabilito che il caricamento di pagine web sul suo server possa avvenire solo attraverso connessioni Wind, Libero o Infostrada (i tre marchi del gruppo). In tal modo l’ISP ha cercato di tutelarsi risalendo più facilmente agli autori di eventuali illeciti, visto che è in grado di conoscere, senza mediazioni di terzi, l’identità del titolare di quell’abbonamento. Il provvedimento sarebbe stato preso “ su suggerimento dell’Autorità giudiziaria”[8]. In effetti non è difficile risalire al numero IP che è legato ad ogni computer connesso in Rete ma solo il Provider che concede l’accesso può rivelare il nome del relativo titolare e tale informazione, come ha ribadito recentemente il Garante per La Privacy Stefano Rodotà, può essere richiesta solo dall’autorità giudiziaria. Per questo un ISP come Italia On Line si tutela di più se limita l’ambito del controllo ai numeri IP a cui può collegare da sé un nome senza dover ricorrere ad un’autorità per sapere tali informazioni da un altro provider. Resta in ogni caso il problema della veridicità dei dati che l’utente ha dato al momento della registrazione, tema che viene solo aggirato. Lo stesso utilizzo delle tracce contenute dai file di log dei provider inoltre non è sufficiente da solo per reperire con sicurezza un utente in caso di un illecito[9].

Proseguendo nel discorso non possiamo non citare il problema delle azioni preventive che possono essere attuate a tutela dei soggetti che lamentano una violazione, ed in particolare il tema dei sequestri. Si tratta infatti di provvedimenti presi in analogia con i media tradizionali ma che su Internet perdono di senso perché “per avere la prova dell'esistenza di una pagina Web al magistrato basta copiarla. Per farla sparire basta ordinare al provider di rimuoverla” [10]. Inoltre quando si sequestra un server si priva del servizio da esso offerto anche tutta una serie di soggetti terzi che si avvalgono dei suoi servizi e che sono totalmente estranei alla violazione. Infine per un soggetto che voglia perpetuare un comportamento illecito non è particolarmente difficile spostarsi su di un altro punto della Rete e da lì continuare le sue attività[11]. L’impressione che ne deriva dunque è quella di provvedimenti presi per scarsa conoscenza del mezzo e le polemiche in proposito restano vivaci[12].

Un ultimo tema infine è quello dell’autoregolamentazione degli ISP, infatti una soluzione alla cattiva fama della Rete potrebbe essere “un’azione che affermi i valori positivi di Internet, non con l’aneddotica edificante o con ottimistici proclami, ma con una strategia fondata su comportamenti concreti a favore degli utenti […] con un’autoregolamentazione dei fornitori di accessi e di contenuti, da riassumere in un codice onesto, chiaro ed effettivamente applicabile”[13]. Un codice di autodisciplina dunque consentirebbe di mantenere "la libertà della Rete" e nello stesso tempo di assicurare un principio di legalità a tutti i comportamenti che sulla Rete si sviluppano, equilibrio che una regolamentazione normativa nazionale potrebbe ottenere con una certa difficoltà. In questo modo, ferma restando la necessità di emanazione di norme nazionali e internazionali che regolino gli aspetti più rilevanti delle attività telematiche e determinino il contesto di certezza giuridica nel quale deve operare l’autoregolamentazione, quest’ultima offrirebbe il vantaggio di responsabilizzare i soggetti coinvolti e assicurare il giusto equilibrio tra regolamentazione e libertà di iniziativa. Inoltre com’è spesso avvenuto “tali codici a volte sono emanati in una situazione di vuoto normativo, allo scopo di rendere superfluo l'intervento del legislatore ovvero di fornirgli criteri orientativi da subito destinati a valere nei confronti degli associati”[14].Il tema è discusso ormai da tempo in dottrina, almeno dal 1995 [15].

Lo stesso Garante per la protezione dei dati personali Rodotà, in un suo articolo[16], a proposito della disciplina di Internet afferma che “la necessità di mettere a punto una strumentazione adeguata alla nuova realtà che dev'essere regolata [...] Nasce così la spinta verso forme di autodisciplina, verso un uso di strumenti contrattuali, che non hanno solo la funzione di colmare temporaneamente una lacuna, ma di identificare una diversa e più complessa strategia di regolazione”.
Inoltre Rodotà ricorda la direttiva europea 95/46 sulla protezione dei dati personali che “per sé considerata [...] si colloca nella dimensione sovranazionale e obbliga gli Stati nazionali ad adeguare la legislazione interna alle sue prescrizioni. Al tempo stesso, però, attribuisce specifica rilevanza ai codici di autodisciplina, che gli Stati membri devono incoraggiare, e lascia posto anche al ricorso agli strumenti contrattuali...”. La conclusione è che “l'integrazione delle fonti tradizionali esige l'intervento di discipline individuali (contratto) o di settore (codici di autoregolamentazione), che si presentano anche come la prima forma della disciplina giuridica (eventualmente in attesa di altre forme di intervento)”.

Il riferimento che può venire collegato a questa situazione è il Codice di Autoregolamentazione dell’Ordine dei Giornalisti del 1998, previsto dall’articolo 25 della legge 31 dicembre 1996, n.675, che si configura come fonte normativa secondaria atipica nel nostro ordinamento. Tuttavia i codici di autoregolamentazione, che pure sono uno strumento indispensabile per supplire alle carenze del quadro normativo, hanno efficacia reale se l’adesione ed il rispetto delle norme in essi contenute sono obbligatori per tutti gli operatori ai quali sono diretti i codici stessi, il nostro ordinamento non prevede, tranne che per alcuni settori (appunto i giornalisti).

In Italia, in risposta alla risoluzione del Consiglio delle Telecomunicazioni della UE del 28 novembre 1997 e al successivo invito del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni agli operatori del settore Internet ad intraprendere i lavori per un codice di autoregolamentazione., è stata elaborata una bozza, ad opera  di un gruppo di lavoro composto da esperti di: AIIP (Associazione Italiana Internet Provider), ANEE (Associazione Nazionale Editoria Elettronica), Telecom Italia, Olivetti[17].

Questo testo è ancora piuttosto generico nelle sue statuizioni ma ha il pregio di prevedere possibili soluzioni ad alcuni dei problemi irrisolti di cui sopra, in linea con quanto auspicato anche nella dottrina[18].

 Ad esempio vi è contemplata, Titolo 3, Applicazione del Codice, la creazione di un Giurì con compiti di “tutela del rispetto del presente Codice, l’intervento in caso di segnalazione di infrazioni da parte di soggetti Internet, di consumatori o di chiunque vi abbia interesse, l’accertamento e la pronuncia su eventuali infrazioni e l’applicazione di sanzioni nei confronti dei soggetti ritenuti responsabili.
Inoltre il Giurì può inoltre esprimere pareri preventivi sulla conformità al Codice di informazioni da mettere a disposizione del pubblico, sulla congruità ai principi del rating di particolari contenuti e sui criteri di autocertificazione”. Sono inoltre previste nel dettaglio procedure, sanzioni e termini del ricorso all’autorità giudiziaria.

Inoltre si cerca di porre fine ai problemi di identificazione degli utenti, stabilendo (Titolo 2, Regole generali di comportamento) che “i soggetti devono consentire l’acquisizione dei propri dati personali a chi fornisca loro accesso e/o hosting. I fornitori di detti servizi sono tenuti a registrare i dati per renderli disponibili all’autorità giudiziaria nei termini previsti dalla legge. […] Una volta identificato, l’utente può chiedere al suo fornitore di accesso e hosting di avere un identificativo diverso dal suo nome (pseudonimo) con cui operare in Rete (anonimato protetto).”

Infine, tra le altre cose, sono previsti alcuni principi fondamentali di responsabilità, di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, della proprietà intellettuale ed industriale. Il limite di questo documento tuttavia, oltre che nel suo carattere non definitivo, sta nel fatto che “l’adesione al presente Codice è volontaria e aperta a tutti i soggetti di Internet operanti in Italia o in lingua Italiana” e che “soggetti obbligati all’osservanza del presente Codice sono coloro che lo abbiano sottoscritto”, cosicché la forza dello stesso risulta ancor limitata.

Tra l'altro un diverso codice, denominato di “deontologia e di buona condotta per i servizi telematici”, è stato rilasciato dall'Anfov (Associazione per la convergenza
nei servizi di comunicazione) il 1° gennaio 1998 [19]. Questo secondo codice sostanzialmente elenca gli stessi principi di quello Aiip, con particolare insistenza sul tema dell’anonimato e dei log, e anche qui è previsto un organismo di autoregolamentazione. Una cosa interessante è un’attenzione particolare all’informativa sui diritti di terzi e sulla possibilità di interrompere il servizio in reazione a violazioni che richiama da vicino il tipo di previsioni della legge 719/2000 francese (vedi pag. 10). Questo codice, a differenza di quello Aiip, si pone come obbligatorio anche per i non aderenti e per gli utenti, cosa che ha dato luogo a critiche[20], anch’esso però, pur essendo entrato in vigore il 1 gennaio 1998, ha risentito degli stessi problemi di efficacia dell’altro.

In conclusione i codici di autoregolamentazione sono uno strumento indispensabile per supplire alle carenze del quadro normativo, oltre che per fornire ai settori interessati certezza di regole e uniformità di comportamenti. Questi risultati si possono ottenere solo se l'adesione ai codici e il rispetto delle norme in essi contenute sono obbligatori per tutti gli operatori ai quali sono diretti i codici stessi. Questa opinione è confermata dalla normativa europea.Riteniamo quindi che l’approvazione di un codice di autoregolamentazione obbligatorio e reso efficace dalla legge sia la via migliore per disciplinare questo campo, ferma restando la necessità di rendere finalmente adeguata la disciplina esistente, specie quella italiana. In particolar modo una valida regolamentazione proposta degli stessi operatori del settore può diventare una solida base su cui poi costruire norme con forza di legge, che regolino finalmente la materia in modo non analogico ma nel rispetto delle sue peculiarità e dei suoi caratteri distintivi.

>GIANLUIGI ZARANTONELLO

Bibliografia

Testi e riviste cartacee
·        Ruben Razzante, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam, Padova, 2002.

·        L.Bugiolacchi, Principi e questioni aperte in materia di responsabilità extracontrattuale dell’Internet Provider. Una sintesi di diritto comparato, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2000

·        Sabrina Magli e Marco Saverio Spolidoro, La responsabilità degli operatori in Internet: profili interni e internazionali, Diritto dell'Informazione e dell'Informatica, 1997, pagg. 61 e segg

RIVISTE SU INTERNET

Interlex (www.interlex.it)

·        Manlio Cammarata, Il minimo danno possibile con la maggiore utilità?, riportato su Interlex da MCmicrocomputer n. 141 - giugno 1994

·        Giuseppe Corasaniti, Ipotesi di codice di autodisciplina per la comunicazione telematica, 31.05.95

·        Manlio Cammarata, Il codice deontologico per gli Internet provider: quali obblighi e quali garanzie?, 26.06.96

·        Manlio Cammarata e Andrea Monti, Proposta per un codice di autoregolamentazione
dei fornitori di servizi telematici, 01.04.97

·        Renzo Ristuccia e Luca Tufarelli, La natura giuridica di Internet e le responsabilità del provider, 19.06.97

·        Manlio Cammarata, L'obbligo di collegamento al CED del Vicinale riguarda gli Internet provider?, 07.08.97

·        Provider francese condannato per contenuti immessi da altri (notizia Ansa riportata integralmente sulla rivista), 01.03.98

·        Manlio Cammarata, Chi deve osservare il codice deontologico degli Internet provider? , 30.04.98

·        Paolo Nuti, Ma i "log" non bastano per rintracciare i presunti malfattori, 11.06.98

·        Manlio Cammarata, Per la sicurezza della Rete si deve vietare l'anonimato totale, 11.06.1998

·        Gianfranco Livriaghi, Pericolo: sequestratori in agguato, 29.06.98

·        Manlio Cammarata, Non c'è differenza tra una home page e la copertina di un giornale, 01.07.98

·        Manlio Cammarata, Internet, diritto e politica, non c'è da stare allegri, 02.07.98

·        Manlio Cammarata, Il diavolo nel sito e il provider diventa esorcista, 16.07.98

·        Manlio Cammarata, Finalmente una decisione sulla responsabilità del provider, 20.07.98

·        Carlo Gattei, Considerazioni sulla responsabilità dell'Internet provider, 23.11.98

·        Gianfranco Puopolo e Laura Liguori, La direttiva 2000/31/CE e la responsabilità del provider, 07.09.2000

·        Andrea Monti, Uno spettro si aggira per l’Europa: la responsabilità del provider, 12.10.2000

·        Manlio Cammarata, Passaggi impegnativi per gli internet provider, 18.03.2002

·        Alcei, Provider e responsabilità nella legge comunitaria 2001, 19.06.2002

·        Manlio Cammarata, Quando il sequestro è contro la legge, 12.07.2002

·        Manlio Cammarata, Sotto torchio gli operatori della Rete, 10.04.2003

·        Manlio Cammarata, Troppe norme, occorre un testo unico, 17.04.2003

·        Daniele Minotti, Responsabilità penale: il provider è tenuto ad "attivarsi"?, 05.05.2003

·        Manlio Cammarata, Le trappole nei contratti di hosting, 05.05.2003

Altalex (www.altalex.it)

·        Giuseppe Cassano e Francesco Buffa, Responsabilità del content provider e dell'host provider, 14.02.2003, (http://www.altalex.com/index.php?idstr=30&idnot=5686)

Jei (www.jei.it )

·        Sergio Seminara, La responsabilità penale degli operatori su internet, (www.jei.it/seminara.htm)

Diritto sul Web (www.dirittosulweb.it)

·        Redazionale, Tribunale di Napoli, 14 giugno 2002 - responsabilità del presunto provider e pubblicità con banner, (http://www.dirittosuweb.com/approfondimenti/display.asp?id=710)

·        Giustino Sisto, “La legge salva Provider”, (http://www.dirittosuweb.com/approfondimenti/display.asp?id=482)

Telema (www.fub.it/telema/)

·        Stefano Rodotà, "Anche il diritto insegue la società che corre, e cambia", Telèma n. 11, 1998 (http://www.fub.it/telema/TELEMA11/Telema11.html)

Infoius (www.infoius.it)

·        Antonio Coluccia, La responsibilità amministrativa e da reato dei providers –la pedofilia on-line, (http://www.infoius.it/monografie/resp_providers/intro.asp)

Jusnet (www.jusnet.it)

·        Umberto Fantigrossi e Daniela Redolfi, La privacy nelle telecomunicazioni anche per gli Internet Providers

ALTRI SITI

Consulente legale informatico (www.consulentelegaleinformatico.it)

·        Valentina frediani, Internet Provider: responsabilità e casistica, 05.03.2002, (http://www.consulentelegaleinformatico.it/Approfondimenti/6.htm)

·        Nicolò Ghibellini, La responsabilità del provider: dubbi e perplessità, (http://www.consulentelegaleinformatico.it/Approfondimenti/26.htm)

Assoprovider (www.assoprovider.net)

·        Nicolò Ghibellini, Isp sempre più responsabili, 24.05.2003, (http://www.assoprovider.net/page-news-on-line.phtml?ID=155)

·        Valentina frediani, Più chiare le responsabilità degli Isp, 24.04.2003 (http://www.assoprovider.net/page-news-on-line.phtml?ID=150)

unonet (www.unonet.it)

·        Unolegal Consulting (a cura di), Internet e contenuti illeciti: il regime di responsabilità degli Internet Service Provider, 27.11.2000 (http://www.unonet.it/articoli/diritto/04DAD79.asp)

Unione Consulenti (www.unioneconsulenti.it)

·        Redazionale, Responsabilità degli Isp sui contenuti illeciti dei siti ospitati, (http://www.unioneconsulenti.it/article.php?sid=318)

Vari

·        www.aiip.it, sito dell’Associazione Italiana Internet Provider

·        www.anfov.it, sito dell'Associazione per la convergenza nei servizi di comunicazione

·        www.medialaw.it

TESTI NORMATIVI ITALIANI

·        Legge 8 febbraio 1948, n. 47

·        Legge 6 agosto 1990, n. 223

·        Decreto legislativo 15 gennaio 1992, n. 50

·        Legge 31 dicembre 1996, n.675

·        Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (art. 18)

·        Decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185

·        Legge 3 agosto 1998 n. 269

·        Legge 7 marzo 2001, n. 62

·        Legge delega 1. marzo 2002 n. 39

·        Legge 8 aprile 2002, n. 59

·        Decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70

·        Circolare n. 3487/C del 01.06.2000 "Disciplina della vendita di beni tramite mezzo elettronico" del Ministero dell'industria

·        Deliberazione CCIAA di Milano 23 luglio 2001, n. 258

TESTI NORMATIVI COMUNITARI

·        Direttiva 8 giugno 2000/31/CE

·        Direttiva 2001/29/CE

SENTENZE E DECISIONI GIURISPRUDENZIALI

·        Procura della Repubblica presso la Pretura Circondariale di Vicenza; Decreto di sequestro preventivo (artt. 321.3-bis c.p.p.) relativo al procedimento n.1079/98 - MOD 44-05
·        Corte di Cassazione -  Sezione V Penale, Sentenza n.4741/2000 del 17 novembre 2000

·        Tribunale di Napoli, sentenza 8 agosto 1996
·        Tribunale di Cuneo, sentenza 23 giugno 1997
·        Tribunale di Napoli, sentenza ? agosto 1997
·        Tribunale di Teramo, sentenza 11 dicembre 1997
·        Tribunale di Roma, sentenza 4 luglio 1998
·        Tribunale di Roma, sentenza 22 Marzo 1999
·        Tribunale di Firenze, sentenza n. 3155, 21 maggio 2001
·        Tribunale di Bologna, sentenza 26 novembre 2001
·        Tribunale di Napoli, sentenza 14 giugno 2002


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[1]  Manlio Cammarata, Le trappole nei contratti di hosting, www.interlex.it, 05.05.2003

[2]  Redazionale, Responsabilità degli Isp sui contenuti illeciti dei siti ospitati, www.unioneconsulenti.it

[3]  Carlo Gattei, Considerazioni sulla responsabilità dell'Internet provider, www.interlex.it, 23.11.98

[4]  Cfr.Unolegal Consulting (a cura di), Internet e contenuti illeciti: il regime di responsabilità degli Internet Service Provider, www.unonet.it

[5]  Manlio Cammarata, Per la sicurezza della Rete si deve vietare l'anonimato totale, www.interlex.it, 11.06.1998

[6]  Cfr. Umberto Fantigrossi e Daniela Redolfi, La privacy nelle telecomunicazioni anche per gli Internet Providers, www.jusnet.it

[7]  Tratto dall’e-mail inviata da IOL agli utenti del proprio servizio

[8]  Vedi nota precedente

[9]  Per dettagli tecnici cfr. Paolo Nuti, Ma i "log" non bastano per rintracciare i presunti malfattori, www.interlex.it, 11.06.98

[10]  Manlio Cammarata, Internet, diritto e politica, non c'è da stare allegri, www.interlex.it, 02.07.98

[11]  Cfr. Sergio Seminara, La responsabilità penale degli operatori su Internet, www.jei.it

[12]  Cfr. ad es. Manlio Cammarata, Quando il sequestro è contro la legge, www.interlex.it, 12.07.02 e Unolegal Consulting (a cura di), Internet e contenuti illeciti: il regime di responsabilità degli Internet Service Provider, www.unonet.it, 27.11.2000

[13]  Manlio Cammarata, Chi deve osservare il codice deontologico degli Internet provider?, www.interlex.it, 30.04.98

[14]  Sergio Seminara, La Responsabilità penale degli operatori su Internet, www.jei.it

[15]  Cfr. Giuseppe Corasaniti, Ipotesi di codice di autodisciplina per la comunicazione telematica, 31.05.95

[16] Stefano Rodotà, Anche il diritto insegue la società che corre, e cambia, Telèma n. 11, 1998 http://www.fub.it/telema/TELEMA11/Telema11.html

[17]  Il testo è disponibile all’URL http://www.aiip.it/autoreg.html

[18]  Cfr. ad es. in Manlio Cammarata, Il codice deontologico per gli Internet provider: quali obblighi e quali garanzie?, www.interlex.it, 26.06.96

[19]  Il testo completo è disponibile all’URL http://www.medialaw.it/Telecomunicazioni/Internet/Provider/codanfov.htm

[20] Cfr. Manlio Cammarata, Chi deve osservare il codice deontologico degli Internet provider? , www.interlex.it, 30.04.98

Gianluigi Zarantonello
Gianluigi Zarantonello

 

Gianluigi Zarantonello, laureato in Scienze della Comunicazione (indirizzo Comunicazione Istituzionale e d'Impresa),

-Nato a Valdagno(VI), ora vivo tra Milano e Padova.

 

 

Formazione

  • 2004: Mi sono laureato in Scienze della Comunicazione a Padova con 110 e lode, indirizzo comunicazione istituzionale e d'impresa.

    La tesi di laurea aveva come titolo "La valorizzazione del territorio come strategia competitiva nel mercato globale del lusso. I casi Artigiana Sartoria Veneta, Salviati e Cipriani Industria" (consulta la tesi su Tesionline).

Esperienze professionali

  • Da novembre 2016 ad oggi sono Global Digital Solutions Director presso Valentino e sono a capo a livello global della direzione che si occupa dei progetti di innovazione e di digital transformation, lavorando trasversalmente in cooperazione con i team IT, HR, Marketing e le line of business in genere.
  • Da dicembre 2014 a ottobre 2016 sono Responsabile del coordinamento web e digital technology (quello che viene definito oltreoceano Chief Digital Officer) presso OVS Spa e seguo lo sviluppo, la governance e tutte le attività a cavallo tra il business e l'IT per garantire la digitalizzazione dei brand OVS, Coin, Coincasa, Upim, Excelsior Milano, Iana, Eat's, Blukids, Shaka Innovative Beauty.
  • Da Marzo 2012 a Dicembre 2014 sono Digital Marketing Manager presso Gruppo Coin Spa e seguo attività di webmarketing e digital marketing istituzionali e di quelle per i brand del Gruppo: Ovs, Coin, Upim, Excelsior Milano, Iana. Definisco la strategia e le attività  sul digitale in cooperazione con il marketing e l'IT e rispondendo al direttore generale.
  • Da Settembre 2006 - Marzo 2012 lavoro come dipendente con funzione di Web Marketing Manager presso la Coin Spa e, all'interno della Direzione Marketing, seguo i progetti su Internet ed i nuovi media dell'azienda (compresi i brand Upim e Excelsior Milano).
  • Da Novembre 2005 a Settembre 2006 ho svolto un'attività in proprio di consulenza e di supporto nelle funzioni marketing, comunicazione e commerciale per diverse aziende di vari settori.
  • Da Settembre 2004 al 1 novembre 2005 ho ricoperto l'incarico di Responsabile Marketing di AGE (Agenzia Giornalistica Europa) dopo essere stato referente commerciale per il Triveneto.
  • Da Luglio 2003 a Dicembre 2004 ho ricoperto il ruolo di Responsabile del progetto per www.connecting-managers.com dopo essere stato Community Manager e Responsabile della Redazione.
  • Da Ottobre 2002 a Settembre 2004 ho ricoperto il ruolo di Senior Web Content Manager di www.comunitazione.it 

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Viviamo in un mondo in cui la differenza fra fisico e digitale ha perso di significato. Lavoro ogni giorno per essere pronto alle sfide della digital and business transformation e mi piace scriverne qui, sul mio blog e sul mio canale Telegram.

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