Microsoft chiude le Chat, un caso isolato?
La Microsoft il 14 ottobre chiuderà le sue chat in 34 paesi sparsi fra Europa, Africa, Asia e America Latina: la motivazione ufficiale è che questi servizi sono diventati il regno di pedofili e dello spamming pornografico.
Di sicuro l'azienda è realmente preoccupata dei contenuti che circolano sui suoi servizi, anche perché in alcune tipologie di casi (vedi anche Responsabilità degli ISP) rischia di finire direttamente sul banco degli imputati per situazioni di omesso controllo e concorso di colpa.
Il general manager di Microsoft Network (MSN) Geoff Sutton ha commentato "E' il segnale che il gioioso approccio hippy a Internet, dove tutto è libero e aperto a chiunque, sta finendo. Per colpa di pochi saranno in molti a doversi adattare al cambiamento".
Sono d'accordo sul fatto che la Rete sta cambiando e che alcuni settori, come ad esempio quello della musica on-line, stanno vedendo un declino del gratuito e del senza regole.
Tuttavia la chiusura non sembra essere precisamente un procedimento costruttivo per risolvere un problema del genere, come rileva, tra gli altri, un concorrente di Microsoft, Michele Casacci, amministratore delegato di Lycos Italia, che a sua volta fornisce servizi di chat-on-line.
Le chat infatti sono un fenomeno comunicativo e sociale rilevante, al punto di essere studiate anche nelle Università, certo anch'esse richiedono forme di regolamentazione ma non è questo il caso della chiusura.
In realtà ci sono due considerazioni da fare: la prima è che per avere chat sicure occorrono moderatori che le seguano e sistemi informatici di filtraggio efficaci.
Ora però questi provvedimenti, oltre ai costi diretti che comportano, presentano un rischio ulteriore, infatti le attuali (e carenti) normative europee ed americane (vedi Responsabilità degli ISP 1 e seguenti) tendono a ritenere responsabili quei fornitori di servizi che, disponendo di sistemi di controllo, non hanno impedito messaggi e comportamenti illeciti da parte degli utenti.
Si tratta di una logica assurda che penalizza chi si prende la briga di controllare, almeno in parte, i contenuti e i comportamenti dei propri utenti.
C'è da sperare in un Codice di Autoregolamentazione per Internet, cosa che ho sostenuto recentemente (vedi Responsabilità degli ISP 5) e che ha ribadito in questi giorni il Garante dei dati personali Rodotà, però per adesso questo è il quadro giuridico.
La seconda considerazione riguarda i provvedimenti presi da MSN in altri paesi, quali USA, Canada, Giappone, Australia, Nuova Zelanda ed altri, in cui il colosso di Seattle fornirà servizi di chat con abbonamenti obbligatori e a pagamento, limitando in tal modo i numero di utenti liberi e non identificabili.
Risultato: maggiore sicurezza ma soprattutto guadagni, visto che MSN potrà sbarazzarsi di alcune infrastrutture non redditizie, come appunto la chat libere e gratuite.
A fronte di questi maggiori guadagni MSN prenderà ulteriori misure di sicurezza, come i moderatori, essendo in grado di fronteggiarne costi e rischi giuridici (con relative spese).
Non posso dire che questi provvedimenti sono da condannare in toto, perché sembrano avere le loro ragioni tecniche ed economiche, fatti del genere però sono un segnale di cambiamento della Rete, che un po' alla volta sta perdendo i suoi aspetti di gratuità ed accesso universale.
Non so ancora dire se questo sia un bene o un male, certo è però che senza leggi più consone a regolare la materia gli sviluppi difficilmente andranno nel senso di un ampliamento dell'accesso al Web, con uno svantaggio per tutti sul lungo periodo.