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3 - La figura femminile nella pubblicità

30/03/2009 23682 lettori
4 minuti
Un volto per ogni prodotto
Sulla necessità dell’uso del volto e del corpo femminile, la comunità professionale sembra spaccarsi a metà. Da una parte si schierano coloro i quali sostengono che dare riconoscibilità ad una marca attraverso volto o corpo di donna rappresenti quasi una scorciatoia in quanto ciò che è femminile risulta essere molto attrattivo e suscita maggiore attenzione di quanto non lo faccia ciò che è maschile. Dall’altra, invece, si trovano tutti quelli che sostengono “l’inutilità” del volto. Luca Lindner, pubblicitario che da molti anni lavora in Gran Bretagna, patria delle campagne pubblicitarie più creative dei nostri giorni, fa parte di questo gruppo e afferma che “basta un’idea creativa per sostituire il nudo e, per nudo, non intendo solo un corpo svestito ma anche un corpo in atteggiamento provocante e sexy. Purtroppo avviene spesso il contrario: è il nudo a sostituire la creatività”. Questa è la desolante affermazione che testimonia la realtà in quella tornata di anni che precedettero e che seguirono la lotta per l’emancipazione femminile. La donna-oggetto è stata sfruttata e usata dalla pubblicità. Manipolata nella sua bellezza, la donna era ed è ancora vista come un prisma, ove, ogni sua faccia, è stata analizzata, esasperata e scissa dalla sua totalità. Per una società di matrice maschilista, il binomio bellezza-intelligenza è un assurdo e, nell’immaginario maschile, incute timore.  
Sembra che oggi sia in corso una leggera inversione di tendenza: la donna degli spot pubblicitari non sempre appare senza veli, ma si avvicina anche ad una figura femminile più reale, comune nella sua unicità. Sembra essere più “normale”, meno irraggiungibile e perfetta, non è necessariamente ammiccante. Testimonianza di questa controtendenza sono, ad esempio, gli spot della Banca San Paolo IMI in cui viene ritratta l’attrice Luciana Littizzetto che, poiché non rientra né nei canoni di bellezza comunemente accettati né nell’immaginario sexy delle persone, interpreta perfettamente una “donna normale” mentre sottopone al suo bancario di fiducia problemi “normali” che vengono però sapientemente insaporiti e resi quindi degni di attenzione, da simpatiche battute e colorite allusioni: celebre il pay off[2] che recita “Ti amo bancario”.
Viene quindi a crearsi una commistione di stili diversi che vedono, come protagoniste, tipologie di donne diverse: ogni prodotto sembra rivolto a specifici segmenti di mercato e risulta capace di realizzare i desideri di quella precisa nicchia[3]. Negli spot di Carosello, ad esempio, comparivano costantemente massaie “vestite a festa”: il mezzo tacco ai piedi, il golfino d’angora e il grembiule perfettamente stirato conferivano, alla strategia comunicativa, una forte dose di irrealtà. Il fatto poi che le signore in questione usassero il dado magico, capace di dare ai piatti sapori inimitabili, non risultava di fondamentale importanza per le nostre nonne. Quelle figure televisive interpretavano la parte della massaia solo per i brevi istanti necessari alla registrazione dello spot, ma questo non portava le casalinghe “a tempo pieno” a strani e plausibili rancori, anzi: a catalizzare la loro attenzione non erano né il dadino né l’olio di semi bensì il sogno di poter, un giorno, stare di fronte ai fornelli con la messa in piega appena fatta e con il vestito “buono”, proprio come le massaie della tv (D. Pitteri, 2000, p. 245). Oggi la casalinga si è sicuramente riscattata ed evoluta e le aziende sanno di poter trovare in lei un attento ascolto: è il fulcro della comunicazione pubblicitaria in quanto decreta il successo di ogni detersivo o elettrodomestico.

La pubblicità è una attenta spia degli aspetti peculiari della concretezza quotidiana. Essa ha sempre adempito ad un duplice compito: da una parte riflettere perfettamente la realtà in cui vive la società a cui si mostra; dall’altra si rivela come una sorta di “lampada di Aladino” in quanto mostra ai suoi spettatori ciò che vorrebbero-potrebbero essere. E il prodotto reclamizzato assume la funzione del “genio” che abita la lampada e realizza il sogno.

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[2] Frase che chiude lo spot pubblicitario.
[3] Segmento per prodotti ad alta specializzazione indirizzati ad una specifica fascia di consumatori.