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Twittare, l'avete scelta come parola del mese di marzo.

09/04/2009 10825 lettori
4 minuti

Nella vittoria elettorale di Barack Obama ha svolto un ruolo fondamentale la cassa di risonanza delle “reti sociali” virtuali: dalla community di oltre un milione di affiliati che gioca alle assonanze con MySpace (My.BarackObama.com) all’album fotografico da inquilino della porta accanto su www.flickr.com; dall’approdo a Facebook e YouTube, con i circa due milioni di fan prima delle elezioni (contro il mezzo milione appena di John McCain), allo sbarco su Twitter.
Più che i video musicali perfettamente sintonizzati sulla lunghezza d’onda della condivisione emotiva, come quello ideato dal fondatore dei Black Eyed Peas, il rapper William James Adams Jr. (in arte Will.i.am). Più che la decina di videogiochi, tutti assai noti e rigorosamente targati Electronic Arts, nei quali il neopresidente americano si è insinuato, quasi suadente avatar, con i suoi banner outdoor. Più che l’Houdini Project, la carta nella manica di una inedita “magipolitica”, con milioni di sms inviati dai militanti, appostati dinanzi ai seggi, con su digitati i codici numerici degli elettori in attesa di esercitare il loro diritto di voto (e, intanto, le sollecitazioni fatte pervenire agli assenti per il compimento del loro dovere nel segreto dell’urna). Più di tutto questo, probabilmente, ha potuto il cliccatissimo profilo di Obama su Twitter, con il cicaleccio continuo dell’instant messaging e del microblogging.
Meditate, politici italiani, meditate.

 

Massimo Arcangeli