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Orvieto e un Arlecchino

14/11/2003 18462 lettori
5 minuti

Passando un giorno d’estate lungo una strada di Orvieto si soffermò davanti ad una vetrina, vi era esposto un quadro, olio su tela, raffigurante, tra l’altro, un Arlecchino.

Quell’Arlecchino le ricordò molte cose ed ore lontane ed anche un piccolo abito di carnevale riposto in chissà quale comò..

Decise di entrare, si guardò intorno, nel suo osservare trovò e lesse su un piccolo manifesto dei dati. Si trattava del pittore di quel quadro..

Umberto Verdirosi, nato da madre veneta e padre siculo in terra piemontese, uomo versatile, pittore e scultore, poeta ed attore dice “il gesto dell’artista nel quadro è l‘artista stesso, dietro la tela c’è l’artista. Ma ricordatevi: se fa uno scarabocchio, lui è uno scarabocchio”.

Poco dopo un uomo, quell’uomo, le venne incontro e cominciò a parlarle, in libero fluire, di tante cose, concetti, maschere, pensieri…

“L'ibrido allontana l'umano pensiero, tutto ciò che è creativo non si sposa con "l'ibrido " . è una premessa : scarabocchio.
Noi siamo quello che facciamo per cui inutile spiegare il superfluo.
L'Arlecchino si maschera perché il palcoscenico è anche parte di noi, quando è quello della vita.
Una maschera in più è quella che indossano i politici , i giornalisti, i preti ecc...
Perché… il perché non si sposa con il come mai?...
La risposta la possiamo trovare, per quanto mi riguarda, nel mio " Necrologio al critico d'arte". Facciamo un funerale all'ipocrisia giornalistica, forse qualche cane ( quelli che mordono ) lo seguirà….
 
Acquistò due piccole stampe, in una vi era l’Arlecchino.
Bella Orvieto. Papà aveva ragione.