Gino Paoli al Teatro Smeraldo
Non rinuncia a coltivare, a dispetto dei capelli bianchi, l’innocenza, lo stupore e la fantasia dell’eterno bambino.
Gino Paoli festeggia il 50º anniversario della sua carriera, iniziata come cantante di balera. Ed è sul palco del Teatro Smeraldo di Milano che ha presentato venerdì scorso il suo nuovo disco di inediti, “Storie”. Un disco, come nella miglior tradizione paoliana, senza esclamativi, ricco invece di interrogativi, proposti senza alcuna pretesa di risolverli. Uno dei brani-simbolo del disco è proprio “L’uomo che vendeva domande”, in cui è il dubbio, e non la certezza, a determinare la conoscenza.
Ad accompagnarlo sul palco, Vittorio Riva alla batteria, Marco Caudai al basso, Carlo Fimiani alle chitarre, Dario Picone al piano e tastiere, e i GnuQuartet, quartetto formato da Francesca Rapetti al flauto, Roberto Izzo al violino, Raffaele Rebaudengo alla viola e Stefano Cabrera al violoncello.
Nella prima parte della serata, sono i brani che fanno parte del nuovo disco ad appassionare il pubblico. Ancora gli animali al centro dei suoi testi. Con “Il pettirosso”, traccia un crudo, eppur poetico, ritratto di un dramma, un episodio di pedofilia: «Era una donna di undici anni e mezzo / Si alzò la gonna per saltare il fosso... di settant’anni incontrò un bambino / Voleva ancora afferrare tutto / E non sapeva cos’è bello e cos’è brutto...». Cresce il racconto della violenza, poi la morte del vecchio, accolta dalla pietà della fanciulla. Canta così Gino Paoli la sventura, la pietà, velate di quella malinconia che da sempre contraddistingue la sua musica.
Prosegue con “Signora Provvidenza”, in cui descrive alla sua maniera un gatto “spelato malinconico e un po’ matto”, conscio che ai padroni “non bisogna mai troppo obbedire”.
Nella seconda parte della serata, i successi di sempre, da “La Gatta” a “Il cielo in una stanza” fino a “Sapore di sale” con cui coinvolge l’intera platea del teatro.
E ancora “Sassi”, “Me in tutto il mondo”, “Anche se”, “Che cosa c'è”, “Vivere ancora”, tutti brani divenuti dei classici e tradotti in molte lingue. L’emozione cresce con “Una lunga storia d'amore”, “Averti addosso” e “L’ufficio delle cose perdute”. Due ore di musica che rendono omaggio a uno dei più grandi rappresentanti della musica leggera italiana.
Gino Paoli canta l’amore con quel candore che fa della sua musica la sua cifra stilistica. Ed è la favola, ancora una volta, la protagonista del nuovo disco. Una favola che, però, mai si dimentica della vita reale e dell’indifeso. In “La paura” si chiede se la cattiveria esista davvero, e se l’uomo nero non sia piuttosto un’invenzione terroristica degli adulti. In “Due vite”, il confine tra giusto e sbagliato si svela sfuggente, visto che “senza uno sbaglio io non saprei vivere”. Elementi semplici ma che toccano l’anima perché veri.
Insomma, due ore di musica per attraversare cinquant’anni di carriera. E Gino Paoli vuole festeggiarli con una sorpresa da regalare al suo pubblico. Sul palco del teatro, una delle voci nuove del panorama musicale italiano: Malika Ayane. Un duetto originale. Un raffinato contrasto di voci. Nuova e penetrante quella di Malika, rassicurante e calorosa quella di lui. E come un maestro che cede il passo alle nuove leve, così Gino Paoli lascia poi il palco a Malika che canta il suo successo sanremese, “Come foglie”.
A chiudere la serata, un Gino Paoli intimo e autentico. Al pianoforte, con “Senza fine”.
Elisa Giacalone - Milano