A Como Rubens e i fiamminghi
Qualora ce ne fosse ancora bisogno, abbinare lo spettacolo teatrale alla mostra, denota indiscutibilmente il qualificato modo di operare con la dovuta competenza. Un procedere sistematicamente: seguendo un sistema, un ordine, una serie di principi rigorosi. Lo spettacolo concepito e messo in scena in maniera da poter essere fruibile ad un’ampia fascia di pubblico, certamente contribuisce a rinvigorire gli stimoli raccolti durante la mostra. Nel caso specifico della grande mostra - Rubens e i fiamminghi - encomiabile l’impegno degli autori ad interpretare «l’identità artistica barocca che ha contagiato trasversalmente tutte le arti, dove la vera rivoluzione fu la maturazione di un nuovo dialogo tra ideale e quotidiano, immaginazione e realtà». Spesso l’attualità ci fa ancora leggere le vicende del «cavaliere errante» che si costruisce da sé un mondo di fantasia, in contrasto con la realtà quotidiana che prova costantemente a disarcionarlo, ed in «rappresentanza di quel simbolo di spirito barocco, che vede nelle virtù e nel valore la prima vera forma d'arte al servizio della vita e della sua celebrazione». Peraltro è proprio la sistematicità che fa emergere sia il goffo sognatore sia il virtuoso competente.
Continuando l’allegoria nello specifico della nostra comunità: il sognatore è piuttosto problematico ed affatto goffo; di volta in volta è persona o gruppo; va in conflitto e quasi sempre assume atteggiamenti e comportamenti inconcludenti. Di conseguenza contrasta e/o dilaziona; maldestro nel deliberare, limita o annulla i tempi preparatori. Mentre poi, a cose fatte, si fanno i primi - persona o gruppi che siano - a sottolineare che «in una congiuntura economica così difficile le istituzioni hanno il compito di «fare la lepre» e cioè da traino anticipatore, con iniziative che sono sì onerose ma anche e soprattutto economicamente rilevanti, poiché hanno il ruolo di volano per il turismo culturale e per la comunicazione dell’immagine del territorio nel mondo». Da considerazioni riprese dalla stampa locale, dopo la presentazione ai media dell’evento, l’assessore alla Cultura Sergio Gaddi non ha mancato di sottolineare come la mostra che documenta con ampio apparato didattico la fucina creativa e il senso della «bottega collettiva» da cui è sorto il mito di Rubens, sia in realtà piena di dipinti che recano indelebile il segno della sua mano pittorica diretta. Quantunque gli piacesse molto d’andar per le bocche altrui, n’avrebbe in quella congiuntura fatto volentieri di meno: ormai da tempo, crede e s’ingegna in tal senso, annoverando, se non trionfi, certamente lusinghiere affermazioni.
Quasi un vernissage - vista l’esclusività dell’invito - la cerimonia d’inaugurazione della grande mostra che di sicuro frantumerà il record del mezzo milione di persone che, in sette anni, hanno varcato la settecentesca villa Olmo. Spesso le attività legate allo sviluppo del marketing territoriale sono state, ed ancor oggi troppo spesso lo sono, interpretate quale «semplice» azione destinata alla definizione e sviluppo delle attività di promozione - l'incentivo o stimolo che tende a far conoscere e apprezzare un servizio, un prodotto o un'idea - confondendo appunto il marketing, quale definita attività di pianificazione e programmazione strategica, con quella di promozione. È proprio riconducendoci all’attività di pianificazione strategica ed alla bramosia di sentirci partecipi - in quanto cittadini potenzialmente attivi - e promotori del decentramento culturale orientato ad allargare gli spazi della fruizione sociale, che auspichiamo la dilatazione delle pratiche di consumo di beni e servizi culturali. Nell’attesa, da autodidatta , si cerca nella rete materiale d’apprendimento attinente l’argomento d’interesse, per leggerlo, analizzarlo e possibilmente commentarlo. In relazione alla propria capacità di comprensione, in forme e modi più o meno inconsueti, si cerca di favorirne il godimento o quantomeno soddisfare la curiosità. A seguire due brani ripresi dalla rete attinenti P.P.Rubens nel suo soggiorno in Italia e la modernità del barocco.
Dal 1600 al 1608 Pieter Paul Rubens, il più grande artista fiammingo del XVII secolo e uno dei più prolifici di tutti i tempi, soggiornò in Italia, dove svolse mansioni diplomatiche e politiche per il duca di Mantova, Vincenzo Gonzaga. Ebbe, così, la possibilità di studiare da vicino le opere dei grandi maestri della pittura italiana, dall’antichità al Rinascimento fino ai suoi contemporanei, tra cui Caravaggio, che influenzò alcune opere della sua prima produzione, conducendolo all’elaborazione di uno stile caravaggesco originalissimo. Le influenze caravaggesche e gli echi michelangioleschi, riflettono lo studio di Rubens dell’arte italiana in generale, che nutrì la sua sensibilità ed affinò le sue conoscenze culturali e tecniche, rendendolo pienamente padrone di luci, ombre e colori, consentendogli di arricchire virtuosisticamente le sue composizioni, così da renderle colorite, ricche di brio e di energia, fastose e vigorosamente vitali, in rappresentazione di un’umanità carnale ed eroica, sfumature, queste, insolite per la pittura fiamminga, segni inequivocabili dell’apertura mediterranea.
Modernità del Barocco. Le forme estetiche barocche colpiscono leve psicologiche, e quindi bisogni, dell’essere umano. È questa complessità a rendere il Barocco così moderno: la nostra epoca deve a esso molto più che a ogni altra epoca precedente. Gli artisti del Seicento estremizzano nell’opera d’arte i drammi e i sentimenti. Le antitesi (fuoco/ghiaccio, splendore/oscurarsi) sono un esempio del procedere per estremi che delinea una vita concitata, agitata, in cui la magnificenza del gesto è più importante della perfezione dell’opera. Anche la tecnica pittorica acquista il carattere dell’incompiuto per esaltare l’espressione del soggetto: i bozzetti e le pennellate discoste di Velazquez e molti altri pittori tengono lo spettatore in tensione coinvolgendolo nella creazione dell’opera, affinché sia lui a ricomporre la rappresentazione. Anche in letteratura si elogia la difficoltà e la si imposta pedagogicamente: tanto più il percorso è oscuro, tanto meglio il sapere si acquisisce solidamente. Secondo Gracian, «la verità tanto più è difficoltosa tanto più è piacevole, e la conoscenza che si ottiene è più apprezzata».