Bentornato. Accedi all'area riservata







Non ti ricordi i dati di accesso?Recupera i tuoi dati

Crea il tuo account

2 SHARES

La mostra a Como «Rubens da vicino»

01/05/2010 12949 lettori
4 minuti

 

Il Rubens rivisto da Carlo Pozzoni, il fotografo che ha realizzato immagini di particolari dei quadri in esposizione nella mostra «Rubens e i Fiamminghi» a Villa Olmo. Divenuta a sua volta la mostra di Carlo Pozzoni «Rubens da vicino» inaugurata sabato 24 aprile, fino al 15 maggio, alla galleria «il tramite» in via Borgovico 36/38 a Como.

Un qualificato modo di operare con la dovuta competenza. Un procedere sistematicamente: seguendo un ordine ed una serie di principi rigorosi. Ne isolo dal testo dell’autore il godimento estetico: «una sensazione di appagamento anche fisico che coinvolge non solo la mente ma anche il corpo». E la comunicazione creativa: «il mio strumento di comunicazione che è la macchina fotografica. La mia scommessa era, infatti, se fosse possibile realizzare lavori creativi e autonomi dall'opera originale…».

Suggestiva la scelta del frammento da ingrandire, toccante la capacità di rendere la pennellata di Rubens, nella diversa densità dei colori, il modo in cui la tela si impregna di materia. Incline, nel suo riserbo, alla scommessa persegue la realizzazione creativa, autonoma ed originale al tempo stesso; l‘esperto fotografo cerca l’evento e vuole il frutto. L’esperienza in quei frangenti è un fattore fondamentale ma non è sufficiente. Il professionista è abituato ad utilizzare l’intuito nel lavoro quotidiano spesso senza rendersi nemmeno conto di farlo, e per questo motivo nemmeno riesce ad identificare cosa l’abbia portato a fare determinate scelte. È bravo Carlo Pozzoni, e ce lo comunica con efficacia «Non avevo idea nemmeno di come avrei operato: probabilmente con un obiettivo "macro", per meglio cogliere il dettaglio. Tuttavia, una volta da soli davanti a capolavori universalmente riconosciuti, senza protezione, immersi nel silenzio e nel buio della sala ma davanti al quadro perfettamente illuminato, ci si trova completamente indifesi, come se ad essere senza protezione e nell'oscurità più totale non fosse solo l'opera che si ha di fronte. Non sapevo ancora come mi sarei cimentato nel confronto; per cui mi sono dapprima limitato ad aspettare il primo giorno di chiusura della mostra - un lunedì - e mi sono letteralmente immerso nell'universo barocco della pittura fiamminga».

Nella cultura barocca permane il concetto rinascimentale di esperienza, che però assume un significato diverso, in quanto lo sviluppo delle scienze pone il problema della veridicità dell’esperienza e delle sue implicazioni. In pittura più che nelle altre arti si descrivono ambienti e persone in modo del tutto nuovo, rappresentando vere e proprie esperienze di vita. A fianco dell’esperienza, nella cultura barocca vi è la componente del movimento: in un mondo dove tutto cambia e viene travolto, l’uomo viene percepito in movimento nel suo microcosmo e nella realtà. Si legge in un verso del poeta francese Motin: «l’anima del mondo tutto è il solo movimento». Si scopre il movimento nella circolazione del sangue, nel moto degli astri, nel conflitto bellico, nell’agricoltura. Le architetture e le sculture sviluppano il concetto del movimento in progettazioni dinamiche in cui l’equilibrio è un risultato sempre precario e spesso minacciato. La bellezza, quindi, non è più data dall’armonia e dall’immutabile simmetria, ma dal movimento.
Quando Bernini viene chiamato a Parigi per ritrarre nel marmo Luigi XIV, chiede al sovrano di non stare fermo in posa ma di muoversi, per cogliere così il suo vero sembiante: «Un uomo non è mai tanto somigliante a se stesso come quando è in movimento». È come se da un mondo complesso e perfetto come l’opera di Rubens possa essere concesso di trasformare l’opera stessa in qualcosa di totalmente diverso. Va da se che il digitale abbi potuto aiutare «nel sezionare e selezionare le tele, è pur vero però che, da solo, rimane ancora un qualcosa di astratto ed etereo». Per dirla con le parole di Sergio Gaddi, «l'obiettivo della macchina fotografica come un microscopio, riesce a visualizzare le fibre della pittura del maestro». Da qui l'idea di utilizzare un supporto non tradizionale per l'immagine fotografica: il tessuto. Si tratta di macrofotografie di frammenti tanto ingigantiti che la fonte risulta irriconoscibile, anche all’occhio più esperto.


All’epoca di Rubens le pitture allegoriche hanno una chiara funzione comunicativa. Sembra che l’Allegoria dei benefici della pace (1629-30) sia stata portata in dono da Rubens a Carlo I d’Inghilterra quando tentò d’indurlo a riappacificarsi con la Spagna. Il dipinto mette in contrasto i vantaggi della pace e gli orrori della guerra: Minerva (con l’elmo), dea della saggezza e delle arti apportatrici di civiltà, scaccia Marte che sta quasi per ripiegare, mentre la sua terribile compagna, la Furia guerresca, ha già voltato le spalle. Sotto la protezione di Minerva le gioie della pace si spiegano davanti ai nostri occhi con simboli di prosperità e abbondanza: la Pace offre il seno a un fanciullo, un fauno adocchia beatamente la frutta sgargiante, le Menadi danzano fra ori e tesori, il leopardo gioca pacifico come un grosso gattone. A destra, tre fanciulli con sguardi ansiosi fuggono dall’orrore della guerra verso il rifugio della pace, mentre un genietto li incorona. E’ un quadro di contrasti vivaci e colori molto caldi: Rubens non riesce ad apprezzare le forme “ideali” della bellezza classica, che gli sembrano remote e astratte. I suoi personaggi sono esseri viventi.

Riferimenti

http://www.baroque.it/

http://www.quicomo.it

Catalogo Rubens da vicino

http://www.laprovinciadicomo.it/stories/Cultura%20e%20Spettacoli/128517_cos_ho_fatto_a_pezzi_rubens/

 

Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.