La comunicazione delle banche
Questo articolo è tratto dal sito www.undicom.it, l'ho ripubblicato visto il periodo di turbolenza che attraversano oggi le banche per i casi Ciro e Parmalat.
Quando pensiamo all'idea di banca ci viene in mente un mondo molto serio e compassato, verso cui nutriamo timore reverenziale e forse anche un po' di diffidenza.
Negli ultimi anni tuttavia la comunicazione da parte del mondo finanziario ha subito dei cambiamenti notevoli, con investimenti cospicui per la realizzazione di campagne pubblicitarie innovative attraverso i vari mezzi, solo in parte frenati dalla crisi della New Economy e dai contraccolpi economici dell'Undici Settembre.
Come ricorda Luca Muralti di Cia Mediaedge in un suo contributo questo tipo di comunicazione ha sicuramente aspetti peculiari, infatti mentre nel mass market bisogna essenzialmente far conoscere l'esistenza di un prodotto, con alcuni elementi di differenziazione, nell'ambito finanziario entra in gioco un rapporto inevitabilmente fondato sulla fiducia, in cui l'elemento personale va ad aggiungersi alla comunicazione pubblicitaria di partenza.
In particolare, continua Muralti, nella scelta della banca da parte del consumatore entrano in gioco elementi territoriali e questioni d'abitudine (ad esempio addebiti/accrediti diretti sul conto, come le bollette o lo stipendio) e di resistenza al cambiamento molto più rilevanti che non quando si tratta di scegliere tra una serie di prodotti, tutti disponibili sugli scaffali e acquistabili anche una sola volta, senza che s'istauri necessariamente un rapporto di lungo termine.
Quando si sceglie un'istituzione finanziaria sbagliata poi il costo dell'insoddisfazione è molto più elevato e dunque per correre il rischio derivante dalla firma di un contratto il consumatore deve essere rassicurato in modo più profondo rispetto ai commodity goods.
Il comportamento delle banche tuttavia è stato a lungo quello di sfruttare al massimo la rendita del consumatore, dando meno di quanto apparentemente promesso al cliente, anche grazie ad un'informazione fornita in modo parziale e/o in ogni caso difficile da capire.
Questa situazione, unita a momenti di forte instabilità dei mercati finanziari, sul lungo periodo ha finito per rendere estremamente diffidenti gli utenti.
Per questo oggi le banche stanno cercando di interagire, almeno a livello comunicativo, in modo diverso con i loro potenziali "consumatori".
Si cerca quindi di attirare il cliente con messaggi piacevoli, spingendolo ad informarsi sui servizi offerti, di cui tuttavia in certi casi si parla veramente poco in profondità negli spot (per questo ad esempio Conto Arancio è stata condannata dallo IAP per pubblicità ingannevole), tramite una strategia emozionale e attraverso l'utilizzo di linguaggi nuovi.
Una cosa che colpisce subito dunque è che la razionalità pura è in declino nella comunicazione delle banche, e se andiamo a vedere la promessa ("cosa ti offriamo") fatta dagli spot questa spesso non è molto definita, così come la reason why (perché il nostro servizio è così?), oppure si fonda su presupposti un po' "forzati", come, ad esempio, quelli di Ras Bank (senza Ras non abbiamo un'identità personale?).
Il linguaggio usato diventa quindi quello dell'ironia e/o della metafora, con utilizzo di testimonial famosi (Littizzetto/S.Paolo Imi, Sean Connery/Ras ed altri), per attirare l'attenzione del cliente che guarda la televisione (o un altro mezzo), anche a costo di rischiare di far passare in secondo piano, nello spot, il prodotto pubblicizzato (ancora Ras).
Gli stessi spot sono realizzati con tecniche raffinate, talvolta da registi importanti, con una scelta accurata delle location (raramente all'interno di una banca), degli effetti speciali, dell'uso dei colori e del montaggio, della scelta delle musiche, anche di classifica, come avviene da tempo nella telefonia.
Ad investire di più sono sicuramente gli istituti che non hanno sedi fisiche per farsi vedere, banche nuove ed innovative, che lavorano molto anche con Internet ed il Web, come ad esempio Ing Direct, che nel 2002 è stata largamente il top spender del settore della comunicazione finanziaria, con una spesa tripla rispetto al secondo investitore pubblicitario di categoria.
Le banche inoltre oggi cercano sempre maggiore visibilità tramite le sponsorizzazioni sportive, talmente fortunate in certi casi, come quello Alinghi/Ubs, da far diventare il team sportivo finanziato metafora dell'istituto di credito stesso nella pubblicità.
Nel concludere non possiamo trascurare un leggero calo d'investimenti nel 2003, ed in ogni caso anche nel 2002 c'era stata una diminuzione dell'8 % rispetto all'anno precedente, dovuto in parte all'affermazione ormai raggiunta da alcuni nuovi players, che di conseguenza stanno leggermente diminuendo la loro pressione pubblicitaria.
In ogni caso si può sicuramente affermare che ormai si è avviato un trend nuovo, questi spot sono più piacevoli da vedere e sono rassicuranti, sarà importante però che le banche vi adeguino anche i loro comportamenti reali, per evitare sul lungo periodo un effetto boomerang.
Riferimenti
Luca Muralti,"La regia del centro media per una comunicazione integrata", in http://www.telebank2000.it/index.html