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Message in a bottle: la parola è viva e vegeta

20/09/2010 14535 lettori
5 minuti

“O così, o Pomì” recitava il claim di una famosa pubblicità. Una frase tanto breve quanto incisiva, diventata patrimonio del nostro gergo quotidiano: utilizzata per esprimere con simpatia, ma anche con decisione, l’alternativa fra due possibili opzioni; alzi la mano chi non ha usato almeno una volta nella vita questa espressione per rivolgersi ai propri figli, a qualche amico o conoscente oppure a colleghi e collaboratori.

Ideatore di questa (e di altre campagne pubblicitarie di successo) è stato Emanuele Pirella, da pochi mesi scomparso, ma la cui eredità professionale e culturale va meditata e rielaborata. La sua attività di copywriter, di giornalista e comunicatore consente di approfondire una riflessione sul ruolo della parola nella realizzazione di un’attività di comunicazione efficace e di valore.

Gli ultimi decenni, infatti, sembrano presentare delle significative polarizzazioni fra mezzi alternativi attraverso cui veicolare i messaggi di un’azienda o di un’istituzione: dall’opposizione fra immagini e parole, fino al rapporto di odio e amore fra web e carta stampata che da qualche tempo è decisivo nella strategia di un’agenzia di comunicazione. Se, però, il collegamento fra le immagini e parole può restare sullo sfondo – essendo legato alla campagne pubblicitarie su tv e stampa -  non può passare in secondo piano la riflessione sulle possibilità e le nuove sfide lanciate ai professionisti della comunicazione da parte dei nuovi, e in continua evoluzione, mass media.

Il dibattito, insomma, sembra essere diviso fra detrattori e sostenitori delle potenzialità espresse dai nuovi media: portali web, redazioni on line, blog  e, più recentemente, social network come Facebook, LinkedIn e Twitter, utilizzati come strumenti di marketing. Dall’altra parte della barricata, invece, i promotori dei canali e dei metodi di comunicazione tradizionali: le campagne stampa su riviste di settore e non, redazionali e publiredazionali. Negli ultimi tempi, tuttavia, si assiste a una sempre più crescente integrazione fra i linguaggi del web e della carta stampata: si parla, infatti, di approccio “cross mediale” che unisce parti di testo con la possibilità di scaricare attraverso i cellulari i contenuti audio e video legati all’articolo che si sta leggendo.

L’analisi dei pro e contro di questo argomento rischierebbe di sfociare in annosi dibattiti, interessanti per alcuni aspetti strategici, ma che rischiano di non cogliere a pieno le potenzialità dei nuovi strumenti di comunicazione che l’innovazione tecnologica mette a disposizione. La scelta, infatti, non è fra questo o quello, o carta o web… “o così, o Pomì”. La scelta, provocatoriamente, è non scegliere: sfruttare, invece, tutti i canali puntando sulla qualità, soprattutto dei contenuti.

Al di là di analisi superficiali, il fenomeno web ha dato nuova vita e imposto nuove sfide proprio all’attività di scrittura dei testi e dei contenuti. La peculiarità della rete è, infatti, la massima libertà: tutti possono scrivere sul web, farsi spazio e promuovere la propria attività o iniziativa. Ciò che un’agenzia di comunicazione è chiamata a fare è, quindi, fornire servizi ad alto tasso qualitativo che rispondano alla domanda semplice, ma non scontata: perché un’azienda dovrebbe pagare qualcuno per scrivere qualcosa?

Non è sufficiente, infatti, saper scrivere per dare visibilità alla propria azienda: occorre saperlo fare in maniera professionale, affidandosi ad esperti nella stesura di contenuti ad hoc e non limitarsi al “copia e incolla” della brochure aziendale proprio perché quest’ultima si pone obiettivi ed è rivolta a un target specifico. Se questo può essere vero per la carta stampata, lo sta diventando sempre di più per i testi destinati a un sito, a una newsletter, a una dem o pubblicati in un portale di informazione.

 Il visitatore di una pagina web, infatti, è un fruitore esigente, ma allo stesso tempo, “infedele”: se non trova, nel più breve tempo possibile, l’informazione cercata, si orienta subito su altri siti. Per questo i testi devono essere scritti in maniera concisa, senza lasciare spazio a inutili divagazioni retoriche che magari rendono il contenuto più “letterario”, ma non forniscono informazioni in maniera sintetica e puntuale. Anche il ricorso allo slang del marketing – il cosiddetto “marketese” – rischia di non portare i risultati sperati: il linguaggio autoreferenziale e che declama virtù e record dell’azienda può, infatti, allontanare quei lettori interessati a scovare informazioni accurate sulla stessa per poi, eventualmente, decidersi per l’acquisto di prodotti. E’ ormai consuetudine inserire nelle pagine dedicate ai prodotti la funzione  “contatta l’azienda” oppure “richiedi un preventivo” e “acquista”: se un testo è ben scritto e strutturato, descrivendo i plus senza risultare stucchevole, il passaggio dalla lettura all’effettiva concretizzazione di un acquisto può avvenire in maniera molto più rapida e redditizia per il proprio business.

Un’altra peculiarità dei testi per il web e che, probabilmente, è ciò che caratterizza la loro specificità è che la rete non è “frequentata” solamente da persone in carne e ossa, ma è scandagliata da software di analisi dei contenuti che sono utilizzati per indicizzare un sito. Per questo è necessario che i contenuti siano scritti utilizzando criteri “oggettivi” che permettano un posizionamento nei primi posti delle “classifiche” dei motori di ricerca: una conoscenza approfondita delle regole di SEO e un sapiente uso di tag, metatag, keyword, headline e abstract consente di rendere altamente visibile il proprio sito. Per questo, se nel passato la realizzazione di un sito era frammentata fra grafica e programmatori web lasciando ai copywriter il compito di “riempire” lo spazio fra le immagini, oggi la carta vincente è quella di integrare tutte le professionalità per fare in modo che l’architettura di un sito, e la conseguente distribuzione dei contenuti, consenta una navigazione facile e piacevole che trasmetta contenuti, ma allo stesso tempo sia occasione di un’esperienza da rivivere.

La sfida, quindi, è quella di coniugare in maniera intelligente l’esigenza, da una parte, di rispondere a regole precise di visibilità nel web e, dall’altra, esprimere contenuti emozionali che trasmettano in maniera chiara e immediata l’identità di un’azienda senza ricorrere a messaggi preconfezionati o inflazionati.

 

Claudio Capovilla
Claudio Capovilla

Classe 1970, sposato e papà di due bimbi: Giulia e Mattia.
Direttore di Strategia, nonché Presidente, dell’agenzia di comunicazione e marketing Gruppo Icat di Padova, vanta un’esperienza nel settore di oltre 15 anni; è stato eletto nel 2009 membro del Consiglio Direttivo Unicom e nominato suo rappresentante delegato per il Triveneto.
Dal 1990 si occupa di marketing strategico e comunicazione integrata al fine di strutturare strategie per creare nuove possibilità di sviluppo ed arrivare al raggiungimento degli obiettivi in modo pianificato.
Con Gruppo Icat ha creato uno staff creativo e tecnico strutturato in quattro divisioni, ognuna autonoma per le proprie competenze, ma perfettamente in grado di lavorare in sinergia alle altre, per dare forza e concretezza a qualsiasi progetto.
Dalla sua, la competenza acquisita in anni di lavoro sul campo, che gli ha permesso di sviluppare le capacità di analisi del target e delle aspettative aziendali per elaborare un posizionamento solido e strategico, di coltivare le relazioni con istituzioni e media per favorire la crescita e la visibilità dell’azienda e di fornire le soluzioni operative mirate a incrementare l’efficienza e la competitività aziendale.
La sua attenzione per l’ambito territoriale l’ha portato ad affiancare gli enti e le istituzioni, come la Gizip (Gruppo Imprenditori della Zona Industriale di Padova), di cui è il Vicepresidente dal 2008.