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È nero quel buio che l’uomo appiattisce.

20/01/2011 4653 lettori
4 minuti

 

Immagina un mondo notturno privo di luce artificiale. Un paesaggio senza i contorni, le forme, il senso dello spazio. Uno scenario senza vivacità né originalità: la monotonia appiattisce la vita. È il buio impenetrabile ritratto da Domenico David, in uno scenario in cui compaiono fredde e anonime strutture di periferia, raffiguranti paesaggi con l'assoluta assenza di figure umane, che ingenera desolazione ed attrazione al tempo stesso. Un’afflizione quasi di intimo dispiacere che incute l’assoluta assenza di figure umane, tra l'oscurità della notte e una luce fredda e artificiale che illumina, dall'esterno, le anonime abitazioni di periferia. Nel medesimo tempo un’azione e forza di attrarre, in un contesto psicologicamente dominante, come di una specie di “sillessi”: «costruzione, o concordanza, a senso» ovvero concordanza non alla forma, ma all’idea che essa contiene.

Domenico David indaga così su un linguaggio di pittura ontologica interroga le strutture profonde dell’essere. Come Cézanne, «Non riproduce ma produce la sensazione visiva come costruzione spaziale e cromatica dell’equilibrio tra il farsi della coscienza ed il farsi della realtà, tra soggetto ed oggetto». Il nero di fondo che avvolge e dialoga con l’impasto dei colori-luce. Il risultato finale è quello di una pittura intensa e mentale fatta di pennellate veloci cariche di colore vibrante che si stagliano dallo spazio nero, il nero ricorrente in questi paesaggi di grande sintesi compositiva. «A basso voltaggio» è il termine che l’artista prende a prestito dal mondo dell’energia industriale interrogandosi sul rapporto tra la luce artificiale e spazio nero. «A basso voltaggio» che - come spiega Edoardo di Mauro, curatore della mostra - «indica, nell'arido paesaggio delle sterminate periferie industriali della nostra società «liquida» ed apparentemente destinata ad una condizione di eterno presente, il rapporto inevitabile tra la luce artificiale e lo spazio nero della notte».
 
Didattica, almeno per quanto mi attiene, la conferenza sull'opera pittorica di Domenico David. Opere in mostra - al Marsiglione Arts Gallery - fino al 29 gennaio. Eloquenti i relatori. - Edoardo Di Mauro: critico d'arte, docente universitario e curatore della mostra - Salvatore Marsiglione: restauratore d'opere d'arte e gallerista. Carismatica la presenza dell'artista Domenico David, docente di pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Brera:una rilevante abilità di affascinare e sedurre. Ha consentito una particolareggiata rivisitazione del suo modo di operare, con una suggestiva scelta di frammenti di pittura mediante l’ingrandimento. Toccante la dimostrazione della capacità di rendere la pennellata efficace e significativa con la diversa densità e cromaticità dei colori. Di un certo interesse anche l’intervento dell’operatore finanziario che ci ha intrattenuto sul binomio «Finanza ed Arte», argomento già compreso tra i temi della conferenza. Lo stesso, con l’esposizione di un’interessante grafica ha commentato l’andamento, negli anni, della borsa specificatamente all’investimento in opere d’arte.
 
Resta di attualità l’interesse dei nuovi mercati: non più solo investitori con grandi capacità di spesa ma anche privati e aziende che si affacciano a questa nuova «asset allocation» diventato oggi valido strumento di diversificazione del rischio. Al tempo stesso ha voluto puntualizzare che se da un lato l'acquisto di un'opera d'arte può generare ritorni interessanti nel medio/lungo periodo, è altrettanto vero che la sua intermediazione necessita del supporto di un professionista esperto in grado di indirizzare la scelta e mettere l'investitore al riparo dal rischio di acquisti sovrastimati o di avventurarsi nell'acquisto di un'opera che avendo già raggiunto la maturità di mercato difficilmente potrà generare plusvalenze significative. Peraltro il prof. Di Mauro, nell’intrattenerci piacevolmente sull’arte, ha ipotizzato la quasi certa rivalutazione di alcuni artisti contemporanei finora trascurati dal mercato.
 
Fonte
Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.