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Aspettando la grande mostra sulla Belle Époque

23/02/2011 7592 lettori
5 minuti

«La bellezza è necessaria, come anche l’arte o la qualità estetica fanno parte del benessere culturale. Promuovere e realizzare una mostra è un progetto indispensabile alla crescita culturale di una comunità» scrive Gerardo Monizza sull’Ordine. Como con una rassegna monografica e tematica al tempo stesso, farà rivivere il mito della Belle Époque esponendo: «Mademoiselle de Nemidoff» e parte dei celebri capolavori di Giovanni Boldini, per riscoprire con le migliori energie creative, il gusto del fare con spirito ottimistico ed apprezzare la bellezza e la gioia di vivere. «L’oggetto culturale resiste al tempo. - diceva Hannah Arendt, ed aggiungeva - Un oggetto è culturale, in quanto sopravvive a qualsiasi utilizzo abbia potuto presiedere alla sua creazione». Oggi non più; il sistema economico spinge avanti velocemente, ed anche le opere d’arte devono essere ammirate, usate, fruite velocemente e poi essere sostituite con nuove opere.

 Grandi mostre a Villa Olmo, da Mirò a Rubens un succedersi di buoni risultati, anche se con una discutibile fruibilità culturale: non sempre gradevolezza e soddisfazione sono appannaggio dei molti. René Magritte «L'impero delle luci» rimane a capeggiare, coi 120.000 visitatori, la classifica d’affluenza, senza però averne diffuso peculiarità e confronto. La pittura ha un'innegabile facilità di fruizione rispetto alle altre forme artistiche. Un distinguo però è d’obbligo: separare la prerogativa del godimento dell’opera d’arte, in quanto esperienza estetica privilegiata al fine conoscitore o ad una ristretta cerchia di pochi fortunati, e salvaguardare il soddisfacimento dei bisogni degli altri. Un matematico e fisico del XIII secolo, Witelo, sostiene che «l'occhio non può comprendere la forma vera delle cose con il semplice sguardo, ma sì con l'intuizione diligente». Proprio questa percezione passiva ma immediata, induce ad una considerazione che muove da un assunto specifico: «Secondo i sociologi in tutte le società vi sono disuguaglianze tra un individuo e un altro (universalità della stratificazione), mentre secondo gli antropologi possono esistere società egualitarie in cui tutti i gruppi hanno più o meno lo stesso diritto ad accedere a determinati privilegi».

La stratificazione non è un fattore universale, se non inteso come una naturale misura adottata dalle classi dominanti per mantenere lo status quo contro le classi inferiori entrambe in un continuo conflitto. Accanto alla gerarchia di classe, su base economica, esistono quella di appartenenza politica, fondata sul potere, e quella di ceto, legata alla cultura. Secondo la teoria della stratificazione di Weber la gente tende ad aggregarsi sulla base di determinate caratteristiche, formando gruppi esclusivi, da cui è tenuto fuori chi non ha i requisiti.Recenti pubblicazioni si sono concentrate sul passaggio dalla modernità alla post modernità e le questioni etiche relative. È stato paragonato il concetto di modernità e post modernità rispettivamente allo stato solido e liquido della società. Si è tentato di spiegare la «post modernità» usando le metafore di modernità «liquida» e «solida». Si è sostenuto che l'incertezza che attanaglia la società moderna deriva dalla trasformazione dei suoi protagonisti da produttori a consumatori.

Lo smantellamento delle sicurezze a una vita «liquida» sempre più frenetica e costretta ad adeguarsi alle attitudini del «gruppo» per non sentirsi esclusa. L'esclusione sociale elaborata non si basa più sull'estraneità al sistema produttivo o sul «non poter comprare l'essenziale», ma del «non poter comprare per sentirsi parte della modernità». Secondo Bauman, autore di queste elaborazioni, il «povero», nella vita liquida, cerca di standardizzarsi agli schemi comuni, ma si sente frustrato se non riesce a sentirsi «come gli altri», cioè non sentirsi accettato nel ruolo di consumatore. Se si osservano da questa angolazione varie tendenze dell’arte moderna, se ne rileva la condizione di precarietà e di breve durata nel tempo. Tutte le «installazioni» che si vedono oggi nelle mostre, gli art video, concentrano tutto il mondo dell’artista in pochi minuti e in altrettanto poco tempo scompaiono.

 

 

Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.