FISCO-Imprese: non deducibile Tfr azienda acquisita
La Corte di Cassazione ha deciso che, anche nei processi di acquisto dei rami aziendali, non si possono iscrivere i debiti da trattamento di fine rapporto tra le spese di avviamento: perciò, i debiti del Tfr dell'azienda acquisita non configurano un avviamento ammortizzabile e quindi non possono essere fiscalmente dedotti.
La vicenda di cui la Cassazione si è occupata ha riguardato una Spa, che nel 1996 aveva deciso di acquistare un ramo d'azienda con un investimento di 11,5 miliardi di lire. L'acquirente avrebbe dovuto inoltre caricarsi 452 milioni di lire, tra debiti per il Tfr del personale dipendente e debiti per il preavviso e l'indennità suppletiva di clientela degli agenti. Stante tali debiti la società iscriveva a bilancio un avviamento per complessivi 1,952 miliardi, comprensivo dell'importo del Tfr e delle indennità di preavviso. Tuttavia a fronte di una verifica fiscale avvenuta nel 2001, alla società era stata contestata l'iscrizione alla voce avviamento dei 452 milioni.
La società acquirente sosteneva che ai sensi dell'articolo 2426, comma 1, n. 6, del codice civile, l'avviamento può essere iscritto a bilancio se acquisito a titolo oneroso, ed essere ammortizzato entro un periodo di cinque anni. Inoltre dal punto di vista fiscale, l'allora articolo 68, comma 3, del Tuir, prevedeva la deducibilità dell'avviamento in misura non superiore ad un quinto del valore stesso. La ratio era dunque quella di permettere alla società la possibilità di spesare l'avviamento stante l'"acquisizione" di un'azienda, ciò anche senza il pagamento di un prezzo. Giunti al contenzioso la Spa è stata riconosciuta vincitrice della causa in primo grado, ma soccombente nel secondo.
In terzo grado di giudizio le argomentazioni difensive non hanno convinto la Corte di Cassazione che ha rigettato il ricorso. Secondo i giudici, i debiti del Tfr del personale dipendente e il preavviso e l'indennità supplettiva, sono indennità di fine rapporto entrambe deducibili dal reddito d'impresa ai sensi dell'articolo 70 del vecchio TUIR, nei limiti del loro accantonamento annuale al relativo fondo. Secondo quanto previsto per il comma 1 dell'articolo 2112 del codice civile, in caso di trasferimento d'azienda il rapporto di lavoro continua con l'acquirente, e, per il comma 2, venditore e acquirente sono obbligati in solido per i crediti che i lavoratori avevano al tempo del trasferimento.
Considerato che nel caso specifico non c'era stato alcun volontario "accollo" pattizio del debito dell'azienda venditrice secondo la previsione dell'articolo 1273 del codice civile, ma solo un'acquisizione delle passività a seguito dell'acquisto del ramo d'azienda, i debiti pur rappresentando una componente negativa della somma algebrica del valore di scambio dei singoli beni che compongono il ramo d'azienda oggetto della compravendita, non possono essere considerati un avviamento ai fini del processo di acquisto. Il TFR e debiti similari sono difatti ontologicamente diversi dall'avviamento, mentre questo difatti si iscrive tra le attività dello stato patrimoniale secondo quanto previsto dall'art. 2424 del codice civile, il Tfr si colloca invece tra le passività come stabilisce l'articolo 2425 che colloca tale voce nel conto economico, tra i costi della produzione.
Viene dunque stabilito dalla Cassazione che il comportamento più corretto sarebbe quello definito dalla corte d'appello: "Stanziare fondi per un importo pari ai debiti e dedurre fiscalmente il costo all'atto del l'effettivo pagamento del debito operando mediante il risconto della corrispondente quota di costi non utilizzata".