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Il brand che parla da solo

24/01/2012 33584 lettori
4 minuti

Partiamo dalla definizione che Wikipedia da al termine community:

"Una comunità virtuale o comunità online è una comunità di persone interessate ad un determinato argomento comune che comunicano attraverso internet. [...]Organizzare una comunità virtuale significa dar voce ai suoi membri, quindi offrire gli strumenti idonei a permettere  loro di formulare pareri, valutazioni, scambiare opinioni in maniera libera, anche a discapito del brand sotto cui si radunano."

Ho  provato a scomporre questa definizione e mi sono accorto che basta seguirla alla lettera per cercare di trasformare una semplice pagina Facebook aziendale in una vera e propria community attorno al brand.

"Dar voce ai suoi membri":  Troppo spesso si notano fan page aziendali in cui l'unico argomento tremendamente ridondante è il tal prodotto, il tal evento, il tal concorso, insomma è il brand sempre e comunque. Sarà un caso, o forse no, ma prorpio queste sono le fan page con la minor percentuale di commenti e condivisioni tra gli utenti. 

"Offrire  gli strumenti idonei  a permettere loro di forumulare pareri":  saper trovare dei contenuti interessanti e saperli collegare con intelligenza al proprio posizionamento di marketing non è semplice ma è cruciale per il successo o il fallimento di una community online. Offrire gli strumenti significa proprio suggerire dei contenuti e proporre attività che consentano un reale engagement.

"scambiare opinioni in maniera libera": quando un utente scrive una critica sulla vostra pagina aziendale e voi cancellate questo commento quasi certamente lui andrà a scriverla su tutti i forum possibili immaginabili iniziando una vera e propria crociata contro la vostra censura. E' bene ricordare che aprire un canale di dialogo con le persone attraverso i social media significa adottare un attegiamento di predisposizione al confronto e alle critiche.

Probabilmente tutto questo potrà sembrare banale e scontato a molti di voi ma la realtà dei fatti è che basta guardarsi attorno per capire come esistano ancora oggi molti brand che parlano da soli perchè non hanno capito che se utilizzano i propri canali social per parlare solo di se stessi, qualsiasi fan seppur volenteroso ed affezionato si stancherà presto di seguirli. Quindi come sempre il problema non è tanto raggiungere un elevato numero di "Mi Piace" ma fare in modo che una percentuale sempre maggiore di questi utenti-fan ineragisca con il brand e con gli altri utenti dando vita ad una community virtuale nella forma ma reale nella sostanza.

Michele Rinaldi via http://mktgcafe.blogspot.com/

Michele Rinaldi
Michele Rinaldi

Nasce nel 1982, l’anno della vittoria ai mondiali, e già questo è un segno premonitore. Fin da piccolo impara ad attirare l’attenzione del proprio target con primordiali tecniche di guerrilla marketing. Crescendo, si accorge che l’istinto lo porta sempre a comunicare ed un giorno di Giugno, viene folgorato da una frase: “non si può non comunicare” (Watzlawick).
Spinto da questa teoria consegue: una laurea triennale in Scienze della Comunicazione ed una laurea specialistica in Marketing e Comunicazione d’Impresa.
Inizia la sua avventura professionale nell’agenzia di comunicazione Soluzione Group dove vede crescere la passione per le aziende e per le loro “reason why”.
Contribuisce alla fondazione del Public Relations Network e si specializza nel web 2.0 creando un proprio modello di approccio e gestione della Rete, chiamato A.S.P.
Oggi è responsabile della divisione Digital PR, scrive sul blog Marketing Cafè e sul portale Comunitazione. Ha il piacere di essere docente al Master in "Non conventional marketing + Social Media" organizzato dal Centro Studi Europeo Eurogiovani presso le università di Bologna, Milano e Trieste.