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Socialismo della Bellezza.

05/05/2014 10689 lettori
3 minuti

Agli inizi del secolo scorso si era tenuta la prima Esposizione di Arte Decorativa Moderna. Gli artisti che vi esponevano dichiararono che era nato «il Socialismo della Bellezza». L’esposizione ebbe un riflesso immediato in Italia. Prima nei grandi centri e poi in periferia, soprattutto grazie all’entusiasmo di un gran numero di artigiani col ferro battuto, col legno e col vetro che intuirono che nel liberty avrebbero potuto far esplodere tutta la loro capacità inventiva facendo assurgere al livello dell’arte un’attività che era relegata nella sfera di chi lavorava solo per soddisfare le esigenze essenziali della comunità.

Henry van de Velde. Anversa (1863 – 1957), architetto, pittore, arredatore e progettista di mobili. Nel panorama dello «stile moderno», rappresentò l’ala più razionalistica e professò gli ideali che animarono le sue scelte sia in veste di architetto sia di teorico dell’architettura. Gli scritti retrostanti alle traduzioni nella pratica sembrano «piuttosto all’insegna di un apostolato d’arte, con tratti scopertamente moralistici, che non della riflessione estetico - filosofica o della fondazione di una normativa stilistica».[1] Una rilevanza che può essere resa comprensibile, in massima sintesi, nei termini seguenti: l’intento più urgente del Nostro era di educare il virtuale progettista al «socialismo della bellezza». Non si può, infatti, prescindere, in nessun momento, da quella fede politica che Van de Velde strettamente connetteva ad una precisa concezione delle arti e delle potenzialità insite nell’uomo.

L’evento culturale «La Chiave Contemporanea del Liberty» si accinge all’esposizione presso l’elegante complesso di Villa Bernasconi di Cernobbio con inizio il 16 Maggio corrente. «L’ambiziosa volontà delle curatrici, Roberta Macchia e Lucia Magatti, è di portare avanti il progetto al fine di realizzare una mostra d’arte in cui esporranno, affermate personalità del mondo artistico quale Matteo Galvano e Marco Minotti, che porteranno le loro innovative e moderne ricerche pittoriche a creare un totale contrasto con l’ambiente storico, ma che tuttavia si rispecchieranno nelle particolarità delle opere stesse con il linguaggio del passato, poiché unite da un saldo filo culturale al pensiero Liberty». Faranno da cornice alla mostra le opere del noto artista e designer comasco Giulio Mantovani e della fotografa Sara Piazza, che ha realizzato per l’occasione anche i ritratti degli artisti presenti in mostra. Una manifestazione che coniuga in modo coerente il progetto artistico, il novecentesco progetto architettonico ed il contesto storico e sociale.

Il patrimonio culturale è l’espressione creativa di un popolo. La memoria collettiva sviluppa il senso d’appartenenza a un gruppo sociale: un modo per comprendere le diversità culturali e favorire la tolleranza reciproca. «L’oggetto culturale resiste al tempo. - diceva Hannah Arendt, e aggiungeva - Un oggetto è culturale, in quanto sopravvive a qualsiasi utilizzo abbia potuto presiedere alla sua creazione». Oggi non più; il sistema economico spinge avanti velocemente, ed anche le opere d’arte devono essere ammirate, usate, fruite velocemente e poi essere sostituite con nuove opere. La pittura ha un'innegabile facilità di fruizione rispetto alle altre forme artistiche.

Un distinguo però è d’obbligo: separare la prerogativa del godimento dell’opera d’arte, in quanto esperienza estetica privilegiata al fine conoscitore o ad una ristretta cerchia di pochi fortunati, e salvaguardare il soddisfacimento dei bisogni degli altri. Un matematico e fisico del XIII secolo, Witelo, sostiene che «l'occhio non può comprendere la forma vera delle cose con il semplice sguardo, ma sì con l'intuizione diligente». Proprio questa percezione passiva ma immediata, induce ad una considerazione che muove da un assunto specifico: «Secondo i sociologi in tutte le società vi sono disuguaglianze tra un individuo e un altro (universalità della stratificazione), mentre secondo gli antropologi possono esistere società egualitarie in cui tutti i gruppi hanno più o meno lo stesso diritto ad accedere a determinati privilegi».

 

Immagine: Quel sublime socialismo…

Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.