L'Iraq cosa ci insegna rispetto ai media?
La foto di accompagnamento è di Jamie Francis[Times photo]La seconda guerra irachena, che difficilmente ormai si può ancora pensare conclusa, è stata estremamente interessante sul piano del ruolo dei media.
Partiamo dalle note positive: nonostante tutto i mezzi d'informazione possono essere ancora uno strumento di democrazia che va contro i poteri costituiti, lo scandalo delle torture infatti ha dimostrato che il loro ruolo di sensibilizzatori dell'opinione pubblica è ancora vivo.
Un altro elemento tendenzialmente positivo è poi la presenza di voci alternative a quelli dei media occidentali, impersonate soprattutto da Al Jazeera, che consentono quantomeno di avere un altro punto di vista sugli eventi.
Non sempre questi mezzi d'informazione si rivelano imparziali, tuttavia essi rappresentano un canale aperto su e verso il mondo arabo, un veicolo per far arrivare i nostri messaggi a destinatari tradizionalmente non coperti dai media occidentali.
Purtroppo però questa guerra non ha segnato solo passaggi positivi per quanto riguarda i mezzi di comunicazione di massa.
Il conflitto iracheno infatti ha sviluppato a pieno tutti gli aspetti della guerra mediatica, in cui le opposte fazioni si lanciano messaggi e provocazioni, anche cruente, attraverso i media.
I vari casi degli ostaggi occidentali rapiti e le brutali uccisioni di Fabrizio Quattrocchi e Nicholas Berg ne sono la testimonianza eloquente.
Prima ancora vorrei ricordare l'esibizione, non proprio esaltante, di Saddam Hussein catturato dagli americani e proposto durante la sua "visita medica" alla platea mondiale.
Tutti questi gesti non possono che rappresentare un modo nuovo di stimolazione di odi e contrapposizioni su scala mondiale ed una vera e propria tecnica di combattimento, anche se non sul campo.
A questo punto mi fermo qui per quanto riguarda gli elementi messi sul tavolo della discussione perché preferirei che fosse il dibattito della Community ad alimentare il discorso.
Propongo invece un'altra provocazione, che riguarda il nostro ruolo come cittadini, a partire da una teorizzazione di Michael Schudson (Schudson, M. 1998, The Good Citizen; a History of American Civic Life. New York: Free Press).
Schudson sostiene che si deve superare il mito del "cittadino informato" che deve essere informato su tutto per poter partecipare attivamente alla vita pubblica, a favore del "monitorial citizen" che di fronte all'eccesso d'informazioni fa scanning del mondo che lo circonda, in modalità a basso consumo cognitivo, per diventare attivo solo davanti alle informazioni che lo interessano.
Qual è il reale atteggiamento di noi cittadini oggi, davanti al conflitto cruento ma anche mediatico che si svolge in Iraq? Lascio a voi la parola.