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Una idea che muove da convincimenti propri tendenti a ripensare il senso della politica.

08/01/2018 49535 lettori
3 minuti

Intraprendere un’indagine attraverso un dialogo privo di confini prefissati e di tabù. Avere uno scambio riflessivo e chiarificante sulle convinzioni personali e culturali, sui valori e gli atteggiamenti attraverso i quali ci mettiamo in relazione con il mondo.

Un’idea, che prende le mosse da convincimenti propri, che tende a ripensare il senso della politica, recuperare l’accezione originale ed il coordinamento complessivo delle regole attinenti. A tal fine si suggerisce, una rilettura di alcuni concetti di filosofia classica e si propongono alcuni cenni di filosofia applicata alla pratica. Con l’impostazione, la disposizione e l’ipotesi di un progetto: si vuole esprimere un concetto che verte a conseguire, con la discussione, contributi e riflessioni integrativi, per stimolare un'innovazione pratica e concreta nel modo di comprendere, vivere, rendere produttiva e sviluppare la realtà operativa.

Gli uomini hanno bisogno della cultura e dell'organizzazione politica perché sono creature prive di doti naturali, per garantire loro: incolumità e benessere. Tutti si deve partecipare a queste due virtù "politiche". Esse non vanno viste come connaturate all'uomo, bensì come qualcosa di sopravvenuto, qualcosa che è trasmesso in maniera consapevole. In origine, si racconta: “esistevano solo gli dei. Poi gli esseri viventi vengono fatti nascere dalla terra, e occorre distribuire loro le facoltà naturali che ne assicurino la sopravvivenza. Purtroppo, la distribuzione viene fatta dall'imprevidente Epimeteo, il quale, come dice il suo nome, è dotato solo del senno del poi: egli, infatti, quando giunge agli uomini, si rende conto di aver già distribuito tutte le doti naturali - denti, artigli, vista acuta, velocità nella corsa e così via - agli animali. Gli uomini, così, sono lasciati indifesi e naturalmente indeterminati. Il fratello di Epimeteo, Prometeo cerca di soccorrere gli uomini donando loro il fuoco e il sapere tecnico. Gli uomini, così, sviluppano linguaggio, cultura e religione: doti, quindi, non "naturali" ma "culturali"; ma vivono ancora isolati, perché sono privi dell'arte politica, e dunque della capacità di mediare e di coordinare le esigenze individuali. Deve intervenire Zeus in persona, per dare a tutti gli uomini aidos e dike, cioè pudore (come capacità di vergognarsi) e giustizia”.

Mentre Epimeteo distribuisce cose già pronte per l'uso, e utilizzabili solo in un modo, Prometeo - il dio dell’arte - dona all'uomo consapevolezza e possibilità di uno sviluppo autonomo. Le cognizioni tecniche possono essere distribuite secondo i criteri della divisione del lavoro; ma pudore e giustizia fanno dell'uomo un essere politico, cioè una creatura capace di vivere in uno spazio convenzionale e comune, e dunque devono essere assegnati a tutti. Evidentemente qui è il “sofista” che usa la retorica intesa come “ars retorica”: arte del dire bene che produce discorsi persuasivi nel rispettivo ambito di competenza e che hanno ad oggetto il giusto e l'ingiusto. Protagora illustra la convenzionalità dello spazio politico con un mito, della cui artificialità è consapevole: in seguito, infatti, egli cerca di argomentare, utilizzando la tesi del carattere culturale della politica con un ragionamento, che significativamente si fonda sulla funzionalità delle virtù "politiche". Fra Protagora il sofista e Solone il moralista non c'è grande differenza: la giustizia politica è una tecnica artificiale di mediazione che, però deve essere pensata come qualcosa di più universale, comune, di origine “eccelsa”.

Come nota G. Cambiano (Platone e le tecniche, Roma-Bari, Laterza, 1991, pp. 3-13)
“Il mito narrato da Protagora rappresenta la società come un immenso apparato educativo: l'uomo si identifica con l'animale sociale, ed è tale solo perché possiede la "tecnica" politica. E in un ambiente in cui una determinata tecnica sia al centro dell'interesse sociale, tutti ne divengono almeno discreti possessori. Il sofista non insegna la tecnica politica, ma la perfeziona e fa progredire gli altri nella conoscenza - integrando dunque l'educazione tradizionale con una tecnica sofistica. Questo giustifica sia la struttura democratica ateniese, sia il compito del sofista: ma una simile giustificazione funziona solo nella misura in cui i valori della società sono compatti e non conflittuali. Soltanto con questo presupposto, infatti, è possibile pensare la tecnica politica come distribuita in tutti. Se questo presupposto viene meno, il rapporto fra tecnica e politica deve fare i conti con i problemi "prometeici": come organizzare politicamente un sapere che fin dalla sua origine non è distribuito in modo uniforme?”

Nota, ancora, G. Cambiano: “Nella cultura greca arcaica le tecniche non erano un prodotto storico, soggetto ad essere inventato, ma una prerogativa di divinità.  L'accrescersi della divisione del lavoro mostrò che la tecnica è un insieme storico di procedure che si acquisiscono e si rinnovano nel tempo.  Se concepire la divinità come portatrice di tecniche significa antropomorfizzarla, allora la critica all'antropomorfismo teologico conduce a dare agli uomini ciò che è degli uomini; ma la visione tecnica del mondo presuppone una realtà imperfetta e mutevole… le technai sono il modello del sapere: la loro forza e la loro debolezza si fonda sulla delimitazione di un campo di competenza, connesso al loro oggetto. Questa delimitazione garantisce loro la possibilità di costruire, entro i propri ambiti, criteri univoci di correttezza, ma pone il problema del senso e del coordinamento complessivo delle tecniche. … Le tecniche si muovono in un mondo di conflitti possibili, cioè in un mondo che non è mai né tanto disordinato da non essere riconducibile a un ordine, né tanto ordinato da non poter diventare disordinato… Non siamo mai né nel sapere assoluto, né nella ignoranza assoluta: il nostro saper è sempre un ricordare - un chiarire per se stessi e per gli altri - nel quale trasmissione, ricerca e apprendimento sono reciprocamente congiunti in un processo senza fine… il problema del sapere è inestricabilmente legato, in Platone, al problema della comunicazione del sapere”.

 

Immagine: Prometeo incatenato, marmo bianco di Nicolas-Sébastien Adam, Parigi, Louvre

Fontegoo.gl/Ru1FkV

Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.