Una idea che muove da convincimenti propri tendenti a ripensare il senso della politica.
Intraprendere un’indagine attraverso un dialogo privo di confini prefissati e di tabù. Avere uno scambio riflessivo e chiarificante sulle convinzioni personali e culturali, sui valori e gli atteggiamenti attraverso i quali ci mettiamo in relazione con il mondo.
Un’idea, che prende le mosse da convincimenti propri, che tende a ripensare il senso della politica, recuperare l’accezione originale ed il coordinamento complessivo delle regole attinenti. A tal fine si suggerisce, una rilettura di alcuni concetti di filosofia classica e si propongono alcuni cenni di filosofia applicata alla pratica. Con l’impostazione, la disposizione e l’ipotesi di un progetto: si vuole esprimere un concetto che verte a conseguire, con la discussione, contributi e riflessioni integrativi, per stimolare un'innovazione pratica e concreta nel modo di comprendere, vivere, rendere produttiva e sviluppare la realtà operativa.
Gli uomini hanno bisogno della cultura e dell'organizzazione politica perché sono creature prive di doti naturali, per garantire loro: incolumità e benessere. Tutti si deve partecipare a queste due virtù "politiche". Esse non vanno viste come connaturate all'uomo, bensì come qualcosa di sopravvenuto, qualcosa che è trasmesso in maniera consapevole. In origine, si racconta: “esistevano solo gli dei. Poi gli esseri viventi vengono fatti nascere dalla terra, e occorre distribuire loro le facoltà naturali che ne assicurino la sopravvivenza. Purtroppo, la distribuzione viene fatta dall'imprevidente Epimeteo, il quale, come dice il suo nome, è dotato solo del senno del poi: egli, infatti, quando giunge agli uomini, si rende conto di aver già distribuito tutte le doti naturali - denti, artigli, vista acuta, velocità nella corsa e così via - agli animali. Gli uomini, così, sono lasciati indifesi e naturalmente indeterminati. Il fratello di Epimeteo, Prometeo cerca di soccorrere gli uomini donando loro il fuoco e il sapere tecnico. Gli uomini, così, sviluppano linguaggio, cultura e religione: doti, quindi, non "naturali" ma "culturali"; ma vivono ancora isolati, perché sono privi dell'arte politica, e dunque della capacità di mediare e di coordinare le esigenze individuali. Deve intervenire Zeus in persona, per dare a tutti gli uomini aidos e dike, cioè pudore (come capacità di vergognarsi) e giustizia”.
Mentre Epimeteo distribuisce cose già pronte per l'uso, e utilizzabili solo in un modo, Prometeo - il dio dell’arte - dona all'uomo consapevolezza e possibilità di uno sviluppo autonomo. Le cognizioni tecniche possono essere distribuite secondo i criteri della divisione del lavoro; ma pudore e giustizia fanno dell'uomo un essere politico, cioè una creatura capace di vivere in uno spazio convenzionale e comune, e dunque devono essere assegnati a tutti. Evidentemente qui è il “sofista” che usa la retorica intesa come “ars retorica”: arte del dire bene che produce discorsi persuasivi nel rispettivo ambito di competenza e che hanno ad oggetto il giusto e l'ingiusto. Protagora illustra la convenzionalità dello spazio politico con un mito, della cui artificialità è consapevole: in seguito, infatti, egli cerca di argomentare, utilizzando la tesi del carattere culturale della politica con un ragionamento, che significativamente si fonda sulla funzionalità delle virtù "politiche". Fra Protagora il sofista e Solone il moralista non c'è grande differenza: la giustizia politica è una tecnica artificiale di mediazione che, però deve essere pensata come qualcosa di più universale, comune, di origine “eccelsa”.
Come nota G. Cambiano (Platone e le tecniche, Roma-Bari, Laterza, 1991, pp. 3-13)
“Il mito narrato da Protagora rappresenta la società come un immenso apparato educativo: l'uomo si identifica con l'animale sociale, ed è tale solo perché possiede la "tecnica" politica. E in un ambiente in cui una determinata tecnica sia al centro dell'interesse sociale, tutti ne divengono almeno discreti possessori. Il sofista non insegna la tecnica politica, ma la perfeziona e fa progredire gli altri nella conoscenza - integrando dunque l'educazione tradizionale con una tecnica sofistica. Questo giustifica sia la struttura democratica ateniese, sia il compito del sofista: ma una simile giustificazione funziona solo nella misura in cui i valori della società sono compatti e non conflittuali. Soltanto con questo presupposto, infatti, è possibile pensare la tecnica politica come distribuita in tutti. Se questo presupposto viene meno, il rapporto fra tecnica e politica deve fare i conti con i problemi "prometeici": come organizzare politicamente un sapere che fin dalla sua origine non è distribuito in modo uniforme?”
Nota, ancora, G. Cambiano: “Nella cultura greca arcaica le tecniche non erano un prodotto storico, soggetto ad essere inventato, ma una prerogativa di divinità. L'accrescersi della divisione del lavoro mostrò che la tecnica è un insieme storico di procedure che si acquisiscono e si rinnovano nel tempo. Se concepire la divinità come portatrice di tecniche significa antropomorfizzarla, allora la critica all'antropomorfismo teologico conduce a dare agli uomini ciò che è degli uomini; ma la visione tecnica del mondo presuppone una realtà imperfetta e mutevole… le technai sono il modello del sapere: la loro forza e la loro debolezza si fonda sulla delimitazione di un campo di competenza, connesso al loro oggetto. Questa delimitazione garantisce loro la possibilità di costruire, entro i propri ambiti, criteri univoci di correttezza, ma pone il problema del senso e del coordinamento complessivo delle tecniche. … Le tecniche si muovono in un mondo di conflitti possibili, cioè in un mondo che non è mai né tanto disordinato da non essere riconducibile a un ordine, né tanto ordinato da non poter diventare disordinato… Non siamo mai né nel sapere assoluto, né nella ignoranza assoluta: il nostro saper è sempre un ricordare - un chiarire per se stessi e per gli altri - nel quale trasmissione, ricerca e apprendimento sono reciprocamente congiunti in un processo senza fine… il problema del sapere è inestricabilmente legato, in Platone, al problema della comunicazione del sapere”.
Immagine: Prometeo incatenato, marmo bianco di Nicolas-Sébastien Adam, Parigi, Louvre
Fonte: goo.gl/Ru1FkV