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PROVOCAZIONI Secondo Fulvio Zendrini

26/01/2006 15245 lettori
3 minuti

* lunedì, 5 maggio, 2003 * PUBBLICITA' 008
*«Il marketing deve soltanto obbedire»
* «La comunicazione d' impresa non va subordinata alla vendita. Semmai il contrario»

PROVOCAZIONI Secondo /Fulvio/ /Zendrini/ /Fulvio/ /Zendrini/ è un comunicatore di professione.

Attualmente ricopre il ruolo di responsabile della comunicazione e dello sviluppo di Interactive Group, società di produzioni televisive, pubblicitarie e cinematografiche. In passato è stato direttore della comunicazione di Tim e di Telecom Italia Wireline. Prima si è occupato di media e pubblicità in agenzie pubblicitarie come Armando Testa e J. Walter Thompson. Giorgio Gaber cantava «un' idea, se potessi mangiare un' idea avrei fatto la mia rivoluzione».
E sì, perché se le idee non si concretizzano, lo stomaco rimane vuoto. Così offrire il prodotto migliore del mondo non conta nulla, se non è percepito come tale. Fatta questa premessa, allora un errore l' abbiamo commesso pure noi nel leggere Philip Kotler, il padre del marketing che ha teorizzato le «4 P» di product, price, place e promotion. Ridurre a mera funzione della vendita la «P» di promozione è sbagliato. La comunicazione d' impresa (e non di prodotto) non è alle dipendenze del marketing. Lo voglio dire chiaro e forte perché nelle aziende oggi questo è un punto chiave di discussione e, a volte, di contrasti, ma raramente di confronto aperto. Se un' azienda non comunica, non esiste. Alle dipendenze della vendita, sia chiaro, la comunicazione c' è stata. E alcune imprese sono riuscite anche a centrare i loro obiettivi. Un esempio è Procter&Gamble, un altro Unilever. La comunicazione, però, poteva essere gestita in questo modo perché le due società sono un conglomerato di marchi (anche in questi casi, comunque, il marketing fruisce dei processi di comunicazione senza asservirli a sé). Ma in un mondo in cui, secondo Bill Gates, i manager sono di due tipi - quelli veloci e quelli morti - il processo di comunicazione di un' impresa di successo deve andare di pari passo con la rapidità nel reperire idee, prendere decisioni e realizzarle per fornire risposte corrette al consumatore. Non è, del resto, un caso che lo stesso Bill Gates abbia sempre tenuto in mano le leve della comunicazione. E lo stesso deve valere per i vari Carlo De Benedetti, Marco Tronchetti Provera, Luca di Montezemolo e chi per essi. Altrimenti l' impresa svanisce nel nulla (o non nasce neppure). Basta pensare alla politica italiana dove chi ha afferrato per primo il concetto di marketing delle idee oggi è presidente del Consiglio. Da qui l' errore nel leggere Kotler. Perché in futuro un' azienda avrà successo se la tecnica del comunicare sarà al centro dei processi decisionali. Il che non vuol dire per i vertici scegliere una campagna pubblicitaria a suon di «è bella» o «mi piace». L' attività promozionale può essere solo efficace o inutile. In relazione agli obiettivi che si è data. Quando il mondo dell' imprenditoria italiana lo capirà, sarà stato compiuto il primo fondamentale passo in avanti. Il secondo sarà quello di affidarsi a un responsabile della comunicazione serio e preparato, che operi al servizio dei prodotti da vendere. Possibilmente con passione. Al proposito restano, però, da risolvere un paio di questioni. La prima è: le aziende sono in grado di riconoscere la professionalità? La risposta è no, per la maggior parte. Perché in passato hanno sempre avuto a che fare, e hanno imparato a valutare, uomini del marketing. Che possono conoscere il prodotto, ma non il risultato di un incrocio tra valore del marchio, pubbliche relazioni, organizzazione di un evento, uscita pubblicitaria su un quotidiano (e via dicendo). La domanda numero due è: esistono responsabili di comunicazione capaci? Idem come sopra. I pochi che ci sono, è possibile contarli sulle dita delle mani. Non solo. Di questi, alcuni non riescono a fare il loro mestiere per mancanza d' attenzione da parte delle aziende (con relativa assenza di finanziamenti), mentre dovrebbero essere ascoltati, aiutati e utilizzati. Una mancanza d' attenzione che c' è anche nei confronti di valide scuole di formazione come l' Accademia di comunicazione e l' Istituto di comunicazione di Milano. Scarsa lungimiranza.

A finanziare la formazione degli uomini della comunicazione dovrebbero essere le aziende stesse. In questo modo potrebbero assumere manager in grado di far lievitare i fatturati dell' impresa. Il tecnico della comunicazione è, infatti, un asset al pari del responsabile delle risorse umane e delle risorse finanziarie.

Sì, perché la pubblicità è morta se non cammina fianco a fianco con la comunicazione. Parafrasando Bill Gates, esistono due tipi di aziende. Quelle veloci a capire questo concetto. E quelle morte. Zandrini /Fulvio/ *CHIUDI* =