Questione organizzativa: Il contributo di Henry Mintzberg allo studio della struttura sociale
3. Il contributo di Henry Mintzberg allo studio della struttura sociale
In questo capitolo sarà analizzata la posizione del teorico Henry Mintzberg12 riguardo lo studio e l’analisi della struttura sociale organizzativa, soprattutto in riferimento alle sue cinque configurazioni organizzative. L’opera di Mintzberg è molto importante in questa ricerca, in quanto rappresenta il tentativo più riuscito degli anni ’80 di costituire un quadro unitario unendo i molteplici pareri scaturiti dal dibattito sulla burocrazia. Lo studioso, inoltre, formula un interessantissimo modello che indica i vincoli e le logiche da rispettare nel progettare le strutture interne delle organizzazioni. Nelle sue definizioni, Mintzberg fa riferimento in modo particolare alla teoria delle contingenze, sviluppatasi tra gli anni ’60 e ’70, la quale stabilisce che la struttura sociale di un’organizzazione varia in relazione al tipo di ambiente in cui si trova ad operare. Dall’insieme delle ricerche “contingentiste”, risulta inoltre che, le imprese che si danno un assetto più conforme alle condizioni tecnologiche ed ambientali in cui si trovano ad operare, sono anche quelle più efficienti, mentre, le imprese con strutture non corrispondenti a quelle condizioni, sono quelle di minore efficienza. In conclusione, per essere ottimale, la progettazione di un’organizzazione deve essere fatta in corrispondenza di alcune “contingenze” ritenute strategiche. E’ proprio da questi assunti che Mintzberg svilupperà le sue principali teorie, non volendo affatto stabilire quale teoria sia più corretta, ma in quali condizioni le diverse teorie sono più efficaci. Si tratta di una teoria descrittiva e non prescrittiva, rivolta quindi a rendere più trasparente il contesto in cui si sviluppa l’azione del management attraverso una riflessione di natura induttiva che si avvale delle ricerche empiriche disponibili.
3.1 La progettazione dell’organizzazione aziendale
L’intenzione di questo paragrafo è di illustrare le tappe fondamentali del discorso di Mintzberg e quali risultati ha ottenuto in riferimento alla progettazione organizzativa. Mintzberg muove da quelli che, a suo giudizio, costituiscono gli elementi essenziali di riferimento della progettazione organizzativa: i meccanismi di coordinamento e le parti componenti di un’organizzazione13. I meccanismi di coordinamento sottolineano l’importanza dell’organizzazione come strumento di coordinamento e di controllo, oltre che, come nelle prospettive più convenzionali, di divisione del lavoro. I meccanismi di coordinamento considerati comprendono: la supervisione diretta, ovvero, il ricorso alla gerarchia; la standardizzazione dei processi di lavoro, intesa come predeterminazione dei comportamenti di lavoro; la standardizzazione degli output, cioè la specificazione dei risultati del lavoro; la standardizzazione degli input, vista nell’ottica di uno sviluppo del personale delle capacità e delle conoscenze richieste; il reciproco adattamento, quindi il ricorso a processi di comunicazione interpersonale di tipo orizzontale che coinvolgono le stesse persone che devono coordinarsi. Le parti componenti di un’organizzazione comprendono: il vertice strategico, il quale assicura che l’organizzazione assolva in modo efficace alla sua missione e che risponda ai bisogni di coloro che la controllano; il nucleo operativo, formato dai dipendenti che svolgono l’attività direttamente collegata alla produzione dei beni e dei servizi; la linea intermedia, vale a dire la gerarchia di manager che collega il vertice strategico al nucleo operativo; la tecnostruttura, che provvede a determinare interventi di standardizzazione; lo staff di supporto, che fornisce i servizi non direttamente collegati al flusso operativo. Come vedremo meglio in seguito, le diverse configurazioni organizzative di Mintzberg sono definite innanzi tutto dalla diversa importanza dei meccanismi di coordinamento e dal differente ruolo svolto dalle singole parti dell’organizzazione, in relazione allo stato dei fattori situazionali o contingenti. A questi elementi di base, che sono i meccanismi di coordinamento e le parti componenti di un’organizzazione, Mintzberg affianca l’esame dei parametri di progettazione organizzativa, cioè delle diverse variabili organizzative che, nel loro insieme, definiscono l’assetto della struttura di un’organizzazione. I parametri, infatti, corrispondono alle leve che influenzano la divisione del lavoro e i meccanismi di coordinamento, incidendo sulle modalità di funzionamento dell’organizzazione, contribuendo così a determinare il ruolo assunto dalle diverse parti dell’organizzazione stessa. I parametri in questione riguardano: la progettazione delle posizioni individuali, la progettazione della macrostruttura, i collegamenti laterali e il sistema decisionale. Dopo aver esaminato i parametri, o variabili organizzative, l’approccio della teoria delle contingenze, seguito da Mintzberg, lo porta a prendere in considerazione i fattori situazionali o contingenti, e cioè gli stati o condizioni dell’organizzazione che sono associati con l’utilizzo di determinati parametri di progettazione organizzativa. I fattori situazionali considerati da Mintzberg comprendono: l’età e la dimensione dell’organizzazione, e l’epoca di formazione del settore in cui essa opera; la tecnologia, intesa come gli strumenti ed i mezzi utilizzati nel nucleo operativo per trasformare gli input in output; l’ambiente, ciò che è sostanzialmente esterno all’organizzazione; il potere, esaminato considerando il grado di controllo esterno sull’azienda, il bisogno di potere dei membri dell’organizzazione e il potere delle norme sociali che si esprime attraverso le mode organizzative.
3.2 Le cinque configurazioni organizzative
Mintzberg afferma che la scelta delle forme organizzative deve obbedire ad una logica sistematica e rigorosa, basata sulla coerenza tra le varie parti: le variabili o gli elementi dell’organizzazione devono essere scelti in modo da raggiungere un’armonia o una coerenza interna, ed al contempo anche una coerenza di fondo con la situazione dell’azienda. Se si rispetta questa coerenza, si perviene a delle configurazioni organizzative, ossia a dei modelli complessi e completi di funzionamento dove i parametri della progettazione organizzativa corrispondono ai fattori situazionali in cui l’organizzazione opera. Per Mintzberg le configurazioni sono cinque: la struttura semplice, la burocrazia meccanica, la burocrazia professionale, la soluzione divisionale, l’adhocrazia. Queste configurazioni vanno intese come dei tipi puri, sufficienti a spiegare la maggior parte delle tendenze che spingono le aziende ad organizzarsi in un determinato modo. Ogni configurazione è costituita da un insieme coerente e organico di caratteristiche, o parametri, che la rendono particolarmente adatta ad affrontare una data situazione. Le configurazioni sono delle forme alle quali le organizzazioni pervengono in un processo reciproco di adattamento tra la propria struttura e i fattori situazionali, o contingenti. Un’altra caratteristica del modello di Mintzberg, si lega all’ordine in cui vengono presentati i cinque meccanismi di coordinamento: l’ordine è quello di un progressivo aumento dei margini di iniziativa individuale nell’esecuzione del lavoro. E’ importante sottolineare che, contrariamente a ciò che si crede, l’ordine in questione è puramente espositivo, non indica affatto le tappe evolutive di un ipotetico cammino verso forme di organizzazione sempre più complesse e libere da vincoli restrittivi. Puntualizzato questo aspetto, passiamo ora alla descrizione delle cinque configurazioni organizzative proposte da Mintzberg.
3.2.1 La struttura semplice
Il meccanismo di coordinamento più elementare è quello della supervisione diretta, eseguita dal vertice che accentra le varie funzioni. La configurazione organizzativa che ne deriva è quella di una struttura semplice, che per funzionare non ha bisogno di burocrazia né di organi di staff. Da un lato, quindi, si tratta di una struttura molto accentrata; dall’altro, il vertice strategico emerge come la parte più importante, direttamente collegata con il nucleo operativo, mentre sono assenti le altre parti, come la tecnostruttura, lo staff di supporto e la linea intermedia. La struttura semplice si collega, tipicamente, con un ambiente semplice e dinamico, che permette l’accentramento e richiede caratteristiche di organicità. La tecnologia non è sofisticata, ma è a basso grado di regolazione, in modo da impedire la burocratizzazione. Questa configurazione è diffusa nelle aziende più piccole, in quelle di nuova formazione, ma anche in quelle altamente carismatiche nonché nelle cosiddette organizzazioni sintetiche, cioè le organizzazioni fortemente accentrate che coordinano gli sforzi in una situazione breve ed eccezionale.
3.2.2 La burocrazia meccanica
Quando, con la crescita dell’organizzazione, la supervisione diretta non è più sufficiente, si passa ad un altro meccanismo di coordinamento, basato sulla standardizzazione dei processi lavorativi. La parte dell’organizzazione incaricata di questo compito è la tecnostruttura, ossia l’insieme di tecnici che si occupano di programmazione, analisi dei tempi e dei metodi, definizione delle procedure di lavoro. La configurazione organizzativa verso cui spinge l’azione della tecnostruttura è la burocrazia meccanica. In questa configurazione, la parte più consistente del nucleo operativo, cioè coloro che forniscono le prestazioni fondamentali dell’azienda, è formata da addetti a mansioni ripetitive e prive di discrezionalità, che possono assumere la forma estrema delle catene di montaggio. La burocrazia meccanica presenta una specializzazione orizzontale e verticale delle mansioni nel nucleo operativo, una forte formalizzazione del comportamento, un elevato grado di burocratizzazione e un decentramento orizzontale limitato verso la tecnostruttura. Oltre alla tecnostruttura, molto sviluppata è anche la linea intermedia, che gestisce le varianze, assolve i ruoli di collegamento con la tecnostruttura per assicurare la trasmissione e l’utilizzo degli standard e favorisce i flussi verticali di comunicazione. Questa configurazione si riscontra in ambienti semplici e stabili, che rendono possibile la comprensione dell’attività da svolgere e che ne consentono la standardizzazione dei processi di lavoro. La burocrazia meccanica ha avuto la sua massima diffusione storica nelle produzioni industriali di grande serie, ma oggi si trova anche nella maggior parte delle organizzazioni di servizio, dove la massa delle attività impone procedure standardizzate e ripetitive.
3.2.3 La burocrazia professionale
In certi casi il meccanismo di coordinamento non si esercita sulla standardizzazione del modo di lavorare, ma sulla standardizzazione delle capacità dei dipendenti. Siamo allora in presenza di una terza configurazione organizzativa, quella della burocrazia professionale. Qui il nucleo operativo è costituito da professionisti dipendenti, che si sono formati al di fuori dell’organizzazione, che sono stati assunti in base ad una verifica iniziale delle loro capacità e che operano con vasti margini di discrezionalità e di iniziativa personale. I possibili esempi di burocrazia professionale, come ospedali, università società di revisione contabile, esplicitano il fatto che i professionisti si trovano nel nucleo operativo, svolgendo mansioni anche molto specializzate nella dimensione orizzontale, ma godendo di una forte autonomia e conservando il controllo sul proprio lavoro. Ciò dà luogo ad un forte decentramento, sia orizzontale che verticale. Le capacità dei professionisti possono essere assimilate a un repertorio di programmi standard, per cui il funzionamento della burocrazia professionale, nel nucleo operativo, può essere descritto ricorrendo all’idea di classificazione: il professionista deve ordinare le esigenze del cliente in termini di una contingenza che indichi quale programma standard deve essere usato. Le condizioni della burocrazia professionale sono definite da un ambiente complesso, cioè da una tecnologia intesa come base di conoscenza sofisticata ma stabile, che consente di standardizzare le capacità necessarie, anche se difficili da apprendere. La tecnologia è a basso grado di regolazione, non è sofisticata né automatica: tutte condizioni necessarie perché il professionista conservi la sua autonomia nei confronti della tecnostruttura e possa lavorare in modo indipendente, anche rispetto agli altri professionisti. Un tratto comune alle burocrazie professionali è quello di operare a diretto contatto con il pubblico, con la conseguenza che i singoli soggetti sono controllati più dagli utenti che non dall’organizzazione o dai colleghi. Di norma un professionista ignora ciò che i suoi colleghi stanno facendo, né è interessato a saperlo perché assumerebbe il significato di una interferenza indebita. Per sostenere l’attività dei professionisti, fornendo loro i servizi necessari, vi è un elevato sviluppo dello staff di supporto, mentre limitata è l’estensione sia della tecnostruttura che della linea intermedia. Come la burocrazia meccanica non può esistere senza la tecnostruttura che stabilisce il modo in cui deve lavorare, così la burocrazia professionale non può esistere senza uno staff di supporto che le garantisca la continua disponibilità delle risorse necessarie allo svolgimento delle proprie funzioni.
3.2.4 La soluzione divisionale
Il quarto meccanismo di coordinamento previsto da Mintzberg consiste nella standardizzazione dei risultati, degli output. La parte dell’organizzazione che corrisponde a questo meccanismo è la linea gerarchica intermedia, e la configurazione organizzativa che ne risulta è costituita dalla soluzione divisionale, particolarmente adottata nelle aziende di grandi dimensioni, con un mercato eterogeneo. Come la burocrazia professionale, anche la soluzione divisionale gode di un’ampia autonomia interna. L’autonomia non riguarda però tanto le singole persone, quanto le strutture alle quali la direzione centrale affida degli scopi da raggiungere. Domina una forte divisione del lavoro tra la direzione centrale e le singole divisioni. In effetti, come osserva Mintzberg, la soluzione divisionale non rappresenta un’organizzazione completa, quanto piuttosto un’organizzazione sovrapposta ad altre organizzazioni. La divisionalizzazione peraltro spinge le divisioni verso la burocrazia meccanica, e ciò in forza dell’importanza che, nella soluzione divisionale, assume la standardizzazione degli output. Ciò richiede, da un lato, la possibilità di quantificare gli obiettivi delle divisioni in modo da consentire il controllo della performance e, dall’altro, la possibilità di imputare alle divisioni un unico e coerente insieme di obiettivi. Questo ultimo aspetto può essere riassunto nella formula: forte interdipendenza intradivisione e scarsa interdipendenza fra divisioni.
3.2.5 L’adhocrazia
Infine, il quinto meccanismo di coordinamento per Mintzberg è quello dell’adattamento reciproco. Si tratta di un meccanismo non gerarchico, estremamente immediato ed informale. La configurazione che corrisponde all’adattamento reciproco è la adhocrazia. Essa rappresenta la risposta organizzativa all’esigenza di realizzare innovazioni complesse e non marginali, tendenzialmente il tipo di innovazione sempre più necessario nelle moderne società avanzate. Tale esigenza può derivare da richieste del cliente (adhocrazia operativa) o rispondere a una richiesta interna all’organizzazione (adhocrazia amministrativa). Considerando solo gli elementi comuni ai due tipi di adhocrazia, l’innovazione complessa e non marginale implica l’interazione e l’azione di esperti appartenenti a discipline diverse in gruppi di progetto. La base di formazione da tali gruppi è costituita dal progetto di innovazione da realizzare ma, nel contempo, necessario che gli esperti mantengano i rapporti con il proprio campo di specializzazione: di qui l’adozione di strutture a matrice, con il contemporaneo utilizzo di basi di raggruppamento funzionali e di mercato. Di qui anche il numero elevato di manager e la conseguente limitata dimensione delle unità organizzative. Se gli esperti operano nello staff di supporto, il funzionamento attraverso gruppi di progetto, cui partecipano anche i manager della linea intermedia, attenua la distinzione tra linea e staff. Il decentramento è sia orizzontale che verticale, è di tipo selettivo, investendo infatti manager e altro personale in relazione alla natura delle diverse decisioni che debbono essere assunte. L’ambiente rappresenta il fattore situazionale più importante per l’adhocrazia; in particolare assumono rilievo la sua dinamicità e la sua complessità. Infatti, solo questa configurazione organizzativa presenta contemporaneamente le caratteristiche di organicità e di decentramento richieste dalle due condizioni ambientali scritte prima. Anche l’età costituisce un fattore situazionale significativo, nel senso che, data la tendenza alla burocratizzazione che si manifesta con il trascorrere del tempo, l’adhocrazia tende a collegarsi con i primi stadi della vita delle organizzazioni.