Software e censura
Nell'ultimo mese sui vari blog dedicati alle nuove tecnologie appare in primo piano la notizia del nuovo brevetto Microsoft, relativo ad una nuova tecnologia capace di censurare eventuali parole sgradite pronunciate in diretta. Quindi, se fino ad oggi il classico ed anche un po' fastidioso "beep" poteva essere applicato solo in differita, su materiali registrati, con questo nuovo software anche la diretta si può svolgere nella tranquillità e nel rispetto della sensibilità altrui.
La tecnologia su cui si basa questa nuova soluzione, in effetti, era stata depositata presso L'United States Patent and Trademark Office (Uspto) dalla Microsoft già nel 2004, ma solo oggi è stata approvata e riconosciuta come escamotage capace di controllare, ed eventualmente oscurare, locuzioni in tempo reale. Il suo funzionamento si basa sostanzialmente sul confronto tra i fonemi contenuti nei dati audio in entrata e quelli che si riferiscono ad una sorta di elenco predefinito delle parole da evitare. La censura – effettuabile attraverso distorsione, beep o silenzio – scatta nel momento in cui i dati in entrata oltrepassano una certa soglia di somiglianza rispetto alle informazioni contenute nella lista delle espressioni non consone.
In buona sintesi, le parole scomode vengono oscurate automaticamente e – almeno dicono – senza margini di errore. Sarebbe interessante studiare le caratteristiche tecniche di questo nuovo software, comprendere le dinamiche attraverso le quali riconosce i vari fonemi per confrontarli con quelli compresi nella blacklist, ma in effetti la prima riflessione che ci salta in mente riguarda i possibili usi “distorti” di questa tecnologia.
Inutile nascondersi dietro un dito: alcuni dei termini catalogati come turpiloquio dalle reti televisive nazionali e non sono di uso comune nella vita quotidiana, mentre soubrette e ballerine impunemente continuano a mostrare le loro grazie senza che ci sia un minimo provvedimento nei loro confronti. Un eccesso di moralismo? No, se consideriamo che i alcuni contenuti riescono ad essere volgari ed offensivi senza mostrare neanche un lembo di carne; ma tutto ciò riguarda un discorso diverso da quello affrontato in questa sede e quindi giungiamo alla conclusione – secondo il parere di chi scrive comunque parziale – che il turpiloquio, a giusta ragione, deve essere censurato soprattutto nel rispetto della sensibilità dei soggetti più sensibili.
Ma proprio la suddetta provocazione può esserci d'aiuto per esplorare, con approccio critico, il tipo di impiego che può trovare questa nuova tecnologia, e soprattutto come può influenzare le vite dei singoli cittadini. Riformuliamo, quindi, la domanda in una forma più esplicita: cos'è che dobbiamo censurare, le parole o i contenuti? Due persone che litigano in televisione, magari per motivi futili, fanno parte di un quadro che andrebbe completamente cancellato dal palinsesto oppure basta aggiungere il classico beep alle parole forti e lasciare che il popolo, semplice e disimpegnato, si diverti dinanzi a spettacoli grossolani e sicuramente poco istruttivi?
Dante, il sommo poeta, nel girone dei falsari venne rimproverato da Virgilio per aver provato interesse verso la scena grottesca di due dannati, Mastro Adamo e Sinone, che si azzuffavano. Noi non siamo tanti differenti dal poeta fiorentino, almeno in questa circostanza: siamo attratti dall'inatteso, dal fuori programma, dall'evento tanto semplice quanto violento, forse perché osservarlo dalla televisione piuttosto che dal vivo stimola i nostri desideri di voierismo, il nostro piacere nell'osservare senza essere visti, al sicuro. Ma se, in linea di principio, appare giusto sanzionare i contenuti che non rispettano quel grado minimo di pudore culturalmente definito, chi individuerà i contenuti a cui applicare l'obliterazione della censura? Con quali criteri li sceglierà? E soprattutto, come si comporterà nel momento in cui sarà capace di agire radicalmente nei confronti di ciò che non ritiene moralmente accettabile?
Questo nuovo software brevettato dalla Microsoft può essere utile per evitare che i ragazzi ascoltino parole poco simpatiche mentre giocano con la loro Xbox, che le famiglie riunite a tavola debbano subire le sfuriate dell'ennesimo personaggio televisivo, addirittura possiamo immaginare che le aziende possano applicare le capacità di questa tecnologie alle proprie linee telefoniche per evitare fughe di notizie, ma forse qualcuno può utilizzare le sue potenzialità per limitare la pura e semplice libertà di espressione, che qualcuno può confondere – in buona o cattiva fede, è un pensiero assurdo... ma non troppo – concetti e pensieri come parole volgari. Parole da censurare.
Proviamo ad immaginare se un giorno qualcuno sostenesse un progetto di legge secondo il quale tutti i microfoni di una qualsiasi platea pubblica debbano essere collegati a sistemi capaci di censurare immediatamente parole come “libertà” o “democrazia”. E se questo sistema arrivasse ad essere istallato su tutti i cellulari o addirittura i computer in vendita? Ovviamente questa è una possibilità distante anni luce dalla realtà in cui ci troviamo ma l'idea non è del tutto pellegrina, soprattutto se pensiamo con quanta facilità sia diventato impossibile acquistare ex novo un pc senza il sistema operativo Windows preventivamente caricato.
Questo, ovviamente, è solo un lavoro di immaginazione, che però può darci alcuni spunti di riflessione interessanti. Le nostre speranze si rivolgono sempre verso la moderazione, verso un equilibro capace di comprendere ciò che a buon diritto debba subire la giusta velatura del tanto famoso beep e quanto, invece, è meglio lasciar dire.
Riccardo Esposito