Paolo Bonolis al “Confessionale del ComuniCattivo"
Radio 1 Rai: Paolo Bonolis al “Confessionale del ComuniCattivo” (venerdì 22 aprile alle 15.37)
“Non mi piacciono i Dorian Grey che ci sono in giro”
“In tv ci sono persone che la fanno e persone che ci stanno”, “Il mio rapporto con la politica è quasi di distacco assoluto, nel senso che la seguo con sfiducia”, “Questa è un’era nella quale la verità inquieta. Il verosimile rende tutti molto più tranquilli. Con la verosimiglianza della realtà si è in grado di poter dire qualunque cosa”.
Venerdì 22 aprile alle 15.37 su Radio 1 Rai Paolo Bonolis sarà l’ospite del “Confessionale del ComuniCattivo”, laboratorio dei linguaggi della comunicazione ideato e condotto da Igor Righetti.
Ecco un estratto dell’intervista realizzata da Igor Righetti.
Da sempre arrivare a presentare il festival di Sanremo ha rappresentato una meta agognata. È stato così anche per lei?
Beh no. Nel senso che mi ha fatto molto piacere che la Rai abbia avuto la voglia di offrirmi la possibilità di occuparmene. Più che la conduzione mi attirava l’idea della direzione artistica, al punto in cui Pippo ha deciso di non poterla seguire, perché mi sono sentito in dovere di fare qualcosa di molto personale. E così ci si è adoperati per rendere il festival soggettivo e non oggettivo. Abbiamo lavorato tanto per cercare di dargli un’anima come volevamo che avesse perché fosse il festival di Sanremo ma nostro, quindi che avesse una sua indipendente personalità.
Dopo Sanremo quali altri obiettivi?
Dopo Sanremo gli obiettivi sono quelli di continuare a lavorare a fondo per l’azienda per la quale sto lavorando, per la Rai, di fare al meglio quello che è il progetto di “Affari tuoi” che sta continuando molto bene e poi non lo so. Nel proseguo sicuramente una vacanza con la famiglia e con i bambini che mi sembra il minimo sindacale. E poi vedremo.
Ha 2 figli cresciutelli e 2 piccolissimi. Riesce a porsi di fronte a loro con la stessa spontaneità?
Sì cerco di fare quello che un padre dovrebbe fare, pure lì seguendo quello che sono nel senso che mi dispiace se a loro è capitato questo padre ma questo passa il convento, quindi mi adopero per quello che sono. Ogni tanto vado io in tilt perché mentre con uno dici “mi raccomando la macchina devi riportarla la sera alle 20”, poi all’improvviso ti giri “ci-ce-ti-ci” e parli con quell’altro piccolo. Quindi finisco per diventare una specie di dottor Jekyll e mister Hyde tra il modo di dover parlare con taluni e il modo di dover parlare con tal altri.
Crede nel destino?
Sì, certo, credo nel destino, su questo non c’è dubbio. Non posso interpretare prima quale sarà il risultato di ogni gesto che metto in moto. C’è una parte di fatalismo nella volontà di voler razionalizzare ogni singolo passo della propria vita.
Che cos’è il trash in tv?
Il trash è tutto quello che reputiamo trash. Ognuno ha il suo trash.
Qual è il personaggio televisivo che più apprezza?
Per vari motivi ce ne sono diversi. Ci sono intere trasmissioni che trovo siano confezionate in maniera molto ben fatta. Mi piacciono molto i ragazzi delle Jene per la maniera in cui affrontano la satira e il taglio da inchiesta particolare che hanno. Trovo che sia bravissimo Piero Chiambretti. Trovo che Milena Gabanelli faccia un programma, “Report”, confezionato con grande cura, con grande attenzione e, soprattutto, con grande volontà diciamo “gramsciana”, di raccontare bene a chi potrebbe non capire ciò che altrimenti sarebbe estremamente complesso se trattato in maniera esclusivamente dotta e raffinata. Ci sono vari aspetti di televisione che mi piacciono.
Che ne pensa del fenomeno Lecciso e di quello di Costantino?
Sono circostanze dell’enorme circo televisivo. Chi va al circo, quindi chi accende la televisione, può trovare lo straordinario acrobata, può trovare il clown, il numero con i serpenti, la scimmia che va in bicicletta. Insomma ognuno poi guarda ciò che gradisce. Io credo che, temporalmente parlando, possano essere molti i fenomeni televisivi. Ciò che televisivamente poi è un fenomeno, cioè qualcosa di effettivamente importante, è ciò che nel tempo riesce a mantenersi presente.
Ricci lo accusa di essere un ingrato. Lo è?
È talmente bruttino quello che ho dovuto ascoltare che preferisco non parlarne. Si sono toccati dei livelli che, se mi mettessi a ragionarci sopra e a obbiettare, penso di scadere laddove i miei quarantaquattro anni mi hanno portato a non voler più scadere.
Rai e Mediaset fanno a gara per averla. E lei sta un po’ qua e un po’ là. Ma al di là del denaro, che cos’è che le fa scegliere una o l’altra azienda?
Opportunità di vita, la voglia che spesso ho di cambiare, opportunità professionali. Io ho lasciato Mediaset due anni fa con, per esempio, una rinuncia economica molto forte ma perché avevo dei progetti in testa che fortunatamente sono riuscito a realizzare bene in Rai. Certe altre volte ti possono spingere altre ragioni però, fondamentalmente, la ragione più importante è ciò che vai a fare. E ciò che vai a fare deve avere l’opportunità di essere fatto in delle aziende che comunque non sono mie e deve pure chiederglielo “vi interessa fare questa cosa qua?”. Poi, sempre di televisione si parla quindi puoi lavorare in Rai o a Mediaset, se lavori col cuore ti offri sempre al pubblico, un po’ come il teatro. Se un attore recita all’Argentina per una stagione, non è che se la stagione dopo recita al Quirino è un traditore per quelli dell’Argentina. Il pubblico, invece di andare all’Argentina, se vuole vederlo va al Quirino. Sempre a teatro sta.
Dall’intervista al pluriomicida Donato Bilancia a quella Sanremese di Mike Tyson, a quella non realizzata a Enzo Biagi. Le sarebbe piaciuto fare il giornalista?
Io penso che il giornalista deve avere delle capacità professionali che lo portino a comprendere il mezzo su cui si esprime. Io non sono un giornalista però presumo che la curiosità sia un patrimonio che appartiene a ogni essere umano. Ogni persona, osservando il circostante si pone delle domande. E penso che le domande siano legittime sia se vengono poste da chi è giornalista, sia da chi giornalista non è.
Che cosa pensa dei mass media?
Sono una delle opportunità tecnologiche della nostra contemporaneità. E così come ogni mezzo sia tecnologico sia di pensiero, può avere degli ottimi usi o può avere dei pessimi abusi.
Chi proprio non sopporta?
Mi trovo molto bene con il prossimo. Adoro la diversità degli altri, mi piace l’idea di potermi confrontare. Io non sopporto i sepolcri imbiancati. Sto cercando la parola che possa definire questa non sopportazione…
Non manca di certo a lei la parola…
Eh, ma qui si tratta di fare dell’insiemistica, cioè di prendere il tutto e circoscriverlo in un confine comprensibile. Credo che sia l’arroganza della menzogna. Non sopporto la falsità inutile quando deve essere per forza sfoggiato un modo di essere e si fa di tutto per far credere di essere in una maniera quando si è diametralmente opposti e, soprattutto, quando si cerca di far apparire gli altri peggiori di quello che sono. Di far apparire più belli noi stessi. Insomma non mi piacciono i Dorian Grey che ci sono in giro.
Non trova che nel mondo dello spettacolo e televisivo in particolare ci sia aria di rissa? Di che cosa si ha paura?
Io credo che in televisione ci siano persone che fanno televisione e persone che stanno in televisione. Quelli che stanno in televisione sono persone che forse hanno un po’ meno qualità per poterci stare e temono di vedere insidiata un’opportunità di ricchezza, privilegio e visibilità che, comunque, la televisione dà. Quelli che fanno televisione questo problema non ce l’hanno perché sanno di potersi adoperare nel mezzo e quindi si sentono tranquilli e accettano la bravura, la circostanzialità del successo dell’uno o dell’altro senza nessun problema. Gli altri sono quelli che, invece, molto più spesso gettano paglia sul fuoco perché è un po’ attitudine della natura umana cercare di tirare verso il basso chi sta su invece di salire e migliorarsi.
Qual è il suo rapporto con la politica?
È quasi di distacco assoluto, nel senso che la seguo con sfiducia.
In che modo tiene i rapporti con il mondo reale?
Vivendoci quotidianamente. Io sono molto più attento alla mia tridimensionalità che alla mia bidimensionalità. Ho una famiglia, degli amici, vivo una vita normale per come si è confezionata finora all’alba dei quarantaquattro anni. Poi bidimensialmente “fò il memestè” come dicono a Milano, vado in televisione e mi adopero affinché la gente si diverta quando si tratta di disimpegno o che la gente possa provare a condividere il pensiero quando si tratta di riflessione. Tutto lì. Ma la vita che faccio quotidianamente è normale, è fatta di cose belle ma anche delle miserie che porto dentro di me.
Che cosa fa quando vuole distendere i nervi?
Leggo e sto tantissimo zitto. Io adoro stare da solo, adoro leggere, adoro guardare il mare, adoro giocare a calcio e mi piace viaggiare. È tutta fenomenologia della ricerca della libertà insomma.
Quando si fa la barba canticchia o fischietta?
No, quando mi faccio la barba non canticchio perché me la faccio sotto la doccia se canticchio m’affogo. Quindi sto zitto e me la faccio.
In un’intervista che ha rilasciato all’Espresso, da lei contestata, dice di avere la sensazione di vivere in un regime. Perché?
La frase fu troncata fondamentalmente. Io definii il regime della politica. Nel senso che la politica nel suo insieme tende a vampirizzare ogni aspetto della realtà. Sembra che una realtà che non sia o di destra o di sinistra non possa esistere. E questa volontà di rendere tutto come in una specie di derby dove bisogna tifare o per gli uni o per gli altri finisce per trasformare tutto nel regime della politica. Cioè se non colori politicamente ciò che fai o qualunque cosa di cui tu vai a occuparti, o quantomeno prendi coscienza che hanno già deciso di che colore è quella determinata cosa, stai in realtà parlando del nulla. Io penso che la realtà esista a prescindere dalla politica e quindi credo che la politica tenda, per volontà di essere eternamente presente su ogni cosa, a trasformare la sua attività in una forma di regime per tutti quanti noi. Non possiamo fare a meno di non considerare la realtà se non cromaticamente politicizzata. E questo mi rende la politica terribilmente noiosa, per eccesso di zelo.
Perché “L’Espresso” ha troncato questa sua dichiarazione?
Mah, probabilmente perché avevano interesse a farlo o perché non l’ha capita bene. Non lo so, insomma. Certe volte parlo troppo e quindi finisce per generarsi una selva di parole tra le quali mi ci incarto pure io.
E poi siamo nell’era della strumentalizzazione…
C’è sempre stata la strumentalizzazione. Questa è un’era nella quale la verità inquieta. Il verosimile rende tutti molto più tranquilli. Con la verosimiglianza della realtà si è in grado di poter dire qualunque cosa.
Se non fosse Paolo Bonolis lo show man che cosa vorrebbe essere?
Da piccolo volevo fare l’esploratore, poi da grande prima di rendermi conto che, tutto sommato, in questo mestiere potevo trovare soddisfazione di una parte di me stesso, mi sarebbe piaciuto fare il diplomatico, non in senso pasticcero. Poi mi sono trovato a fare questo e ho smesso di riflettere su che cosa mi piacerebbe fare. A oggi mi piacerebbe continuare a mantenere presente nella mia vita la serenità che continuo a cercare di difendere. Serenità e libertà per chi mi è vicino e per me stesso.
Ricci, Costanzo, Baudo: chi butterebbe dalla torre?
No, per buttare qualcuno dalla torre devi salirci insieme. Preferisco rimanere sotto e guardare chi casca, casomai. Se proprio qualcuno deve venire giù. Mi auguro che non debba mai cadere nessuno dalla torre che ognuno possa essere perfettamente in grado, se presume di aver sbagliato, di rendersene conto, e finisce lì insomma. Non mi piace la morte di nessuno.
Buonismo?
No, non è buonismo. Io mi commuovo e ho piacere nella bravura altrui, nella gentilezza altrui, non trovo nessun piacere nella disgrazia altrui.
Il buonismo, però, in questo periodo va molto di moda…
Se la vogliamo guardare in chiave manichea o c’è il buonismo o c’è la cattiveria. Quindi se devo scegliere preferisco scegliere il buonismo.
Poi c’è una via di mezzo che è la comunicattiveria che è un mix…
Ma quella è roba sua.
Che cos’è che vorrebbe fare e non ha ancora fatto?
Ci sono posti della Terra che ancora non ho visto e che mi piacerebbe visitare.
Che rapporto ha con il denaro?
Un rapporto distorto rispetto alla collettività credo. Perché ho la fortuna per quello che mi piace fare di averne a sufficienza. Per cui è un rapporto non molto attento per quanto c’è un rispetto profondo per il denaro ma che comunque è stato guadagnato non è stato vinto all’Enalotto e quindi lo uso per quello che serve a me e alle persone che sono care e talvolta per le cose che reputo importanti.
Che rapporto ha con il suo passato?
Eccellente anche perché è il padre del mio presente.
Che cos’è che non rifarebbe?
Niente anche perché sono pure speculazioni mentali. Ci possono essere delle cose che avrei potuto non fare ma se le ho fatte in quella circostanza era perché o ero sufficientemente stupido, fragile o inesperto. Fatto sta che avendole fatte sono poi arrivato a oggi a essere così. Quindi nel bene o nel male tutto torna utile e tutto fa brodo.
Il suo più bel ricordo?
Sono tanti, ricordi belli ne ho parecchi. Sono generalmente legati agli affetti e alla mia famiglia.
Qual è la raccomandazione che fa più spesso ai suoi figli?
A quelli piccoli più che “non metterti in bocca il pupazzetto” non posso dire. Quelli più grandi li invito il più possibile a cercare di non farsi addomesticare.
I suoi progetti più immediati?
Le vacanze con la famiglia, questo è il progetto più immediato. E poi speriamo di entrare in finale con la squadra di calciotto dove gioco.
Un sogno che vorrebbe realizzare?
Mi piacerebbe che tutti quanti ci rendessimo conto che si sono talmente tante opportunità economiche e tecnologiche per evitare di essere avidi al punto di volerci accaparrare anche quel poco, pochissimo, che spetta a parecchi.
Che consiglio darebbe a un nostro politico?
Di guardare alla collettività come fine e non come mezzo.
Roma, 21 aprile 2005