Marketing: tempo di postmodernità o di nuova modernità? (Prima Parte)
Neo, Macro, Micro, Tribal, Etnico, Geo sono solo degli affissi che negli ultimi anni sono stati utilizzati per definire un nuovo filone o comunque un diverso taglio di studi del marketing. Eppure credo che oggi troppo facilmente si parli di marketing facendo risalire ad esso di tutto e di più senza però andare ad approfondire alcun concetto in modo specifico e penso che questo sia direttamente legato a questa “tendenza” di definirlo, segmentarlo, miniaturizzarlo andando a perdere un’ottica d’insieme o comunque un orizzonte trasversale completo. E’ sicuramente la via più facile ma come spesso accade probabilmente non è quella più produttiva, ricca e foriera di buoni risultati.
L’invito che faccio in “puro spirito postmoderno” è di non considerare come eccessivamente nette e definite le classificazioni che vengono fatte da un autore piuttosto che da un altro. Oggi tutto può essere considerato marketing e al tempo stesso nulla è più soltanto marketing.
Penso che il più grosso errore sia proprio quello di definirne i confini e di fissarne paletti andando ad analizzare l’aspetto puntuale perdendo così un’ottica globale. Dicendo questo mi ricollego al terreno in cui gli studi di marketing più recenti si sono poggiati e che anch’io ho particolarmente approfondito: il postmodernismo.
Se il modernismo è (o dovrebbe essere) chiaro a tutti, lo stesso non può dirsi per il postmodernismo.
Cos’è il postmodernismo? Possiamo vederlo come una corrente filosofica, un filone culturale che a partire soprattutto dall’architettura ha raggiunti altri campi di scienza (Lyotard) o, di contro, lo si può vedere come uno “stato”, un “setting” in cui si ritrova ogni soggetto (ognuno di noi nel “QUI ED ORA”), individualmente ma anche come membro di gruppo.
All’estero ancora più che in Italia, è stato fatto un grande sforzo per la revisione e la rivisitazione di quelli che per anni erano stati i rigidi postulati di marketing proprio in virtù di nuovi valori e nuovi ideali che son quelli postmoderni. In realtà c’è chi già, oggi, propone un superamento del postmodernismo o lo relega ad una moda passeggera che nessun altro effetto ha avuto se non quello di togliere certezze e di smontare costrutti ritenuti quasi dogmi inattaccabili. Credo sia un passo affrettato o comunque un giudizio troppo radicale; ritengo sia precoce questa ulteriore “ventata di aria nuova” o forse, da altri punti di vista, questo ritorno al passato senza che ancora non si siano approfondite le tematiche postmoderne nel nostro campo di studi e non sia potuto trarre tutto il reale beneficio derivante dalle potenzialità postmoderne.
Non sono d’accordo con chi ritiene che il postmodernismo debba considerarsi superato, anzi penso proprio che a causa dell’incertezza economica, geopolitica e sociale che è davanti ai nostri occhi, oggi versiamo proprio in un contesto che è di forte stampo postmoderno. Il contesto in cui viviamo e quindi quello in cui le aziende operano è sempre più dinamico, complesso, veloce, variabile, multiforme, caleidoscopico e tanto altro ancora. Credo quindi che il marketing debba continuare a studiare in quella direzione; certo, non tutti i valori postmoderni possono ancora essere considerati utili e attuali ma facendo ricorso al principale valore postmoderno - il rifiuto di ogni Verità che debba ritenersi unica, stabile e assoluta in quanto precostituita - i nostri studi quasi certamente potranno andare avanti.
Ultimamente si parla molto di Humanistic Managemernt in virtù dell’uscita del suo “Manifesto”, la pubblicità istituzionale aziendale (un esempio per tutti, quella recentissima degli enti creditizi) altro non fa che cercare di “personificare” l’azienda ed anche quella commerciale sfrutta l’essenza umana nella sua quotidianità per l’avvicinamento dell’azienda al proprio mercato di riferimento. Ecco, penso che questo debba essere ancora il punto su cui andare a battere: il fatto che il mondo del lavoro e dell’impresa è inserito nel contesto sociale più ampio che altro non è se non un contesto di socialità fatto di individui (che cercano una propria realizzazione) per gli individui.
L’individuo e il recupero dell’individualità, quindi, devono costituire le “ipotesi forti” (piuttosto che Paradigmi, di stampo nettamente “moderno”) sulle quali valutare nuove teorie, nuovi approcci o strategie o su cui soltanto rivedere e rivisitare quelle passate.
Il moderno e il postmoderno sono quindi quanto mai comprensenti perché nel superamento del postmoderno altro non si è fatto se non recuperare e rivivere (con un’esperienza postmoderna alle spalle) quelli che erano i vecchi ideali, obiettivi e temi moderni. Anche qui, un corso e un ricorso storico, un fluire all’interno di una spirale di tensioni vecchie e nuove che si ripresentano puntualmente nella storia dell’umanità. Sono d’accordo che l’obiettivo è sempre davanti a noi ma si prendano i giusti tempi e si maturino le giuste riflessioni….movimenti a destra e a sinistra piuttosto che solo proiettati in avanti come se fossimo su dei binari già saldamente posizionati.