Dillo con un fiore...
Per secoli si è pensato che il linguaggio dei fiori fosse correlato soltanto con l'espressione di emozioni; positive o negative che siano.
Una forma di comunicazione indotta e involontaria quella di portare un fiore al proprio partner, oppure ai propri cari passati a miglior vita. Un linguaggio veicolato a frequenze non percepibili dalle orecchie ma una sorta di ultrasuono dell'anima che comunica direttamente con il nostro ego.
Essendo una forma di comunicazione a tutti gli effetti, il linguaggio "floreale", non poteva sfuggire ai pubblicitari più attenti e più "estremi"; ecco quindi comparire, come da mio precedente post, la pubblicità direttamente sui petali dei fiori.
Secondo voi le multinazionali potevano accontentarsi dei singoli fiori? Ma no. Molto più d'impatto un intero campo di fiori, o una piantagione. Nasce quindi in Germania Artfield una sorta di vivaio riconvertitosi alla pubblicità; per meglio dire un "concessionario" di land advertising. Ecco quindi che i loghi delle multinazionali diventano visibili da qualsiasi altezza inoculando la massiva presenza dei brand nell'arredo urbano.
Se poi ci aggiungiamo le possibilità offerte da Google maps...
Per quanto mi riguarda sono assolutamente favorevole alle sperimentazioni pubblicitarie con una riserva: per me la vera anima della pubblicità è nelle modalità peculiari del messaggio che questa trasmette e non nelle dimensioni.
Sono però altresì consapevole che siamo nella società del macro e l'utente medio vuole vedere e non, purtroppo, percepire.