Amarcord (2) - In ogni tempo e in ogni luogo
Per la rediviva rubrica “Amarcord”, che, smentendo ciò che ho detto in precedenza, non si occuperà solo di cartoni, ecco a voi una reliquia del fumetto italiano, che forse qualcuno ricorderà, ma di cui non si trovano praticamente informazioni nel mare magnum della rete.
Ecco allora la mia memoria venirvi incontro: non c’è bisogno che vi parli del Corriere dei Piccoli, storica testata nata agli inizi del ‘900 da una costola del Corriere della Sera, e sviluppatasi come settimanale autonomo, costituendo il primo contenitore della storia a fumetti italiana. La maggior parte della sua storia editoriale ha visto pubblicati, oltre a molti grandi del fumetto nazionale (tra tutti Sergio Tofano col suo signor Bonaventura), anche opere di autori stranieri; persino durante il ventennio fascista quando, per decreto del MinCulPop che epurava ogni traccia di esterofilia dai prodotti di cultura popolare, personaggi provenienti da oltreoceano italianizzavano il loro nome e diventavano paladini e difensori del patrio regime.
Ma tra gli anni ’80 e la metà dei ’90 (quando la testata, dopo aver modificato il suo nome in “Corrierino”, cessò le pubblicazioni) ci fu un florilegio di autori nostrani che lavoravano appositamente per la rivista, creando storie e personaggi originali. Tra questi, un certo Roberto Luciani, che ha legato il suo nome a quello che secondo me è stato il fumetto più bello mai pubblicato dalla rivista: la saga di Zap! (il punto esclamativo è parte integrante del titolo).
La storia narra di questa improbabile creatura blu, a metà tra un maiale e un coniglio, finita tra le mani di due ragazzi, Dida (sorella maggiore) ed Eppe (fratello minore). L’animale, ribattezzato Ravanello, ha strani poteri e porta prima i due ragazzi in giro per il mondo, e poi a spasso nel tempo. Il trio è però sempre inseguito da una coppia di farabutti, l’impresario da circo Gratteri e l’inetto assistente Lisca, che vogliono impossessarsi della strana creatura per il loro baraccone, finendo ovviamente coinvolti nelle avventure del gruppo.
Detta così la trama non sembrerà niente di speciale, ma vi assicuro che era caratterizzata da un ritmo di sceneggiatura e humor irresistibili. Inoltre se escludiamo pochi casi famosi come la saga di “Saturno contro la Terra”, è abbastanza atipico nel contesto italiano un esempio di fumetto d’autore con struttura episodica come questo. Purtroppo, data la sua snervante irregolarità di pubblicazione sul settimanale, il sottoscritto non è mai riuscito a leggerne l’inizio e la fine, ma solo la parte centrale in cui i cinque venivano sballottati dalla preistoria, all’Egitto dei faraoni, dall’antica Grecia all’impero romano, passando per i templi degli aruspici Etruschi e finendo addirittura in un buco temporale: qui, in una dimensione di vuoto assoluto, uno strano personaggio che - dal vestiario costituito da indumenti e oggetti di tutte le epoche - sembra poter viaggiare attraverso le dimensioni temporali, rivela la natura di “saltafossi” di Ravanello. C’è da dire che, almeno fino al punto in cui ho letto io, non si sa niente delle sue origini, e lo stesso rivela i suoi poteri a poco a poco: tra questi, quello di poter tradurre alle orecchie dei nostri le varie lingue del passato, in modo da farli comunicare in ogni circostanza.
Per finire, uno spoiler sul finale dell’avventura: dubito che oggi qualcuno possa avere l’occasione di leggerla ex novo, ma siete avvisati. Al termine del loro girovagare i ragazzi chiedono a Ravanello di spedire i due lestofanti un minuto nel passato, in modo che non possano mai più raggiungerli. Un colpo di genio che denota ancora di più l’assurdità di questa saga, lunga quattrocento tavole. Come dite? Come faccio a saperne la lunghezza se non l’ho mai letta per intero? E come ne conosco la fine? Be’, sul web si trovano un paio di informazioni sull’autore e brevi discussioni da parte di nostalgici che, come me, rimpiangono certe glorie del passato. A questo punto lancio due appelli. Il primo, che chiunque abbia letto questa bellissima storia lasci qui un commento aggiungendo particolari sulla trama o notizie sulla sua pubblicazione: magari si potrebbe così dare il via a una sorta di ricostruzione filologica dell’opera. Secondo: che semmai il nostro Roberto Luciani dovesse finire su questa pagina, venga preso da un attacco di nostalgia che lo spinga a proporre a un editore la pubblicazione di Zap! in volume. È un’opera che vale, la sua, una di quelle che non merita di finire nell’oblio o nel gorgo mnemonico di pochi appassionati (e neanche pochi, secondo me), ma di poter svettare sugli scaffali delle librerie per poter rientrare a pieno titolo tra le glorie d’antan.
Giuseppe A. D’Angelo