I media vanno alla guerra
Questo articolo è stato scritto la notte dell'inizio della guerra ed è già per molti versi vecchio, vuole però essere l'inizio di un dibattito.Buona lettura.
Una nuova guerra nel Golfo è iniziata ed il sistema dei mass media è ormai pronto da tempo sul campo con i suoi mezzi ed i suoi inviati, ancora più numerosi che nel 1991.
Tuttavia non ci dobbiamo far illudere dallo spiegamento di forze, infatti questo conflitto potrebbe essere ancora meno "visibile" di quelli che lo hanno preceduto, primo fra tutti quello in Afghanistan.
Dai tempi del Vietnam infatti gli stati maggiori hanno sempre controllato in modo ferreo le notizie che trapelavano circa i conflitti ed in alcuni paesi, come gli Usa, i giornalisti sono stati più volte richiamati ai loro "doveri patriottici" (anche qui retaggio della guerra in Asia e del mito della "pugnalata alla schiena" da parte della stampa disfattista).
In più questa guerra, come quella afgana, sarà combattuta con bombardamenti aerei e missilistici, il sogno di ogni portavoce militare, che può così dispensare parsimoniosamente foto e materiali su fatti che la stampa non può documentare di persona.
La stessa avanzata di terra per ora si sta svolgendo in mezzo ad un deserto, apparentemente lontano da "occhi indiscreti".
La guerra del '91 infine fu monopolizzata dalla CNN, che in definitiva mandò in onda un numero limitato di immagini dei combattimenti ripetute ossessivamente, e non c'è ragione di pensare che il network di Atlanta farà diversamente stavolta.
Qualche novità però si profila in ogni caso all'orizzonte: la prima si chiama Al Jazeera, la tv satellitare del Qatar che copre molto bene gli avvenimenti mediorientali, tanto da trovare per questo un accordo di collaborazione con la "mitica" BBC.
Quanto successo con i comunicati di Osama Bin Laden e, già ora, con le immagini dei marines morti, fa presagire che, nel bene e nel male, questa tv potrà interferire con i piani di comunicazione occidentali.
Un secondo fattore è poi Tele Bagdad, emittente satellitare irachena in inglese che si annuncia come voce alternativa alla CNN, anche se riesce difficile pensare che essa sarà obiettiva, col risultato probabile di avere una versione faziosa dei fatti sia da parte occidentale sia irachena.
Qualcosa è cambiato inoltre più basilarmente nei mezzi di comunicazione e nel loro modo di formare l'opinione pubblica, almeno per quanto riguarda alcuni paesi europei: dall'11 settembre 2001 infatti siamo in un clima di guerra continua ma negli ultimi tempi cresce sempre di più lo spazio, e quindi la legittimazione, dato a voci che sono contro il conflitto, siano esse di politici o di semplici cittadini.
In altre parole la televisione e gli altri mezzi, per la prima volta dai fatti delle Twin Towers, insinuano il dubbio che queste guerre statunitensi (specie se unilaterali e senza appoggio della NATO) non siano la vera soluzione ai problemi geopolitici, col risultato di avvalorare le tesi dei pacifisti, che si trascinano dietro folle oceaniche riprese e viste poi da altre persone in altri paesi, che manifestano a loro volta, aumentando sempre di più la consistenza di questo fronte.
Il dato della mobilitazione è reale, tanto da spingere il New York Times a dire che ci sono due super potenze oggi, gli Usa e l'opinione pubblica, e non si può non essere contenti di questa rinata dialettica sociale promossa in qualche modo dai media.
Questo non ci fa dimenticare in ogni caso che gli stessi media poi diventano veicolo e megafono delle strumentalizzazione di questi fenomeni da parte di entrambe le parti in lotta, e forse anche per questo essi non riescono a influenzare realmente le decisioni dei potenti.
A questo punto ci troviamo davanti ad una situazione in cui la richiesta di trasparenza sui fatti di guerra sembra essere in crescita, anche se bisogna vedere se durerà, mentre l'apparato militare di entrambi gli schieramenti si sta organizzando in modo da fare una comunicazione propagandistica atta a favorire i propri scopi.
Bisognerà vedere dunque che tendenza prevarrà, vi ricordo però che quando non si riesce a ricorrere che alle armi vuol dire che la comunicazione ha fallito, e allora resta solo la propaganda, dove sono solo i punti di vista a vincere e solo la povera gente a morire.
Per approfondire il tema si veda anche l'articolo di Gloria Capuano "Quanto è brutta questa pace", all'interno della rubrica "Controcorrente" di http://www.ildialogo.org/